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Il vandalismo è di casa a Molfetta: distrutti il distributore automatico di biglietti alla stazione e alcune casette del Village natalizio, mentre bombe continuano ad esplodere nelle piazze. Dove sono le istituzioni? Amare considerazioni di fine anno
28 dicembre 2016

MOLFETTA – Aumentano gli atti di vandalismo a Molfetta, una città che sembra tornata al centro dell’attenzione non solo per la mancanza di senso civico, non dimentichiamo che è il paese dei cittadini zozzoni che buttano l’immondizia dove capita, ma per la violenza con cui giovinastri si scatenano contro quelli che possono essere considerati beni pubblici: dalle panchine e dai giochi dei giardini, agli oggetti di servizio pubblico, come i distributori automatici di biglietti ferroviari.
Sono queste macchinette, infatti, l’oggetto dell’ultimo atto vandalico di questi balordi che girano indisturbati per la città e magari, sono gli stessi che hanno vandalizzato alcune delle casette di legno del Christmas Village nella villa comunale, fino a spingere gli organizzatori ad anticiparne la chiusura, prevista per l’8 gennaio.

Sono sempre loro che continuano a far esplodere bombe in Piazza Paradiso, ma anche piazza Immacolata e Mentana, in un quartiere dove noti personaggi della malavita locale pretendono di esercitare un potere o quasi una proprietà su queste zone della città.

Questi episodi rendono inevitabili alcune amare considerazioni di fine anno e i conseguenti interrogativi. In quale città viviamo? Le istituzioni l’hanno abbandonata, considerandosi impotenti a combatterla? La tolleranza provoca sempre l’illegalità diffusa che negli anni devastanti del governo del centrodestra (che oggi si vorrebbe far dimenticare, in vista della campagna elettorale delle amministrative, quando tutti tendono a rifarsi una verginità mai posseduta) l’ha fatta da padrona in città. Vogliamo tornare a quei tempi? Una certa parte politica alimenta questa illegalità diffusa, il “liberi tutti” denunciato da “Quindici”. E difende perfino gli zozzoni che combattono incivilmente il sistema di raccolta dei rifiuti “porta a porta”.
Insomma, si devono far dimenticare in fretta i tre anni di amministrazione di centrosinistra, per cancellare i faticosi sforzi per avviare il cambiamento in una città che non vuole cambiare, che riesce perfino non provare vergogna del rischio di diventare la peggiore di quelle vicine.
Occorre una reazione forte e visibile da parte della istituzioni: il fatto di avere un governo provvisorio, non significa che non si debbano prendere provvedimenti adeguati contro questa delinquenza diffusa e anche contro chi incita al rifiuto delle regole, come avviene perfino da parte di chi dovrebbe avere atteggiamenti più responsabili. Occorre riaffermare con determinazione la presenza delle istituzioni: le forze dell’ordine e l’autorità di governo saranno messe alla prova nella sera del 31 dicembre, quando questa gentaglia tenterà di riconquistare le piazze perdute, grazie all’impegno dell’amministrazione di centrosinistra che organizzò perfino concerti, per presidiare il territorio. Non dimentichiamo che dalla microcriminalità si arriva alla grande criminalità e Molfetta, questa esperienza l'ha già conosciuta e non vuole riviverla. Se quella notte i barbari l’avranno vinta, il segnale di sconfitta delle istituzioni apparirà evidente e sarà difficile correre ai ripari o piangere sul latte versato.

