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Il Vescovo di Molfetta scrive alle famiglie: Siate laboratori di fede L’editoriale di oggi domenica 10 maggio del settimanale diocesano “Luce & Vita”
Mons. Domenico Cornacchia
10 maggio 2020

MOLFETTA - «La catechesi familiare precede, accompagna e arricchisce ogni altra forma di catechesi»: così scriveva san Giovanni Paolo II nel 1979 consegnando a tutta la Chiesa l’Esortazione apostolica Catechesi Tradendae (n.68). Il nostro vescovo Domenico scrive alle famiglie della Diocesi ringraziandole perché di fatto, in questi mesi in cui piccoli e grandi sono rimasti a casa, i genitori si sono impegnati ad essere i primi educatori alla fede dei loro figli. Aiutati a distanza dalle varie comunità parrocchiali, le famiglie hanno mostrato grande impegno e gioia nello sperimentare che la propria casa è autentica “Chiesa domestica”.

Speriamo, appena sarà possibile, di incontrarci presto, di nuovo, di persona, per vivere la bella esperienza di sentirsi uniti come grande famiglia dei figli di Dio.

L’equipe diocesana dell’Ufficio Catechistico

 

Carissime famiglie,

 c’è una bella espressione nel Vangelo di Marco, il primo vangelo ad essere stato redatto dopo la risurrezione del Maestro: «Gesù entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono intorno a lui tante persone» (Mc 2,1-2).

  1. Gesù era in casa. Questa espressione mi riporta con la mente e con il cuore a questi giorni duri di pandemia, dove voi famiglie vi siete ritrovati in casa in un “gomito a gomito” non sempre facile. Col tempo che sembra ancora non trascorrere mai, avete fatto della vostra casa lo spazio della bella notizia del Vangelo. Proprio come a Cafarnao quel giorno, dove Gesù rimette in piedi un paralitico, forse un giovane.
 Dall’inizio della quaresima non abbiamo più potuto vivere la nostra “normale” vita di Chiesa e i decreti legislativi, pur giusti, non ci hanno permesso di vivere la dimensione comunitaria del nostro essere discepoli del Cristo (forse ce l’hanno fatta apprezzare di più?… Vedremo!) e anche per noi sacerdoti è stato veramente triste non poter celebrare con voi, soprattutto i giorni santi della Pasqua. Ma, come ho avuto modo di dire durante l’omelia del giovedì santo, l’emergenza ha modificato le nostre giornate in opportunità relazionali e noi tutti, dai più piccoli ai più grandi, abbiamo colto (e sotto certi aspetti dobbiamo continuare a farlo) la sfida lanciataci dal coronavirus con l’hashtag #iorestoacasa. Abbiamo trasformato, di fatto, le nostre famiglie in veri e propri laboratori di educazione alla fede, le nostre case in spazi di annuncio e le nostre relazioni in esercizi di vangelo segnati dalla solidarietà e dall’attenzione reciproca.

  1. Grazie a voi, care famiglie, in particolare grazie a voi, genitori, che vi siete riscoperti i primi educatori alla fede, i migliori catechisti dei vostri figli. Avete avvertito la preoccupazione non tanto di organizzare la festa della prima comunione o della cresima, ma innanzitutto avete avvertito la responsabilità di far crescere il dono della fede che dà sapore alla vita e qualità a questa società impaurita dalla grave crisi economica e sociale che ci ha travolti.
 Grazie, cari genitori, perché in questo tempo la speranza di una vita buona per i vostri figli si è nutrita di tanta pazienza. «La speranza – scrive Papa Benedetto XVI – si articola praticamente nella virtù della pazienza, che non vien meno nel bene neanche di fronte all’apparente insuccesso, ed in quella dell’umiltà, che accetta il mistero di Dio e si fida di Lui anche nell’oscurità» (Deus caritas est ,39).

Vi anticipo che d’accordo con gli uffici pastorali della nostra diocesi, posticiperemo le celebrazioni dei sacramenti a partire dal prossimo autunno, rispettando le disposizioni della Conferenza Episcopale Italiana e i regolamenti governativi che ci verranno dati.

