Il Mattonificio De Lillo
Fin verso la fine del XIX sec. i pavimenti delle abitazioni si realizzavano con pianole di calcare (le chianghe) lavorate con la martellina a 8 denti, e con mattoni di argilla di Canosa. Dal 1894 s’incominciarono a utilizzare i mattoni di Caserta: piastrelle di cemento, semplice o a disegno. Questa innovazione fu dovuta allo spirito imprenditoriale di Vincenzo De Lillo di mestiere mattonaro, originario di Casagiove di Caserta. Vincenzo era già a Molfetta nel 1875 al seguito del padre Luigi, anch’egli mattonaro. Ricordi di famiglia affermano che forse vennero a Molfetta a pavimentare il palazzo Cavalletti in Piazza Vittorio Emmanuele II, acquistato nel 1868 da Stefano de Dato facoltoso agricoltore, e indicano quale sede della prima fabbrica alcune suppigne costruite all’inizio del Viale del Cimitero. La richiesta di un prodotto preferito, dai costruttori edili e dai proprietari delle case, alle pesanti pianole di calcare, fece aumentare la richiesta di mattonelle tipo “Caserta”. Nel 1888 Luigi De Lillo ed Enrico Imperatore, anch’egli mattonaro e originario di Castellammare di Stabia, acquistarono, da tale Andrea Sordano, un porzione di suolo sulla strada per Bisceglie prima del Macello Comunale e accanto alla distilleria di alcool dei fratelli Mastropasqua, impiantandovi un opificio per la produzione di mattoni in cemento compresso. Si fornirono di pressa e levigatrice e iniziarono a produrre mattoni, costituiti da cemento, ghiaia e polvere di marmo; la ghiaia nei primi anni col permesso del Comune la estraevano dal largo della Porticella (Villa Comunale). Tre strati di cemento (liquido, asciutto e semiliquido), in cui erano inglobate ghiaia e polvere di marmo, venivano pressati a 250 atmosfere, tanto da renderli compatti, e lasciati stagionare in modo naturale per 30-40 giorni; poi venivano levigati sulla faccia a vista. La produzione iniziale prevedeva mattoni sia in tinte unite che colorate, in formato 20x20 cm (abbinate ad un listello 10x20 cm), 25x25 cm (corredabili con listelli 12,5 x 25 cm). Richiesti erano anche i mattoni dal formato 25x25 cm o15x30 cm. di colore grigio ma soprattutto rosso. Oltre ai pavimenti, la ditta in seguito realizzava anche gradini per portoni, balaustre per balconi e vasi ornamentali in cemento. Effettuava anche lavori di asfalto sui tetti dei fabbricati. Alla morte di Luigi de Lillo, Vincenzo assunse la direzione dello stabilimento e fondò nel 1894 la ditta Vincenzo De Lillo e Figli. Nel frattempo acquistò il suolo della dismessa distilleria dei Mastropasqua ampliando lo stabilimento. Vincenzo, nato nel 1851, in prime nozze sposò Valente Lucia Rosa e con lei procreò: Caterina, Vincenza, Luigi, Pasquale. In seconde nozze sposò Samela Sabina e procreò: Maria Carmela, Errico, Carmine, Maria Luisa, Lucia Rosa, Nunzia, Giuseppe e Anna, suora deceduta nel 1928. La ditta De Lillo acquistò notorietà ed ebbe un forte impulso produttivo ed economico, grazie anche all’incremento dell’edilizia privata in grande espansione sul finire dell’800: numerosi i fabbricati di civili abitazioni costruiti a destra e a sinistra di Via Roma, asse viario principale del primo Piano Regolatore, conosciuto dalla cittadinanza come quartiere Sedelle o Rione Immacolata o della Chiesa Nuova. Produceva anche i cosiddetti “pietrini per esterno”: mattoni rettangolari, così chiamati perché posizionati sui marciapiedi ancora visibili su qualche marciapiede di Corso Umberto. Ad una attenta ricerca si rintraccia anche la piastrella quadrata con la scritta “V. De Lillo e F. Molfetta”. Ma ciò che contraddistingueva i mattoni “De Lillo” erano i mattoni diversamente intarsiati e decorati con motivi floreali dai colori brillanti; molto richiesti perché quando venivano posati nella stanza formavano alla vista un tappeto persiano, con un passe-partout a tinta unita intorno. In quegli anni fu anche realizzato un catalogo a colori (una chicca, per quei tempi) dalla tipografia “Arti grafiche” di Bergamo, per l’esosa cifra di cinque mila lire. La pubblicazione metteva a disposizione della clientela una vasta scelta dei disegni e dei colori del pavimento, grazie agli stampini realizzati dagli stessi De Lillo. L’azienda negli anni ‘30 del secolo scorso dava lavoro a 65 operai. Partecipò nel 1925 alla Mostra Internazionale di Torino e fu insignita di una medaglia d’argento e, in seguito, fu iscritta nel Libro d’Oro d’Italia con l’assegnazione della medaglia d’oro. Per pubblicizzare la produzione, l’azienda si affidava ai rappresentanti che giravano per tutta la Puglia, specialmente nel Foggiano (in particolare nella cittadina di Monte S. Angelo), e lungo la Penisola, arrivarono persino nel Principato di Monaco. Con la morte di Vincenzo nel 1924, la ditta continuò l’attività sotto la direzione di Giuseppe, aiutato dai fratelli Luigi, Enrico e Carmine. Questi ultimi deceduti nel corso della II Guerra Mondiale. Giuseppe negli anni ‘60 del secolo scorso si adeguò ai nuovi gusti della clientela e incominciò la produzione di mattoni detti “tavelloni” dalle misure 40x40 cm o 50x50 cm ad effetto granito o a scaglia grossa marmorea di diverse tonalità oppure a “cubetti” (meglio noti come “Palladiana”). Il cemento lo ritirava da varie cementerie sparse nella Provincia, mentre il cemento bianco era ritirato dalla ex-Jugoslavia. Successivamente fino al termine dell’attività produttiva, tale merce di ottima qualità era fornita dall’Italcementi di Sarzana (Sp). L’approvvigionamento della ghiaia si avvaleva dei frantoi locali, mentre il marmo, dai colori più variegati, proveniva dalle cave di Lucca e Carrara. Con la morte di Giuseppe, nel 1963, a guidare la fabbrica provvidero i figli Vincenzo, Michele e Luigi. Michele preferì in seguito dedicarsi alla sua grande passione: la motonautica, aprendo anche un cantiere di rimessaggio per le barche da diporto. Completava la società il nipote Vincenzo, figlio di Enrico, fratello di Giuseppe. A mettere in difficoltà le fabbriche di mattoni molfettesi furono l’importazione e l’uso della ceramica di Faenza, Forlì, Sassuolo, ecc. iniziata negli anni ’70 del secolo scorso. La produzione artigianale dell’azienda subì un lento ma costante declino, inducendo alla chiusura, avvenuta all’inizio nel Terzo Millennio. Oggi si assiste a un fenomeno di rivalutazione di antichi pavimenti, disegnati e colorati, prodotti dai De Lillo. Recuperati ora abbelliscono pavimenti di ville e case rustiche. L’antico opificio, in parte dismesso, oggi ha una destinazione d’uso differente e di esso non rimane che il ricordo di un’attività impegnativa verso terzi che insieme ad altre attività ha contribuito alla storia industriale di Molfetta. Si ringraziano Vincenzo e Luigi De Lillo per la gentile cortesia dimostrata nel raccontare la biografia della famiglia. © Riproduzione riservata