Il primato degli interessi collettivi della città
Rappresenta un pregio ragionare e commentare il libro Affondi, dato alle stampe dal direttore Felice de Sanctis, in coincidenza con il decennale del giornale cittadino Quindici in un periodo storico in cui gli intellettuali fanno un gran parlare del fatto che si sta per chiudere il tempo del libro, interrogandosi su quale possa essere la sorte della carta stampata (giornali, libri per esempio) nell'era tecnologica postindustriale. Infatti, si discute sempre più della minaccia che al mondo librario può giungere, per esempio, dai computer. Più volte, in molti saggi di letteratura e racconti, autori importantissimi si sono prefi gurati l'invenzione di calcolatori che, forniti di una numerosa serie di programmi specifi ci, possono sostituire l'autore creando una storia con le loro doti letterarie e combinatorie. Se così fosse Affondi non avrebbe mai visto la luce. Una premessa è opportuna: che ci si creda o no, l'Italia del 1997 (proprio negli anni in cui muoveva i primi passi Quindici) aveva oltre 1 milione di analfabeti in senso stretto, cui dovevamo aggiungere 4 milioni di analfabeti di fatto. Che ci si creda o no, l'istruzione universitaria riguardava solo il 6 per cento della popolazione adulta e non già il 15 per cento come era per la Francia o la Gran Bretagna, con uno scarto negativo di 14 punti percentuali rispetto a quanto si registrava in Giappone o in Germania e di quasi 32 punti rispetto agli Stati Uniti. Che ci si creda o no, soltanto il 70 per cento della popolazione attiva aveva al massimo completato la scuola dell'obbligo e solo il 30 per cento circa aveva conseguito un diploma si scuola secondaria superiore, contro l'82 per cento dei tedeschi, il 70 per cento dei giapponesi e l'83 per cento degli americani. Che ci si creda o no, i bassi livelli di scolarizzazione non riguardavano le classi nate nell'immediato dopoguerra o fra le guerre, ma anche classi più giovani che costituiscono l'ossatura del mercato del lavoro o che si accingono (disoccupazione permettendo) a entrarvi. Che ci si creda o no, la sesta potenza mondiale nel 1997 era, tutto sommato, un Paese ancora ignorante. Giudicando obbiettivamente questi dati (acuiti dalle specifi cità del nostro Sud) possiamo concludere che il lavoro effettuato dalla Redazione di Quindici in tutti questi anni deve essere stato assai arduo soprattutto perché ha dovuto iniziare e crescere in un campo assai conteso da altri mezzi d'informazione e da altri giornali locali, storicamente più blasonati, e primeggiare quale testata giornalistica di grande successo. Innanzitutto, voglio dire, che ho fi ducia nel futuro perché ci sono tante emozioni che solo un libro (fi sico) può regalare con i suoi mezzi specifi ci ed intendo dedicare questo intervento proprio a quelle “numerose sensazioni” apprezzate durante il mio personale percorso di lettura che ho trovato essere la qualità fondamentale di questa scrittura lineare, limpida, concreta e quotidiana del Direttore Felice de Sanctis, che cerca così di gettare le basi per la continuità, in questo nuovo millennio, dell'impegno giornalistico, che, ormai, da tanto tempo (fortuna nostra) rivolge alla Città di Molfetta. La lezione che riesce a scrivere l'autore è all'insegna della “Molteplicità” e tratta del mondo cittadino contemporaneo come un'enciclopedia, creando un metodo di conoscenza e soprattutto una rete di connessione tra i fatti, le persone, le cose che avvengono. Esprime la tensione tra l'esattezza matematica del buon governo, tipica delle speranze riposte dalla cittadinanza nella nuova epoca di buona amministrazione raccontata durante la campagna elettorale e l'approssimazione degli eventi umani, dei comportamenti politici dei nostri amministratori mentre governano. Emerge una visione binoculare della storia, una specie di percezione prospettiva dei processi politici e culturali della città. Credo che per ottenere questa percezione, il direttore de Sanctis abbia risolto molti problemi e appreso un'arte. Ha dissolto il problema della sintesi comprensiva e panoramica, cioè di un giudizio acontestuale e defi nitivo che operi una