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Educazione e cultura......necessitiamo di un NUOVO UMANESIMO. É dopo una gestazione durata più di mille anni che, dal grembo della cristianità, venne partorito l'Umanesimo. Da allora, la modernità ha fatto molta strada. E per quanto controverso possa essere stato il suo cammino, non dovremmo mai smettere di riflettere sul fatto che l'umanesimo è figlio della cristianità: l'idea di un uomo libero e capace nasce nel cuore dell'Europa cristiana. Oggi l'Italia sta cercando di uscire da una lunga crisi. Non solo economica e che non è cominciata nel 2008. . La stagione che abbiamo alle spalle, sospingendo la modernità verso le sue più estreme conseguenze, ha introdotto livelli tecnologici, istituzionali, organizzativi, culturali, cognitivi più esigenti. Rispetto a questo salto storico - che abbiamo chiamato globalizzazione - l'Italia non è ancora riuscita a trovare un suo modo di “stare al mondo”. In questo senso, la sua crisi è crisi di identità. Faticosamente si sta cercando di risalire la china. Ma siamo ancora lontani dall'aver trovato la risposta, anche perché non si tratta semplicemente di rimetterci a correre. Correre verso dove, poi, e per che cosa? . Anche al di là delle nostre frontiere, vediamo diverse nubi addensarsi. Basta guardare a un'Europa che, imbarazzata nel riconoscere le sue radici cristiane, stenta a essere qualcosa di più di un apparato tecno-burocratico, finendo per schiacciare i più deboli. O al Mediterraneo, diventato la frontiera che conta più morti al mondo. O al disordine mondiale, dove si moltiplicano i focolai di guerra e dove domina una tecnoeconomia che, con troppa disinvoltura, "gioca" con la finanza e "mette le mani" sulla vita. O al disordine mondiale, dove si moltiplicano i focolai di guerra e dove domina una tecnoeconomia che, con troppa disinvoltura, "gioca" con la finanza e "mette le mani" sulla vita. O al disordine mondiale, dove si moltiplicano i focolai di guerra e dove domina una tecnoeconomia che, con troppa disinvoltura, "gioca" con la finanza e "mette le mani" sulla vita. Tra le persone, nei popoli c'è disorientamento. Ci sono troppi uomini e donne che, dimenticati, abbandonati, messi alla porta, si vedono privati della loro dignità. Le periferie esistenziali (quelle della solitudine, della sofferenza, della emarginazione, della lontananza da Dio) sono dappertutto: ai bordi delle nostre città, ma anche dentro i nostri condomini. Per diventare periferici, e a rischio di abbandono, basta non essere all'altezza delle performance richieste dal modello di vita prevalente. Il VANDALISMO sempre prevalente è il risultato della perdita di UMANESIMO.


LIFEGATE - people planet profit - 28.10.2014. Il riscaldamento globale aumenta la violenza nel mondo - L'aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale ci fa diventare più violenti. Una ricerca ha analizzato decine di studi e la conclusione sembra non dare via di scampo - di Tommaso Perrone Il ricercatore Marshall Burke insieme a Solomon Hsiang e Edward Miguel hanno pubblicato un saggio dal titolo Climate and conflict per il National bureau of economic research che mette insieme i risultati di 56 studi scientifici che hanno cercato di capire quanto il cambiamento climatico porti all'aumento di conflitti tra individui (come scazzottate e violenza sulle donne) e tra gruppi (come guerre e rivolte armate). La conclusione è stata che in un mondo più caldo bisogna aspettarsi più guerre, disordini, lotte civili e conflitti armati. Per ogni grado in più, bisogna aspettarsi un aumento della possibilità di conflitti pari al 20 per cento nei paesi africani. Mentre negli Stati Uniti, per ogni grado, l'aumento degli episodi di violenza, come crimini e risse alle partite di baseball, aumenterà dell'1 per cento. Lo studio cita anche l'aumento dei conflitti dovuto all'aumento e alla violenza delle precipitazioni, sempre legato al cambiamento climatico (pari al 3,5 per cento). Ma perché tutto ciò? La risposta che dà Burke scomoda un autore storico della letteratura come William Shakespeare il quale nella sua famosa tragedia Romeo e Giulietta evidenzia come il caldo possa dare alla testa. E cita Benvolio nell'atto terzo che, rivolgendosi al suo amico Mercuzio, afferma: “Ti prego, buon Mercuzio, andiamo a casa. Fa molto caldo oggi, e i Capuleti sono in giro: dovessimo incontrarli, non potremo evitare d'azzuffarci. Il sangue, in questi giorni di calura, fa il matto e bolle più del necessario”. La possibilità che questa meta-ricerca venga smentita c'è, ma Burke ci fa capire quanto sia basso il margine d'errore con un esempio fatto al Washington Post. Su 19 ricerche indipendenti l'una dall'altra, 24 volte è stato trovato il collegamento tra riscaldamento globale e violenza: “È come se tirando una monetina per 24 volte, uscisse sempre testa”.

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