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Il Duomo romanico, un tesoro rinato che Molfetta deve riscoprire Ma nessuno provvede a pulire la sporcizia all'esterno del monumento
15 aprile 2004

“Testimonianza materiale avente valore di civiltà”: nulla più della definizione di bene culturale riassume meglio il senso della presenza del Duomo di Molfetta sul nostro territorio. Una struttura che travalica i confini di fede ed arte, per divenire spettatore e protagonista di passato, presente e futuro. La storia della città che si lega a doppio filo con quella del suo monumento simbolo, e, allo stesso tempo, l'orgoglio di ospitare un capolavoro di simili proporzioni, messo a disposizione del mondo, senza sentirsi “scelti”, ma fortunati ad avere avuto antenati tanto virtuosi. E' stato restituito alla città questo fiore all'occhiello dell'architettura italiana medievale, dopo due anni e mezzo di restauro. Il Duomo è finalmente in condizioni adeguate alla sua dignità, e in tempi relativamente brevi, se pensiamo che la prima richiesta del sen. Azzollini risale al 1999, e il sì dell'allora ministro Melandri è del 2000. I lavori sono cominciati dopo il Natale del 2001 e sono terminati da qualche settimana. La lunga attesa è terminata domenica 28 marzo, quando si è tenuta l'attesa cerimonia d'inaugurazione. Più che sulla solita parata di autorità, i riflettori erano sulla nostra chiesa di San Corrado, con la curiosità di scoprire gli effetti benefici di questo profondo lifting. L'illuminazione, sobria ma molto precisa, conferisce eleganza e visibilità dei particolari; la leggibilità è ottima, e la scelta di non eliminare le patine molto appropriata. La patina è il segno del “tempo pittore”, l'artista ignoto che scurisce il bianco della pietra donando, perché no, anche un pizzico di fascino. Quello delle patine è stato, ed è ancora, uno dei problemi più dibattuti nel campo del restauro, pittorico e architettonico. Noi siamo per la non rimozione, che permette di leggere il monumento col suo bagaglio storico. Eliminare le patine è cancellare secoli di storia, del monumento e del territorio. Gli infissi bronzei sono di una discrezione esemplare, e permettono, tra l'altro, ottime possibilità di conservazione. Durante la cerimonia, in un Duomo gremito, l'architetto Teseo, in rappresentanza della Sovrintendenza, e l'ing. Balacco, coordinatore dell'equipe che si è occupata dei restauri, hanno descritto la tipologia e la filosofia di intervento, di cui ci siamo ampiamente occupati nel numero di marzo di “Quindici”, come sempre in anteprima assoluta e con foto in esclusiva, anche delle antiche tombe ora ricoperte e non visibili. L'architetto Teseo ha ricordato la distinzione tra il restauro critico, a difesa del dato figurale ed artistico, e la conservazione integrale, un criterio di ordine documentario. In interventi di restauro, sono da condannare tutte quelle valutazioni di ordine economico, che vorrebbero considerare il bene culturale un vero e proprio business. Intervenire su architetture non è lavorare su opere edilizie qualsiasi, ed il primo criterio è la reversibilità del restauro, non il riuso. L' ingegner Michele Balacco ha sottolineato come il Duomo di Molfetta si discosti dai criteri costruttivi tradizionali del Romanico italiano, come suggerisce l'antologia di forme e misure presenti nella struttura. Poi l'eccezionalità della totale costruzione in pietra, dalle cupole alle pareti, dal pavimento alle sculture. A proposito delle cupole, la nostra chiesa è totalmente coperta con questo sistema; le due torri, e si passi l'espressione tolkieniana, sono un vero e proprio unicum, perché sono coeve alla struttura. Il restauro si è reso necessario per evitare che i problemi di statica peggiorassero, a causa degli sciagurati interventi del secolo scorso. L'azione dinamica dei venti, quella chimica dei sali marini, le sostanze antropiche presenti nell'atmosfera, avevano danneggiato i materiali lapidei. La pulitura e l'assestamento hanno interessato una superficie di circa 10000 mq2. Numerose le autorità presenti, tra le quali il vescovo mons. Luigi Martella, che ha ricordato come “da circa otto secoli, il nostro stupendo duomo, deicato al patrono S. Corrado, attraversa la storia molfettese e accompagna maestoso, lo scorrere del tempo”; il governatore Fitto; il presidente della Provincia Marcello Vernola; il sindaco Tommaso Minervini; il sen. Antonio Azzollini e l'on. Francesco Amoruso. In rappresentanza del governo centrale, il sottos. Vegas. Molfetta dispone nuovamente di questo capolavoro, ora sarà impegno dei cittadini creare le condizioni migliori per la fruizione ed evitare gli episodi, anche vandalici, verificatisi nella zona. A questo proposito, il parroco don Ignazio Pansini, che ci ha gentilmente messo a disposizione il materiale fotografico riguardante la struttura durante l'intervento di restauro, auspica il pieno recupero dell'ambiente circostante, e per restituire memoria storica al territorio, e per valorizzare maggiormente il Duomo. “Il Duomo Vecchio di Molfetta – ha detto don Ignazio - , forse conosciuto, di certo amato e rispettato più dagli stranieri che dai residenti (che lo utilizzano più come vespasiano e pubblica discarica), sembra ormai solo il retaggio di un passato di gloria culturale, civile e religiosa. Eppure così non dovrebbe essere. Così non dobbiamo permettere che sia. Per noi stessi. Per il nostro futuro. Perché il futuro è nelle radici. Fulcro della città antica, simbolo della fede e sintesi della identità di una città che nella magnificenza del suo monumento si rispecchiava ed attraverso la cui ardita bellezza si rappresentava, l'edificio nel quale ci troviamo può rappresentare ancor'oggi, per la città, insostituibile fonte storica e antropologica per la riappropriazione della sua memoria, per la riscoperta della sua identità di popolo. È, quindi, il necessario riferimento al fine di acquisire la consapevolezza della possibilità di crescita civile che il passato continua ad offrire. Di ciò tutti dovremmo esserne più consapevoli. E per questo, è per l'interesse di ciascuno e di tutti, che la città (e in essa e per essa quanti sono chiamati ad amministrarla) è chiamata a tutelare e pro muovere quanto oggi, terminati i lavori di consolidamento e restauro, ci viene riconsegnato. Ciascuno consapevole della sua responsabilità verso la qualità del futuro. Come una gemma preziosa, per essere colta nella bellezza che la rende unica e apprezzata per il suo valore, non può essere incastonata su un metallo di rozza fattura, così è necessario che, accanto alla ritrovata purezza architettonica dell'edificio, ci sia l'impegno concreto perché l'ambiente circostante sia adeguatamente recuperato ed esaltato, pena l'immiserimento culturale della città e, con esso, l'imbarbarimento dei rapporti (cosa, purtroppo, ancora frequente... almeno agli occhi di chi il quartiere lo vive). La bellezza esige pulizia e insieme, bellezza e decoro, favoriscono la bontà”. Ma per fare questo, occorre imporre rispetto per il monumento e per il luogo sacro, garantendone anche la pulizia costante (cosa che non avviene, come dimostrano le foto di bottiglie e rifiuti abbandonati, di escrementi e rifiuti organici). Obiettivo finale, dunque, è quello di riqualificare il centro storico, con la sua opera più rappresentativa. Non lo sia solo per gli stranieri. Michele Bruno
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