 Di fatto, seppure con i limiti della convivenza, a volte forzata, forse anche grazie ad essi, abbiamo sperimentato e concretizzato il sogno di Papa Francesco che, proprio scrivendo agli sposi cristiani in Amoris laetitia afferma: «È fondamentale che i figli vedano in maniera concreta che per i loro genitori la preghiera è realmente importante. Per questo i momenti di preghiera in famiglia e le espressioni della pietà popolare possono avere maggior forza evangelizzatrice di tutte le catechesi e tutti i discorsi. […] L’esercizio di trasmettere ai figli la fede, nel senso di facilitare la sua espressione e la sua crescita, permette che la famiglia diventi evangelizzatrice, e che spontaneamente inizi a trasmetterla a tutti coloro che le si accostano, anche al di fuori dello stesso ambiente familiare» (AL 288-289).

  1. Mi immagino il tavolo della cucina, luogo di scambio per eccellenza, dopo l’ennesima videolezione fatta dai docenti dei vostri figli, occupato non solo per preparare il pasto, ma anche utile per scaricare il video che il parroco o il catechista ha inviato sul gruppo di whastapp e magari commentarlo insieme. E così vi siete trasformati in primi testimoni del sacramento nuziale per i vostri figli mettendo in pratica l’amore vicendevole. Quest’anno non abbiamo vissuto la lavanda dei piedi nella liturgia del giovedì santo, ma di fatto, voi l’avete insegnata a noi.
 Così come ce l’hanno insegnata i tanti medici, infermieri e personale sanitario che in prima linea hanno accompagnato, rimettendoci anche la vita, la salute fragile di chi è stato colpito dal virus. Allora avete scoperto che quel tavolo, luogo di dialogo e comunione, non è poi così diverso dall’altare delle nostre chiese nelle quali, la domenica soprattutto, ci riuniamo insieme per celebrare Gesù risorto. Forse anche noi pastori dovremmo ripartire da questo: incoraggiare e sostenere la grazia del battesimo che fa di voi laici un popolo sacerdotale, così come anche voi potreste aiutare noi pastori a vivere il nostro ruolo meno da «padroni della vostra fede» e più «da collaboratori della vostra gioia» perché – ora possiamo dirlo con l’apostolo Paolo – «nella fede voi siete già saldi» (2Cor 1,24).

  1. Infine, permettetemi, di dire grazie a quei sacerdoti, catechisti ed educatori, animatori di gruppi, che non hanno fatto mancare la loro presenza attraverso l’utilizzo dei canali social. Certo, la vita della Chiesa non è online, e le messe celebrate in diretta streaming non devono mai diventare il nuovo modo di vivere la comunità. Ma tante persone delle parrocchie si sono comportate come il seminatore di cui parla Gesù in una parabola del Vangelo: hanno seminato il seme nella terra della vostra casa (cfr. Mc 4,26-27). La grazia di Dio ha sicuramente trasformato i vostri cuori, suscitando in voi il desiderio della preghiera vissuta in famiglia, rivolgendo anche un pensiero a quelle famiglie che, in questo momento, vivono il dramma della improvvisa povertà economica.
 Il Signore risorto ci doni la gioia dell’annuncio del Vangelo e il desiderio di ricominciare la vita di sempre mettendo i nostri passi sulle tracce lasciate da Gesù lungo le strade del nostro mondo impaurito e stanco.

 Papa Francesco, nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, fa un appello, invitando ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare il suo incontro personale con Cristo, a cercarlo ogni giorno senza sosta e, grazie all’amore di Dio, a trasformare questo incontro in amicizia felice per giungere, liberi dal proprio egoismo, ad essere pienamente umani” (cfr. EG 3,8).

Il mio augurio, carissime famiglie, è quello di ripartire «dall’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori» (Rom 5,5) e che continua a dare significato pieno alla nostra vita.

 Vi voglio bene!

+Domenico Cornacchia, Vescovo

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