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Il primo voto dei diciottenni: quomodo agere?
15 maggio 2006

In questi giorni di campagne elettorali (qui è d'obbligo l'uso del plurale), ho pensato molto a quando ero piccola. Ricordo che i bambini non dovevano intromettersi quando i grandi discutevano di politica; oggi, invece, a 18-19 anni, siamo chiamati in prima persona a scegliere il futuro sindaco e la futura rosa di consiglieri che lo appoggerà. Se già gli esiti delle elezioni nazionali, più che da profondi cambiamenti politici o sociali, sembrano essere condizionati da voci di corridoio più o meno veritiere, a maggior ragione ciò che conta, a livello locale, è il cosiddetto “Personaggio”, con il suo carisma, con la sua relativa rete di relazioni personali (o clientelari??), col manifesto più o meno pungente, accattivante. Molfetta non è un' eccezione e lo confermano i sondaggi: fra i cinque aspiranti primi cittadini, la maggior parte degli intervistati ne conosce solo due;quelli, appunto, che sembrano aver scritto una pagina più ampia e soprattutto nota della realtà locale. Al centro di questo stato di incertezza e di disinformazione… noi, giovani neovotanti, estranei ad un passato non troppo lontano, ma comunque non sperimentato direttamente sulla pelle e, pertanto, più “vulnerabili”, più esposti a raggiri e a finte propagande. Inoltre, quale luogo di aggregazione sociale migliore, o perlomeno, più comune, della scuola, per far girare la voce, per fare e farsi pubblicità elettorale, distribuendo, magari, i famosi e originali “santini”dei candidati? Francesco, ad esempio, oltre ad essere un mio compagno di Liceo, è un appassionato di musica house ed è iscritto regolarmente all'albo dei djs. In questi giorni di conto alla rovescia, in cui la campagna elettorale si è fatta ormai effervescente, ci consiglia di votare “Quel” determinato candidato consigliere “Perché – dice - quando c'è una festa o un evento da organizzare, lui, almeno, è sempre disponibile”. Non la pensano, evidentemente, tutti così. Marta è una delle ragazze che i classici luoghi comuni dipingerebbero come “giovane rivoluzionaria”, perché appassionata di partiti e di politica. Pur lottando strenuamente per difendere le proprie idee, sta trovando grandi difficoltà nella scelta del 28 maggio e teme, alla fine, di doversi accontentare di quel triste e famoso “meno peggio” che accomuna la stragrande maggioranza di noi giovani elettori di Liceo. Ciò che aleggia, insomma, nelle quarte e nelle quinte classi allo Scientifico è un senso pericoloso e pressoché totale di sfiducia, di scetticismo o, tutt'al più, di pura riduzione della politica a uno scambio di favori e di promesse. Pertanto, al di là delle differenze (se esistono) ideologiche tra aspiranti sindaci e consiglieri, penso sia un dovere di tutti, candidati e non, risparmiare (almeno) la politica molfettese da quel mero gioco di teatrino di marionette, dai volti più o meno noti. Occorre far sentire noi giovani in qualche modo più coinvolti, “rappresentati”. Come fare? Iniziamo, ad esempio, con l'abbattere quell'enorme repertorio di luoghi comuni e di banalità, che stendono impietosi e uniformi veli di “apatia politica” sulle nuove generazioni.
Autore: Rossella De Laurentiis
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