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Il Maestro Muti fa appello all'importanza della cultura italiana e ricorda la sua Molfetta
23 marzo 2011

MOLFETTA – Ancora una volta il Maestro Riccardo Muti ricorda la sua Molfetta in occasione dell’appello sull’importanza della cultura italiana. Dopo le note del Nabucco, col “Va' pensiero” a risuonare tra i banchi dell'Aula, il maestro Riccardo Muti le “suona” alla politica. Non parla espressamente di soldi né di fondi, ma chiede agli onorevoli tutti, di avviare una nuova "primavera della cultura", per tenere alto il nome dell'Italia in tutto il mondo e non far vergognare gli artisti che, in passato, hanno fatto alto il nome del Belpaese:

"Non vorrei - ammonisce sorridendo - che ci maledicessero in eterno". Quando prende la parola, dopo circa un'ora di musica, Muti è emozionato. "Senza saperlo – esordisce - Fini ha detto alcune parole che avrei detto io" a proposito della valorizzazione di una cultura troppo spesso ignorata dalla politica negli ultimi tempi.
"E' stucchevole dire sempre le stesse cose e trovo volgare approfittare dell'occasione per una lamentela – premette - ma siccome il presidente ha parlato di cultura...".
Proseguendo, Muti prende coraggio: "Il nostro Paese è basato sulla storia della cultura, io giro il mondo e so che la nostra Italia è una terra amata per quello che ha rappresentato, rappresenta e può rappresentare nel futuro, ma solo se manteniamo la nostra identità e la nostra cultura".
Il maestro s'affida ai ricordi ("Vengo dalla Puglia, ho studiato nel liceo di Molfetta dove Gaetano Salvemini era considerato un profeta") e giura: "Io mi riconosco nell'Italia, quando giro il mondo l'Italia per me significa Verdi, Tiziano, Puccini, Antonello da Messina. Ma io - dice e il pensiero va alle polemiche leghiste delle ultime settimane - non penso che Tiziano è nato lassù e Antonello laggiù. Per me sono solo due italiani". Quello che sta a cuore a Muti è il futuro dell'Italia: "Noi rappresentiamo la voce del nostro Paese, guai - dice- se dovessi girare il mondo e avere critiche perché il nostro Paese non produce più ciò che deve, per omaggiare la nostra storia, la storia della nostra musica".
Poi, mentre dai banchi dell'Aula arrivano gli applausi, il maestro offre alla politica l'esempio della musica: "La musica ha unito sempre, in tutto il mondo. L'orchestra e il coro sono l'esempio della società. Tutti suonano parti diverse, ma tutti devono tendere all'armonia, che è il bene superiore. La musica non è un intrattenimento per passare un po' di tempo, ma dobbiamo sempre cercare di creare una armonia, tanto più ora che siamo in un mondo disarmonico. Il direttore d'orchestra – spiega - non è un dittatore, ma è colui che ha un'idea e la porta all'orchestra, che la può condividere o no, ma se la condividono tutti, allora tutti tendono al bene superiore, non solo alla propria sezione".
Un mondo armonico è un mondo migliore, osserva Muti: "Se lo insegniamo ai bambini, avremo una società migliore. E dobbiamo costruirla, di questo sono assolutamente convinto. Ciò che le parole molto spesso non possono fare, la musica fa. Noi abbiamo dato, più di qualsiasi Paese al mondo, un contributo alla musica: abbiamo inventato il teatro, le note, i più grandi strumenti musicali. Abbiamo una responsabilità, al di là di costruire una società migliore, abbiamo una responsabilità più grande verso chi ci ha preceduto: non vorrei che ci maledicessero in eterno...".
Infine, il maestro torna dove ha cominciato. Non si tratta semplicemente di tagli alla cultura, ma più amaramente dell'indifferenza che il governo mostra verso l'arte: "Non vogliamo sentirci come questuanti con la mano tesa di fronte alla chiesa per avere la possibilità una volta ogni tanto di intrattenere la gente. Oggi – incalza - è il 21 di marzo e purtroppo il mondo è in fiamme, ma è il primo giorno della primavera, chiedo una cosa e attenderò una risposta nei prossimi giorni: che questo giorno di primavera sia anche il primo giorno di un primavera della cultura".
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CULTURA, l'essenza prima di un uomo. Quell' IMPONDERABILE che si materializza nel Coraggio, nella Resilienza, nella Resistenza caratteristiche che consentono, all'animo umano, di non spezzarsi mai. E' un' ESTASI , capace di disegnare un fuggevole sorriso, segno narcisistico di chi ha ormai scelto la sua missione nella vita, e se ne compiace. Cultura non è sinonimo di tranquillità, di vita onesta, vissuta nella serenità della famiglia; no, signori cari; CULTURA è RIBELLIONE, inquietudine intellettuale e sentimentale, il desiderio mai completamente soddisfatto di conoscere e di conoscersi; di comprendere se stesso e gli altri, di intraprendere iniziative e avventure nuove. CULTURA significa essere della “contraria”!!! consente di sopportare l'idea di essere un eroe perdente, un randagio solo, un ladro di fuoco, ma anche un'anima spalancata che può diventare un porto…” Vivere di calcolo, ansia, paura? Anteporre i doveri mondani alla poesia, scrivere suppliche, farmi presentare? No, grazie. Grazie, grazie, grazie, no! Ma invece... cantare, ridere, sognare, essere indipendente, libero, guardare in faccia la gente e parlare come mi pare, mettermi - se ne ho voglia - il cappello di traverso, battermi per un sì per un no o fare un verso! Lavorare senza curarsi della gloria e della fortuna alla cronaca di un viaggio cui si pensa da tempo, magari sulla luna! Non scrivere mai nulla che non sia nato davvero dentro di te! Appagarsi soltanto dei frutti, dei fiori e delle foglie che si sono colte nel proprio giardino con le proprie stesse mani! Poi, se per caso ti arriva anche il successo, non dovere nulla a Cesare, prendere tutto il merito per te solo e, disprezzando l'edera, salire - anche senza essere né una quercia né un tiglio - salire, magari poco, ma salire da solo!”…CULTURA è anche volere che un GIOVANE, nella scorza che io forgiai con lentezza, trovi la vita!!!

