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Il giudice di Molfetta De Benedictis, in carcere a Lecce, nega che tutte le armi trovate ad Andria fossero di sua proprietà
Il giudice De Benedictis
19 maggio 2021

 

MOLFETTA – Il giudice Giuseppe De Benedictis di Molfetta continua a rispondere alle domande degli inquirenti del tribunale di Lecce che stanno indagando sulla presunta corruzione in atti giudiziari (secondo l’accusa avrebbe ricevuto denaro in cambio di provvedimenti favorevoli agli assistiti dall’avv. Giancarlo Chiariello, oggi anch’egli detenuto) e sulla detenzione di armi.

L’ex Gip ha sostenuto di non avere più armi illegali (quelle che gli furono trovate in possesso nel 2010: accusato di detenzione illegale di armi fu condannato in Appello e poi assolto in Cassazione) e di averle buttate in mare davanti al porto di Molfetta.

"Quelle che detenevo illegalmente erano armi della Prima guerra mondiale, di proprietà di mio zio che era ufficiale di Marina – avrebbe fatto mettere a verbale - ma me ne sono liberato a Natale 2010. Con una barca a remi partii dal porticciolo di Molfetta, portando un borsone pieno di quelle armi e lo buttai in mare. Feci tutto da solo".

De Benedictis e il caporal maggiore dell'Esercito Antonio Serafini (anche lui in carcere) è anche accusato di traffico e detenzione di armi ed esplosivi, anche da guerra, e relativo munizionamento e di ricettazione, insieme al proprietario della masseria, l'imprenditore agricolo andriese Antonio Tannoia, arrestato il 29 aprile.

L’ex gip del Tribunale di Bari avrebbe confessato di essere il possessore solo di alcune delle armi, anche da guerra, sequestrate il 29 aprile scorso in una masseria ad Andria, nel Nord Barese. Dinanzi alla gip di Lecce Giulia Proto l’ex giudice, che è detenuto in carcere a Lecce anche per presunto traffico di armi e per le presunte tangenti, per le quali avrebbe in parte già ammesso i reati contestati.
Per quanto riguarda le armi il giudice molfettese avrebbe ammesso la proprietà solo di alcune armi trovate nella masseria di Andria: “Sono un collezionista con una passione malata per le armi” avrebbe detto, ma ha negato rapporti con la criminalità organizzata e sia di avere le chiavi della masseria dove è stato trovato l’arsenale.

La masseria è di proprietà dell'imprenditore agricolo Antonio Tannoia (in carcere a Trani dal giorno del sequestro) e De Benedictis ha negato di avere la disponibilità della dependance dove era stata ricavata una botola per custodire l'arsenale. Nell'interrogatorio di garanzia nel carcere di Lecce, assistito dagli avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone, l'ex gip di Bari ha parlato per circa tre quarti d'ora, spiegando, elenco alla mano, quali delle armi rinvenute erano sue e quali no.
In particolare ha contestato che fossero di sua proprietà le armi con matricola abrasa, mentre ha ammesso che, pur consapevole della loro detenzione illegale, erano sue quelle storiche risalenti alle grandi guerre. Ha anche confermato che le armi erano custodite in quella botola da circa tre anni.
De Benedictis avrebbe anche spiegato ai magistrati che non andava nella masseria e non era a conoscenza del fatto che lì ci fossero altre armi. Avrebbe anche affermato di non avere rapporti con la criminalità, in quanto lui le armi - avrebbe spiegato alla gip che lo interrogava - le acquistava attraverso intermediari senza contatti diretti con i trafficanti.

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