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Il popolo bue vota, ma…
02 novembre 2011

"Il popolo bue vota"... comunque, è vero, questa cosa è incontestabile! Porcellum, mattarellum, cornutellum... che dir si voglia, l'80% dei buoi alle politiche, si recano alle urne e votano o per questi o per quelli (che alla fine pari sono, nella depredazione, nell'abuso, nel privilegio, nel furto perpetrato e continuato nei confronti della nazione).

"Il popolo bue vota"... comunque, è vero, ma poi vomita! E' questa la vera novità! Con i moderni sistemi di comunicazione e informazione... che l’establishment non riesce in alcun modo a limitare! E l’establishment  in Italia, è composto nella sua quasi interezza dalla Kasta, quella che ci sta portando nell’abisso e, senza ancora aver rinunciato a nessun odioso privilegio.
Quando inizieranno a farlo, probabilmente sarà già troppo tardi. Perciò sì, è vero, questi maiali, conquistano il potere, comprano i voti, blandiscono, ammaliano nel corso della campagna elettorale, ci spingono a tifare per un partito politico o per un altro come si fa per una squadra di calcio, ci fottono ripetutamente, ma non riescono più a comprare il silenzio... e non riescono più a bloccare la divulgazione delle notizie, che si giova di falle innumerevoli! Non ce la fanno!
TG1, TG2, TG5, TGdellamalora, non ce la fanno più a tapparci la boccaccia! E’ la nostra arma, e che arma! La libertà di parola e d’informazione! Ed è questo che li manda veramente in bestia! Hanno il potere, sì certo, ma nuotano ogni giorno in un mare di vomito nel quale probabilmente affogheranno indipendentemente dal voto... e meno male! il voto negli ultimi 20 anni e' stato uno strumento pericoloso! e' uno strumento pericoloso nelle mani dei buoi!
Le Borse, com’era prevedibile, sono tornate a farci la pipì in testa... e adesso sono cavoli! Non ci sono più manovre o contromanovre che tengano... ma saranno cavoli per lorsignori, i principi del delitto, della truffa, della corruzione, del furto legalizzato ai danni della povera gente... Evocano le Bierre che in realtà sono morte e sepolte da un pezzo! “Il popolo bue” ha capito anche questo, ha capito che la casta pur di rilegittimarsi ancora al comando, ha bisogno di qualche cosa, anche di un volantino taroccato… lasciato da qualche parte! Poveracci, non sanno più dove aggrapparsi!
 
La cosa incredibile è che quei gran caimani della speculazione internazionale, sono de facto nostri alleati... ci aiuteranno a spazzare via questa casta di sporcaccioni! Avranno tutti i difetti di questo mondo, i caimani, ma chi di voi metterebbe i soldi in mano, a un mignottaro, a uno che rantola quando parla, e rutta e scorreggia quando sta in silenzio... Quel vomito, oramai, ha un'eco internazionale, arriva fin dentro le Borse...
E non se ne vogliono andare! E non hanno capito che la sfiducia dei mercati, più che alla nostra finanza statale, è nei confronti di una delle peggiori classi dirigenti a livello mondiale. Qualcuno vuol per caso sostenere il contrario? Qualcuno è veramente convinto che questi soggetti, porteranno il Titanic Italia, in salvo, in un porto sicuro? E’ più facile prevedere un’apparizione Mariana!
Il Financial Times, non ha più' mezze misure, mezze parole (come neppure tutti noi), e parla apertamente di "un buffone"! Con un popolo oramai che va di stomaco, non è più possibile impostare alcuna manovra finanziaria! Manca la materia prima: l'uomo! tutti noi de facto chi più chi meno abbiamo abdicato... facciamo tutto per inerzia, ma solo ed esclusivamente per nostra sopravvivenza personale, non certo perché vogliamo collaborare con questi piazzisti, nell'attesa che questi mostri affoghino nel nostro vomito, nel nostro disprezzo… il più presto possibile!
 