Fiero e orgoglioso per quanto affermato dal Maestro Muti, sulla cultura italiana, la sua appartenenza natia culturale pugliese e molfettese. Come non condividere la richiesta e l'attesa della risposta in questo primo giorno di primavera: che questo giorno di primavera sia anche il primo giorno di una primavera della cultura; che sia anche il primo giorno di primavera di un'Italia più giusta, un'Italia dove poter lavorare onestamente senza l'obbligo di una raccomandazione; un'Italia dove le nuove generazioni possano trovare le giuste e meritevoli collocazioni sociali e lavorative, senza la costrizione di espatriare (varie testimonianze ci dicono che in altri paesi europei i nostri giovani vengono accolti con rispetto e dignità); un'Italia dove le donne tutte non vengano considerate solo per la loro bellezza fisica, ma anche per la capacità, la rettitudine, la dignità. Un'Italia dove l'arroganza e la prepotenza vengano combattute e respinte ai margini della società; un'Italia dove la prevalenza non sia il denaro, ma l'intelligenza e la capacità operativa e di rinnovo; un'Italia dove la famiglia sia il fulcro della società e su cui si debba basare il rilancio della civiltà. Un'Italia in cui si educhi alla difesa del più debole, del più sfortunato; a difesa dell'anziano solo e indifeso: anche questa è cultura. Sarei addolorato e dispiaciuto essere considerato un polemico. Non tutti siamo artisti e geni, non tutti ci riconosciamo in Verdi, Tiziano, Puccini e altri grandi nome storici. Personalmente faccio parte di quelli che vorrebbero essere considerati solo e solamente persone oneste, dignitose e meritevoli di vivere una vita serena, con una propria famiglia, combattendo tutte le controversie e le difficoltà della vita.


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