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In attesa delle liberalizzazioni
16 gennaio 2012

In questa settimana si conosceranno nel dettaglio le misure predisposte dal Governo in merito alle liberalizzazioni. Tuttavia, su alcuni dei più importanti quotidiani nazionali, sono già comparse alcune anticipazioni sui settori interessati e sugli interventi programmati. Da una prima analisi non sembra che ci siano grandi novità che possano riflettersi positivamente sull’andamento dell’economia.

Di seguito un esempio abbastanza semplice. Il provvedimento sul settore dei carburanti, se ci si bassa sulle anticipazioni, prevede principalmente due misure a sfavore delle compagnie petrolifere. La prima riguarda la vendita obbligata di un certo numero di impianti a società minori. La seconda misura consente invece, entro il limite del 20%, l’acquisto dei carburanti da parte dei gestori da altro fornitore che non sia quello della bandiera esposta (è utile ricordare però che il gestore riceve l’impianto in comodato gratuito dalla compagnia ed è quest’ultima che lo realizza, ne cura la manutenzione ordinaria e straordinaria e lo adegua di volta in volta in base alle prescrizioni normative). Lo scopo di quanto evidenziato sarebbe quello di ridurre il prezzo alla pompa pagato dagli automobilisti, creando maggiore concorrenza.
È questa una misura favorevole al contenimento del prezzo? Forse no ma è importante capirne il perché. Innanzitutto in Italia il prezzo dei carburanti “soffre” di una componente fiscale che si aggira su una percentuale del 59% sulla benzina e del 53% sul gasolio (dati al 9 gennaio 2012, fonte Unione Petrolifera su rilevazioni del Ministero per lo Sviluppo Economico), escludendo le addizionali che ormai diversi governi regionali hanno applicato. Il resto si basa sul prezzo della materia prima (34% per la benzina e 40% per il gasolio) e sul margine lordo degli operatori. Pertanto, una prima azione potrebbe vertere su un minor peso del fisco ma questa è una “vecchia storia” poiché, nel corso degli anni, si è assistito solo ed esclusivamente ad un continuo aggravio, effettuato ultimamente anche dal Governo Monti. Sarebbe opportuno incidere allora sulle altri componenti che influenzano il mercato.
Osservando il resto d’Europa si nota come, per un impianto di distribuzione carburanti, la vendita di benzina e gasolio sia solo uno dei business, mentre grande attenzione è rivolta al settore non oil, ovvero alle vendite di tutti quei beni alimentari e non che possono trovarsi in un negozio simile ad un mini market. Innanzitutto in Italia gli impianti sono presenti in numero più alto rispetto ai principali paesi europei, per cui l’erogato medio è più basso. A fronte di un erogato medio annuale di 1.516.000 litri registrato in Italia (dato 2009, UP), in Germania il valore è di 3.036.000 litri mentre in Francia è di 3.335.000 litri, per non parlare dell’Inghilterra con 4.051.000 litri. Tali vendite, tutte effettuate in modalità automatica mediante il self service, consentono ai punti vendita esteri di avere maggiori vantaggi, due in particolare. Il primo è nel totale dei ricavi che evidentemente, rispetto all’Italia, sono doppi o anche superiori. Il secondo è nel risparmio dei costi sul personale poiché gli impianti self non hanno bisogno di molti operatori sul piazzale.
Di conseguenza le compagnie hanno minori costi per la logistica, dovendo percorrere meno chilometri per rifornire la rete. Fattori che alla fine si riflettono su un prezzo più basso. Ad ogni modo, l’altra differenza sostanziale è nella presenza del “convenience store”, un mini market che non è “conveniente” in riferimento ai prezzi praticati, bensì poiché è aperto per quasi tutta la giornata, a volte 24 ore su 24, ed è dotato di un discreto assortimento di prodotti. Esso consente in qualsiasi momento di acquistare, ad esempio, quella confezione di frutta che, per l’ora o per la distanza, non si potrebbe acquistare in un negozio tradizionale o presso un supermercato. Inoltre, nel convenience store, il prezzo è leggermente sopra la media di mercato poiché fornisce un servizio specifico per la possibilità di un acquisto urgente e imprevisto. In questo modo il carburante diventa solo un prodotto all’interno di un’attività commerciale molto più ampia e variegata, consentendo una politica sui prezzi più flessibile.
In definitiva, per quanto riguarda la situazione italiana, si dovrebbe favorire più che una proliferazione di impianti carburanti, una loro razionalizzazione concedendo senza limiti di orario una maggiore apertura alla vendita di altri prodotti. Inoltre, per l’erogazione della benzina e del gasolio, si dovrebbe spingere verso una totale automazione, per ridurre costi di gestione e di mantenimento, trasferendo le unità lavorative su altre attività presenti sullo stesso impianto. Pertanto, con una analisi dei dati, l’intervento in fase di preparazione da parte del Governo, che suona più come un esproprio, forse non risulta il modo migliore per abbassare il prezzo dei carburanti. La competitività e la concorrenza devono essere giocate sul piano puramente commerciale, in cui si dovrebbe concedere in modo libero l’ampliamento dei servizi erogabili, riducendo il numero degli impianti che in Italia risulta fin troppo elevato.
L’esempio riportato è solo uno ma anche altri punti della possibile manovra mostrano aspetti contrastanti, come il dietro front sui farmaci o ancora le liberalizzazioni sulle professioni. Non resta che attendere sperando nelle buone capacità di quei tecnici che non dovrebbero accontentare, a sfavore dell’interesse pubblico, interessi di parte.
Autore: Domenico Morrone
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