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Autore: Nicola Squeo
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Come abbiamo fatto.......... In verità, su questi temi, c'erano seri approfondimenti, riflessioni, sensibilizzazioni. Poi con l'avvento del cosiddetto “berlusconismo”, tutto questo si è bloccato; tutto è passato nel dimenticatoio, se non addirittura una “rivalutazione” di quel sciagurato periodo di storia italiana. Non si è indagato abbastanza sul rapporto tra condizione sociale delle classi popolari e il fatto scuola, il fatto educazione giovanile, anzi, trattandosi di un fatto totalitario, di quello che era un dichiarato programma di regime: manipolare fin da piccolo un ragazzo per inserirlo in precisi schemi intellettuali e di costume, di lavoro e di vita. Chi ha conosciuto quegli anni, chi ha vissuto quelle esperienze, a ricordarle, affolla interrogativi su interrogativi. Com'era possibile che il fascismo riuscisse così facilmente a degradare la scuola, specie quella elementare, fino a quel livello? Com'era possibile che gli insegnanti in generale fossero non solo ligi al regime, ma il più spesso convinti, ed anche entusiasti, pavoneggiandosi in divisa nelle piccole parate di borgata o di rione cittadino? Come potevano non essere intimamente riluttanti a programmi scolastici che erano un grossolano imbonimento? Come potevano prendere sul serio le indicazioni di metodo didattico, soprattutto nelle attività che oggi si dicono sussidiarie: le ore di ascolto della radio (certe trasmissioni!), la visione di film di propaganda, l'apprendimento di inni fascisti? Il periodo di obbligatorietà delle elementari era stato portato da tre a cinque anni. Ma padri e madri, osservando quella parodia di scuola, non potevano far a meno di dire: che bel progresso, insegnavano più cose a noi in tre anni che a questi nostri figli in cinque. Ne concludevano che non era una cosa seria, ma non sapevano andare più in là. Nel borgo contadino o nel rione operaio la scuola era diventata un corpo estraneo, l'attività scolastica un fatto strano, così diverso dall'attività familiare, dal lavoro, dagli impegni, dalle preoccupazioni familiari e collettive……………. Quando oggi si parla di rinnovamento della scuola, analisi e giudizi risultano insufficienti, parziali, o per essere suggeriti dal senno del poi o per restare impigliati nelle “categorie” della cultura dominante. Bisogna invece tener conto di questo passato, che pesa ancora su tutto il corpo sociale italiano. Bisogna tener conto dello stravolgimento di valori di cui sono state vittime due generazioni: quella che ora è anziana e quella che viene considerata di età matura, di età cosiddetta “saggia”. E' però necessario fare riferimenti precisi ad ambienti, a classi sociali, a capacità di comprendere e a possibilità di movimento politico; in che misura esse c'erano o non c'erano in un certo ambito della vita. (Gianni Bertone – I figli d'Italia si chiaman balilla, 1975)
Come abbiamo fatto a sopportare quell'istrione per oltre vent'anni? Come era possibile non reagire a tante pagliacciate? Non ribellarsi? Non unirsi e insieme abbattere quell'ammasso di uomini e di cose ridicole e lugubri? Com'era possibile che, dopo averlo provato, tanta gente auspicasse il ritorno di un “uomo forte” al potere, solo perché c'erano dei problemi da risolvere, dei contrasti da appianare, delle strade da scegliere con decisione e volontà politica? Com'era possibile che il metodo democratico non avesse preminenza, che ci fosse chi rimpiangeva l'”ordine” delle baionette e del popolo in divisa, del silenzio in ogni questione importante, dell'ossequio pavido o ridicolo, del diritto indifeso? Come era possibile che non ci fosse un giusto senso della convivenza umana, che sussistesse la concessione della guerra come “fatale” o addirittura “necessaria”, una stravolta concessione della “patria”, intesa ancora come un “assoluto” per cui combattere e morire, con frontiere sacre al di là delle quali ci sono soltanto nemici? Anziché patria intesa come luogo in cui “padri” hanno fatto comunità, sia pur tra difficoltà e contrasti, tra divisioni e incomprensioni, accanto ad altre comunità di uomini? Com'era possibile che il popolo non ricevesse una educazione cosciente, non coltivasse almeno in misura sufficiente un democratico senso dello sviluppo civile, così come indicava la Costituzione nata dalla Resistenza? E dilagasse invece la paura di “aprire” al popolo, agli operai e ai contadini; la paura del nuovo, la paura delle comunità autonome nelle loro decisioni, dei fermenti culturali che premevano per avere una scuola diversa per una società diversa, che proponevano una diversa visione delle cose del mondo per una diversa concezione delle relazioni tra i popoli? Perché? Perché la gente non reagisce in modo globale, definitivo? C'è una verità che dobbiamo dirci: perché manca la convinzione. Sotto etichetta democratica c'è in giro ancora molta mentalità di derivazione fascista. C'è qualunquismo, c'è la fuga dalle proprie responsabilità, c'è il desiderio, o l'abitudine, di lasciare ad altri la “politica sporca”. Non ha giovato gran che la diffusione quantitativa degli strumenti di conoscenza: la scuola dell'obbligo, l'aumento del numero degli alunni che frequentano le scuole superiori, la liberalizzazione delle facoltà universitarie con accesso aperto a tutti, l'industria culturale con il libro a basso prezzo, i periodici di divulgazione scientifica, la radio, la televisione, la stampa. La manipolazione dell'opinione pubblica è ancora in graqn parte ad una certa “cultura" dominante staccata dalla realtà popolare. E la gente comune vaga, con giudizi apparentemente propri, ma nella realtà tratti dalle considerazioni messe lì, con l'aria più innocente e più seria dall'editoriale di un quotidiano o da un commento del telegiornale, da una “risposta al lettore” stesa con fare bonario o dall'analisi di un “esperto”, magari puntigliosa ed esauriente, su questo o quell'altro aspetto di una determinata confessione. Come abbiamo fatto.............
In queste circostanze, le istituzioni si basano su un'idea antiquata dell'individuo e delle sue situazioni e condizioni sociali. Per non mettere in pericolo il proprio potere, gli amministratori delle istituzioni si aggrappano a esse con tutta la forza che hanno – sostenuti da una sociologia che continua a fare ricerche secondo i vecchi stereotipi concettuali. Una conseguente divertente di tutto questo è che la classe politica ritiene gli individui “là fuori” non meno stupidi e impertinenti di quanto questi non considerino lei. La questione di chi ha ragione è – in linea di principio – facile da risolvere. Che il vertice di partito e l'Apparato burocratico capiscono tutto e tutti gli altri stupidi era un'idea tipica dell'Unione Sovietica – finchè essa non è andata in frantumi. “Questa società – scrive Hans Magnus Henzensberger parlando della Repubblica federale tedesca – non è più deludibile. Ha capito assai per tempo, molto rapidamente, come stanno le cose a Bonn. A questa visione cinica contribuisce anche l'immagine che i partiti danno di sé. I politici cercano di compensare con un gigantesco apparato pubblicitario la loro perdita di autorità, l'erosione del potere e del consenso. Ma è controproducente. I loro messaggi sono tautologici e vuoti. Ripetono in continuazioni una sola cosa, e cioè: “io sono io” o “noi siamo noi”. Il messaggio zero è il modo preferito della loro rappresentazione di sé. Questo naturalmente rafforza nella gente l'opinione che da una simile casta non ci sia da attendersi idea di sorta. Se i manifesti proclamano: “Ne va della Germania”, tutti sanno che sono soltanto balle. Al massimo è in questione la sovvenzione del latte, il contributo alla cassa malattie o il sussidio”. - (Come in Italia del resto) - Si può parlare di “una ricaduta nel medioevo”, e la dissoluzione delle grandi società attuali in poteri locali particolaristici contrapposti può essere vista come un crollo delle vecchie “nazioni”, un processo che in molti luoghi del vecchio e del nuovo mondo è realtà già da molto tempo. Qui la vecchia direzione che portava dalle alleanze agli imperi viene invertita: i grandi imperi si disgregano in strutture federative, oppure se ne staccano piccole parti – lungo linee politiche, etniche o in qualsiasi altro modo determinante.”

