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Il Pulo di Molfetta in una notte di plenilunio
29 agosto 2009

MOLFETTA - Chi si accinge a visitare la famosa dolina pugliese di notte, non può che aspettarsi un evento unico e impressionante. E' per questo che non fui delusa quando il 09.08.09 aderii all'iniziativa promossa dall'associazione “polje” che apriva i cancelli del Pulo di Molfetta, per un percorso notturno alla scoperta delle peculiarità archeologiche, scientifiche, botaniche e geologiche che hanno reso interessante una circoscritta area geografica dell'agro di Molfetta. La letteratura sull'argomento è vasta e differenziata. Le mie impressioni, tuttavia, prescindono da un dettagliato resoconto storico-scientifico che, comunque, varrebbe la pena approfondire in uno studio attento e meticoloso. Il mio approccio ha voluto indagare le sensazioni procurate nell'antro di un bacino naturale in opposizione a quelle di spazi urbanizzati. Il percorso all'interno della dolina, battuto dagli uomini sin dall'età del Neolitico e consolidato nel XVIII secolo da illustri scienziati che ne studiarono la conformazione geologica, era illuminato da torce , piccole fiamme ardenti che, in una sequenza regolare, chiarivano il tracciato del selciato, fino in fondo alla piana, e i resti di una primordiale architettura industriale sviluppatasi grazie al ritrovamento di giacimenti di salnitro, prezioso minerale per la produzione della polvere da sparo. L'illuminazione, insufficiente all'esplorazione attenta e dettagliata dell'intorno naturale, ma di sicuro effetto suggestivo, fu in breve sostituita dall'acuirsi dei sensi dell'udito, dell'olfatto e del tatto. I passi lenti testavano la consistenza del terreno, scricchiolante sulla ghiaia e il pietrisco del sentiero, soffice e a volte graffiante sul manto erboso della piana a circa 30 metri al di sotto del livello del mare, mentre una luna alta ma incompleta debolmente rischiarava le pareti scoscese della roccia calcarea, roccia resa pallida dai raggi lunari in cui, tuttavia, erano ben visibili le stratificazioni e le fratture che testimoniano la complessa evoluzione della dolina. A tratti rami di alberi fronzuti sferzavano, implacabili, il viso o le braccia del visitatore ignaro, già sufficientemente tediato dalle punture di insaziabili zanzare. Al canto della cicala si univano rumori, striscianti altri acuti, di animali che la notte e l'inesperienza di un uomo di città ne celavano l'identità. Abbiamo paura di tutto ciò che ignoriamo e se le visite non fossero state attentamente guidate di certo avremmo sperimentato la paura, il brivido dell'incertezza e del dubbio in un luogo ad alta densità naturale di flora e fauna. La vista ben presto si abituò alla poca luce e a metà percorso, su un terrazzamento artificiale, osservammo i resti di una costruzione, recentemente recuperata insieme all'altra che seguì, in muratura, vestigia della distilleria e del magazzino della nitriera borbonica. Nella prima aula fu possibile ammirare tra le fiamme incerte delle torce disposte lungo i muri portanti e l'aiuto di una torcia elettrica, le antiche fornaci, nelle splendide forme circolari, magistralmente costruite in pietra. La seconda aula era riservata allo stoccaggio del prodotto semi-finito per la produzione della polvere da sparo. Certo, mentre la luna compiva il suo giro al di sopra delle nostre teste, con il buio che ci avvolgeva in un leggero manto, era difficile immaginare operai che si affaccendavano all'interno di quelle che il tempo e l'incuria ci hanno tramandato in questi resti. La luna compiva il suo giro e il profumo della menta mischiata a quelle di altre essenze decise, ma a me sconosciute, mi accompagnavano al termine della nostra visita, sul fondo della dolina. Illuminata da numerosi fuochi, apparve ai nostri occhi l'impianto di vasche, canali, pozzi e cisterne per il lavaggio e la decantazione delle terre nitrose. Come un antico tempio greco , questi resti archeologici dominano una piana relativamente estesa con accanto un ricco boschetto di allori. Il pregio di tali pietre non è nella destinazione d'uso della dimora di un dio,ma nella ricercatezza funzionale, tecnologica e scientifica di un opificio industriale. Risalendo un ripido percorso non ho potuto fare a meno di pensare, osservando la luna e le stelle dall'esteso foro nero del cielo notturno, al Guggenheim di New York, grandiosa opera d'architettura moderna. Il paragone è, forse fuori luogo, ma ,come in un percorso dantesco, il museo, costruzione estrusa al cielo, e la dolina, collasso di un antro scavato da canali d'acqua sotterranea, ci conducono mediane un percorso su di un asse verticale alla conoscenza di inedite esperienze spaziali. La visita si conclude al raggiungimento del fortino di guardia posto all'ingresso del Pulo, oltre il quale un disordinato parcheggio avvilisce una splendida notte di plenilunio. dal blog “La rosa di Soria”
Autore: Angelantonia Soriano
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