sintesi dei molteplici punti di vista in competizione (politico, sociale, storico, economico) mirando a defi nire e separare l'essenziale dall'inessenziale, il permanente dal transitorio, il primario dal secondario. Ed ha infuso l'arte dello spostamento dello sguardo, della circolazione fra i vari ed eterogenei punti di vista, dell'espansione del contesto in cui sono collocate le opzioni logiche di partenza. E' l'arte del viandante, per dirla con le parole di un grande poeta, che con il suo stesso passo genera i percorsi sui quali posa i piedi o del decifratore di indizi che si immerge nel contesto e interroga ciò che incontra per decidere quale punto di vista sia più pertinente, in quel particolare caso specifi co. Il lavoro si situa al confi ne tra inchiesta giornalistica e ricerca storiografi ca sul passato recente e si realizza come una lezione sulle responsabilità della stampa aggiungendo alle vicende con chiarezza il what della notizia. Inoltre, l'etica e la professionalità dell'autore fanno sì che a Lui gli sia richiesto molto di più, giustamente, di un qualsiasi utente internet del sito di Quindici on line e la Sua libertà di parola sia molto più limitata, saggia, equilibrata e distante dai coinvolgimenti emotivi. A me, invece, capita spesso di sperimentare un groviglio di furia silente che si insinua tra la fronte e lo stomaco, per come sono avvenute le cose nel Palazzo di Città (dieci anni sono davvero tanti) e per come si possa essere pronti, in assenza di un domani, ad accaparrarsi il possibile subito. Un lacerante angoscioso senso di solitudine mi assale quando mi arrendo a questa situazione di laissez fair, laissez passer. Nel clima generale di crisi che tocca in particolar modo la nostra città, vorrei che si riuscisse a sostenere e aiutare i tantissimi giovani che studiano ma, purtroppo, non trovano gli “outlet” di inserimento, necessari per il proprio percorso di crescita professionale, a mantenere e coltivare il desiderio di continuare nonostante tutte le diffi coltà. Nessuno sembra rifl ettere sull'impoverimento dello spessore ideale e culturale della politica agli occhi dell'opinione pubblica che ne censura, giorno dopo giorno, la legittimità. I cittadini hanno diritto di conoscere le ragioni vere delle scelte amministrative e di farsi un'idea su chi ne porta le maggiori responsabilità in modo da tenerne conto nei prossimi passaggi elettorali. Una differenza di lessico molto importante è tra società civile, che può portare nella politica anche gli interessi particolari di alcune lobbies (forse è proprio ciò che avviene oggi), e cittadinanza attiva che, invece, assegna un valore strategico alla discussione pubblica e al primato degli interessi collettivi della città (ciò che rappresenta Quindici offrendo visibilità alle idee e spinta alla partecipazione). Questo libro vorrei che ripetesse a tutti che il faut avoir courage et après ca va aller (bisogna avere coraggio e andare avanti). Inoltre, soprannominerei il Direttore Felice de Sanctis con il termine “testimone”. La nozione risale ad Erodoto, un greco vissuto nel V secolo a.C., considerato notoriamente il padre della Storia come disciplina, che usò e analizzò resoconti di altri per i suoi scritti sull'invasione persiana della Grecia. Il testimone è l'individuo che assiste a un evento e ne diventa il relatore. Ciò facendo tuttavia, infl uenza volontariamente o involontariamente le conseguenze di quell'evento e di quelli che seguiranno. Il lato bellissimo di questo modo di far giornalismo è rappresentato dalla capacità di testimoniare gli abusi perché non siano dimenticati e, se possibile, puniti. Il tempo è una pura condizione virtuale, una misura di luoghi e possibilità e se trascorre trasformando un piccolo obiettivo editoriale, in un progetto di leadership quasi assoluta, mi piace pensare sia dovuto ad un lavoro di una Redazione che ha intenzionalmente rivalutato la funzione del pubblico, che in tutti questi anni è diventato sempre più attivo, che è cambiato, che critica ed esplora, che sceglie sempre più consapevolmente il contenuto e i piccoli generatori di senso come Quindici.
Autore: Michele La Forgia