(Prima che il popolo "Bue" voti) - Vivere in società è un nostro destino e un nostro compito. E' un destino perché siamo nati in società e non potremmo liberarci di essa. Uscirne e far parte per noi stessi può sembrarci talora un'idea promettente, quando ci scoraggiano la pesantezza e le difficoltà dei rapporti con gli altri. Ma è un'utopia, poiché la società ci afferra in mille modi e in ogni momento. Non importa se l'uomo e la donna siano per natura animali sociali, come dicevano gli antichi, oppure se si uniscano tra loro per reciproca utilità, come dicono i moderni. Sappiamo comunque con certezza che non c'è vita individuale fuori dalla società e che dappertutto al mondo le esistenze degli uomini e delle donne si uniscono durevolmente le une alle altre, formando società più o meno vaste e più o meno giuste, con legami più o meno intensi e costrittivi. Nessuno di noi potrà allora farsi estraneo alla società in cui gli è toccato vivere e ai suoi problemi, né potrà dire: non mi riguarda. La fuga in un mondo puramente individuale può essere l'illusione di un momento, non la realtà della nostra vita. Vivere in società è anche un nostro compito, un compito attivo e cosciente. Tra tutti gli esseri viventi che formano società, solo agli uomini spetta il privilegio, che è anche un terribile fardello , della libertà. Essi sono (o possono rendersi) liberi di fronte alla società del loro tempo: possono difenderla e consolidarla, come fanno i conservatori; combattersi per trasformarla fino a metterla sottosopra, come fanno i riformatori e i rivoluzionari; perfino limitarsi a subirla apaticamente, come fanno gli ignavi. La vita sociale dipende quindi anche da quanto gli uomini avranno o non avranno fatto per migliorarla, renderla più giusta, più umana, più degna di essere vissuta. Poiché nessuno può rendersi estraneo alla società di cui fa parte, su tutti grava la responsabilità dell'uso che ciascuno avrà fatto della sua libertà. E' una responsabilità difficile da sopportare per gli uomini di questo inizio del XXI secolo. I mezzi di cui disponiamo possono consentire grandi successi nel miglioramento delle società in cui viviamo, ma possono portare, al contrario, verso la riduzione o l'eliminazione delle possibilità stessa della vita. Le capacità umane, nel bene e nel male, non sono mai state tanto grandi; i rischi della libertà mai così terribili. L'uomo che si è fatto così straordinariamente potente deve prendere straordinariamente sul serio il suo compito di vivere in società. – (GUSTAVO ZAGREBELSKY)

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