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“Il Pd partito padronale con interessi personali”
15 giugno 2020

Il Pd nella bufera a Molfetta. E non è la prima volta. Dopo le dimissioni del consigliere comunale Peppino De Nicolò che ha lasciato il partito e si è dichiarato indipendente, ora è la volta del segretario politico Erika Cormio, che si è dimessa. Il partito è ormai allo sbando, utilizzato solo per manovre elettorali, con una logica padronale (come l’ha definito la stessa Cormio) e ha perduto decine di iscritti, finendo per diventare una lista civica all’interno di una maggioranza di destracentro, pur di rimediare qualche poltrona. E poi ci sono i grandi silenzi di chi per cercare di essere amico con tutti, finisce per andare avanti con il paraocchi, non vedendo quello che avviene nel partito, anche a livello giovanile. “Quindici” ha incontrato il segretario uscente Erika Cormio, per cercare di capire cosa ci sia dietro queste dimissioni, destinate ad incidere sul futuro del Pd che, ripetiamo, sembra una lista civica senz’anima, utile solo per manovre elettorali in vista delle prossime regionali. E non è un caso che ogni volta che si avvicinano scadenze elettorali, il partito venga preso da convulsioni interne che ne sconvolgono ancora di più la natura. Erika Cormio, Pd, ultimo atto, ha titolato “Quindici on line” in occasione delle sue dimissioni da segretario. Le possiamo considerare un atto di protesta contro l’andazzo del partito e per far emergere all’esterno quello che non andava? «Che siano un atto di protesta o di denuncia, sono dimissioni, le mie peraltro irrevocabili e con effetto immediato, e credo che un atto del genere abbia sempre un’accezione forte e non indolore. Per quel che mi riguarda le mie dimissioni sono state un atto dovuto, innanzitutto per me stessa. Quando ho iniziato questa esperienza alla guida del circolo ero motivata dai migliori propositi. Dopo aver lottato per dare una direzione e un corso nuovo a questo partito, ho realizzato che ogni sforzo iniziava a diventare vano, poiché quella logica padronale che tanto avevo combattuto era più radicata di quanto immaginassi. Perciò ho compreso che era giunto il momento di farmi da parte e così ho fatto». Quali sono i limiti maggiori che ha avuto nella sua azione? «Meriti di tutti, demeriti di uno. Palchi di tutti, responsabilità solo di uno. E allora, quanto la logica dirigenziale di un collettivo che si dica democratico può esautorare la figura di un segretario a seconda delle situazioni e delle circostanze?». Quanto ha influito la presenza ingombrante di Piero de Nicolo nella scelta delle sue dimissioni? Sono state dimissioni spontanee o sollecitate? Il partito era ormai eterodiretto da lui, come ha dichiarato? «Troppe domande insieme, Direttore. Le rispondo così. Le mie dimissioni sono state indubbiamente accelerate da insistenti sollecitazioni interne, frutto di quella logica padronale di cui parlavo prima che ha ritrovato attorno a sé molti seguaci i quali, mossi e accomunati da interessi personali comuni, anziché essere alternativi al sistema, ne sono diventati organici». Quali sono i meriti che ritieni di attribuire alla sua segreteria? «Abbiamo affrontato campagne elettorali di particolare rilievo nelle quali il Pd molfettese si è sempre distinto per risultati di tutto rispetto, anche superiori alle medie nazionali. Abbiamo attraversato uno dei momenti politici più difficili della storia del partito democratico, durante il quale mentre molti hanno fatto gli “Schettino” della situazione, io e i miei compagni siamo rimasti a bordo non abbandonando mai la nave. Oggi il Pd naviga in acque sicure, e di questo ne sono contenta. Ho messo in campo una politica perbene, fatta di duro e silenzioso lavoro, guidando un partito che, maggioranza nel governo della città, è sempre stato attento, presente e positivo sia nell’amministrare sia verso l’amministrazione ». Qualcuno ha detto che lei era un segretario troppo debole per un partito così complicato al suo interno, con presenze “ingombranti”. «Se essere deboli significa cercare sempre la mediazione senza però mai piegarsi o chinare la testa, allora sì, ero un segretario troppo debole. E si sa, una sola molecola, da sola, può poco in un sistema così “complicato”, come lo definisce lei». Il Pd era tornato ad essere il partito delle tessere? «Io mi auguro che ci sia sempre qualcuno che abbia ancora voglia di tesserarsi ad un partito, nel caso di specie al partito democratico. Poiché questo significherebbe che la politica partitica non è ancora scomparsa. Un tempo avere la tessera di un partito nel portafoglio era una cosa seria. Oggi constato che così non è». Non crede che il Pd abbia una sua parte di responsabilità nella caduta della propria amministrazione di centrosinistra con sindaco Paola Natalicchio, per poter poi aderire a un’amministrazione di destracentro di liste civiche personali che di sinistra aveva ben poco e per questo cercava l’adesione del Pd, per darsi una dignità politica? «Io conosco il Pd che ho guidato io. E per abitudine parlo solo di quel che so e mi ha riguardata direttamente. Del precedente, se ne avranno voglia, parleranno i diretti interessati. Di quel che è oggi, posso dirle che l’amministrazione al governo della città è il risultato di un progetto politico che ha una connotazione di centrosinistra data proprio dalla presenza di un solo partito, il partito democratico. D’altronde, Direttore, questa stessa amministrazione sarà quella che, unitamente ad altre liste e partiti, fra cui Sinistra Italiana, Italia in Comune e non solo sosterrà la coalizione di centrosinistra che insieme al candidato presidente Michele Emiliano si presenterà alle prossime elezioni regionali». Il PD ora è diventato anch’esso una specie di lista civica o di partito personale? «Mi auguro che il Partito Democratico rimanga partito. Ma per farlo deve abbattere quelle padronalità ancora troppo ramificate, riscattare quel senso di comunità democratica e tornare a parlare alla sua gente». Perché De Nicolò (quello con l’accento) ha lasciato il partito: aspettative deluse o politica non condivisa, provenendo lui da destra? «Preferirei che di questo parlasse direttamente l’amico Peppino De Nicolò». Come mai i giovani democratici invece di rappresentare il rinnovamento, sono andati dietro a vecchie logiche del passato? «Chi meglio di loro dovrebbe essere all’altezza di rinnovare. La verità, Direttore, è che il rinnovamento non è una questione anagrafica. Si può essere giovani sulla carta, ma accomodarsi su un sistema a cui non si vuole essere alternativi ma organici e meno giovani, come me, ma avere voglia di rinnovare». Cosa farà ora? Resterà nel Pd oppure farà politica altrove? «Come ho già dichiarato, è impossibile che una come me lasci la politica. Semplicemente perché ciò che mi muove e mi qualifica è la passione e il mio impegno politico che, con tutto il rispetto verso il partito democratico, va ben oltre i perimetri di quest’ultimo. Faccio politica perché mi piace. E il luogo, per quanto importante sia, è del tutto relativo. Una cosa è certa. Io casacche non ne cambio e salti della quaglia non ne faccio. Ringrazio sempre Lei, Direttore, e Quindici per l’attenzione che sempre mi riserva». © Riproduzione riservata

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