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Il sindaco offende l'opposizione, che abbandona l'aula. Scontro su Palazzo Dogana e quote rosa
15 luglio 2008

Accade tutto dopo quasi cinque ore di seduta: si sta parlando dell'opportunità di un rinvio di votazione sulla delibera che riguarda Palazzo Dogana, richiesto dall'opposizione. Il sindaco della giunta di centrodestra, il sen. Antonio Azzollini e alcuni consiglieri di minoranza si punzecchiano, ma nulla fa presagire quello che avverrà subito dopo, anche se è qui probabilmente, spiegherà poi Azzollini (con gli “avversari” ormai fuori dall'aula), il motivo del suo nervosismo, manifestato in maniera altrimenti inspiegabile, comunque ingiustificabile. L'origine del tutto, spiegherà il sindaco una volta tornato alla calma, sta in una frase di Mino Salvemini (Pd) a proposito del provvedimento sul Palazzo Dogana, inserito secondo l'opposizione non in tempo utile nell'ordine del giorno: “Sembra un blitz, e quando c'è un blitz, verrebbe da pensare che ci sono secondi fini”. Non accade nulla, ma, nonostante esteriormente non lo dia a vedere, Azzollini non digerisce la frase, incassando, ma esplodendo subito dopo. Lo fa però su un altro argomento, nel momento in cui la discussione sulla dogana offriva le prime scintille (comunque dal tenore consono al luogo) tra Azzollini e soprattutto Giovanni Abbattista (Pd). La situazione si scalda, e il sindaco perde il controllo: richiama in causa l'affaire-quote rosa, e afferma, non sempre in italiano, e alzando sensibilmente i decibel, che “la polemica proviene da due partiti che non hanno eletto neanche una donna. Abbiamo quattro donne nel consiglio, la Brattoli, la Latino, e la Minuto e la Claudio che sono contento di avere: nessuna di queste proviene dalla sinistra. Vergognatevi, ipocriti (riferito in particolar modo a due dei quattro consiglieri che di lì a poco abbandoneranno l'aula)”. Poi inizia una serie di espressioni sanguigne in molfettese stretto (ma non di volume e tonalità) che non sempre comprendiamo. Sicuramente non si tratta di complimenti per l'abito. Va detto che già poco prima, all'indirizzo di Pino de Candia (Pd), sempre a proposito della questione-Palazzo Dogana, non le aveva mandate a dire: “o il consigliere de Candia non capisce, o fa finta di non capire. Se non capisce, vada a studiare, che ne ha bisogno”. La sfuriata dura un buon minuto, tra gli occhi risentiti di una parte del pubblico, imbarazzati quelli di un'altra parte, dipende dalla fede. Ciò che è certo è che, già con un registro di voce altissimo, vola una parola pesante, in vernacolo. E' questo il punto in cui Salvemini, a cui sarebbe stata indirizzata la frase, si alza, e con un cenno, alzando altrettanto la voce, chiama i suoi ad abbandonare l'aula. Lo seguono in tre, De Candia, Patimo e Abbattista. La situazione in aula torna poco dopo alla calma, e Azzollini stesso, forse rendendosi conto di averla fatta grossa, tenta di spiegare il perché di una reazione così, e lo fa dicendosi risentito per l'accusa velata “di aver preso mazzette, invece questa amministrazione ha fatto tutto alla luce del sole”, per il Palazzo Dogana (che diventerà un albergo). “Loro sono dolci con le parole, ma non nei contenuti”, affermerà il sindaco. Probabilmente arriverà la dichiarazione con la quale Mino Salvemini chiarirà di non aver inteso questo, e la cosa si sgonfierà: resterà la figura non edificante fatta (al momento del pasticciaccio, c'era anche un minore, e minore di molto, in aula), e resterà comunque da capire, se questa ricostruzione è esatta, perché l'esplosione arrivi quasi mezz'ora dopo la frase che, nella sua tesi di “discolpa”, fa infuriare Azzollini. Quando il consiglio è ancora in corso, incontriamo i quattro “dissidenti” del consiglio fuori da Palazzo Giovene, in piazza Municipio, visibilmente scossi. “Mai successa una cosa simile”, afferma de Candia. “Intollerabile”, è la parola che ricorre di più nello sfogo dei quattro consiglieri, che si dicono pronti a fornire la trascrizione stenografica integrale a Quindici e agli altri organi di stampa. Siamo solo al secondo consiglio comunale, e c'è già il primo botto. Che rischia di far male. Intanto gli strascichi di queste riunioni hanno avuto successivamente come bersaglio il presidente del consiglio comunale, Ninnì Camporeale che - lamenta l'opposizione in un documento diffuso dopo il consiglio -, nei loro riguardi ha “esercitato scrupolosamente le sue prerogative intervenendo allorquando alcuni consiglieri a Suo modo di vedere avrebbero ecceduto nelle espressioni” mentre non avrebbe fatto altrettanto consentendo “al Sindaco di indirizzare liberamente espressioni offensive ed ingiuriose nei confronti dei consiglieri di opposizione, di usare espressioni dialettali e toni assolutamente inadeguati alla massima assise cittadina, di fare apprezzamenti sconvenienti sui propri avversari politici, di urlare ed adottare atteggiamenti addirittura intimidatori”. I consiglieri comunali di opposizione hanno inviato la lettera di protesta anche allo stesso sindaco e al Prefetto di Bari allo scopo di denunciare questo e altri comportamenti, riguardo la documentazione e la formazione di ordini del giorno, per evitare che si ripetano in futuro.
Autore: Vincenzo Azzollini
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