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Il Duomo dimenticato: microcriminalità e degrado Il parroco denuncia: dopo il restauro l'amministrazione comunale si è disinteressata del quartiere
15 novembre 2004

Sette mesi. Un fiume di parole e speranze prosciugate in sette mesi. Questo il periodo trascorso dalla restituzione del Duomo al suo ruvido e bianco splendore. Nell'occasione fra gli sguardi ammirati e i discorsi di circostanza sembrava davvero che ci fossero tutte le premesse perché la "Chiesa vecchia" fosse posta al centro di un progetto di valorizzazione turistica della città e umana del centro storico. Invece un'altra occasione è stata persa. Lo stato degli spazi che circondano la Chiesa è degradato e c'è da aggiungere che si sono registrati episodi di microcriminalità. Così dalla base, i cittadini si sono attivati e sono tornati a far presente al sindaco e agli amministratori la situazione con l'unico strumento di partecipazione democratica diretta il loro possesso: una proposta di iniziativa popolare firmata da oltre 2.500 cittadini. La risposta del palazzo? Totale silenzio! Non è stata giudicata rilevante la richiesta di 2.500 cittadini? Quali i motivi di questa inadempienza? Vogliamo, quindi, rilanciare questo problema magari sollecitando delle risposte, analizzando nei dettagli la richiesta dei cittadini ma anche allargando lo sguardo alla situazione e ai bisogni di tutto il centro storico. Per farlo abbiamo incontrato don Ignazio Pansini, un uomo al servizio della Chiesa, in una parrocchia al servizio del quartiere più antico e più bello della città. Sul bollettino diocesano ho letto il testo di una proposta firmata da 2500 cittadini per il recupero dell'area adiacente al Duomo e per l'intitolazione a don Tonino Bello di quello spazio al lato della chiesa che si affaccia sul mare. Come è nata questa petizione? Cosa intende ottenere? E soprattutto quali esiti ha avuto? «Il testo che “Luce e Vita” ha riportato risponde ad un duplice interesse reale, da tutti sempre affermato ed in verità non sempre (ed è chiaro che il “non sempre” è un eufemismo) da tutti coerentemente sostenuto. Da più parti sembra esserci interesse a far emergere l'immagine del Duomo: chi sui manifesti, chi nel logo della propria associazione, chi sulle etichette, chi solo con le parole. Il Duomo nel frattempo rimane com'era. E quando parlo del Duomo non intendo solo l'interno della struttura recuperata staticamente e neppure le sole parti murarie che la compongono. Tuttavia è là che giunge il turista. Ed è con l'immagine che coglie in quel luogo ed in quel momento che il turista va via ed è quell'immagine che il visitatore trasmetterà ad altri. Non ci siamo ancora resi conto che il più bello e credibile bigliettino da visita della città è il turista che riparte. Ed in verità quella che si presenta al turista ed al molfettese è una immagine non bella. È, tra l'altro, un'immagine non vera, perché Molfetta non è ciò che appare intorno al Duomo. Molfetta è bella ed è giusto che il cittadino si vanti della sua città ed esiga il riconoscimento di tale bellezza. Ed è quindi l'esigenza di rispettare il molfettese di domani ed il turista che mi ha spinto, assieme ad altri 2.443 adulti, ovvero elettori, non tutti di sinistra e non tutti di destra, a chiedere che l'Amministrazione comunale finalmente si faccia carico del problema, per quanto è di sua competenza: il recupero di un'aera che non sbaglio nel definire la più bella di Molfetta. E, visto che tra le presenze più belle e più ricordate di Molfetta c'è quella di don Tonino Bello (che il Duomo lo amava e questo territorio lo frequentava) si è ritenuto di proporre che, recuperata l'area finora senza denominazione adiacente al Duomo, la si intitoli a don Tonino Bello. Perché è frequentata da tutti ed è bene che tutti ravvivino sempre il ricordo di quel vescovo che tanto ha fatto per il nome della Città. Perché è rivolta verso Oriente, terra martoriata da conflitti e povertà, e tutti sappiamo la passione per la pace e la lotta contro la povertà che quel Vescovo ha espresso. Ora permettimi di correggerti: i sottoscrittori della petizione non sono 2.443, ma 2.596, perché a quelle firme già presentate se ne sono aggiunte altre di persone che a seguito della pubblicazione della petizione hanno voluto esprimere la loro partecipazione. Circa l'esito che tale petizione ha avuto posso dire che sono amareggiato (ed anche questo è un eufemismo). Sì, perché, nonostante la petizione faccia esplicito riferimento ad un articolo dello Statuto Comunale che prevede l'impegno di una risposta entro trenta giorni, ad oggi (e sono trascorsi 50 giorni) nessun cenno è pervenuto dagli Organismi competenti ed interessati. All'amarezza, quindi, si aggiunge il dispiacere nel constatare che 2500 persone non sono state ritenute degne di una minima seppure formale considerazione. Mi dispiace davvero. Eppure ero convinto che quello espresso nella petizione fosse interesse pure degli stessi Amministratori, sui quali sarebbe pure ricaduto il merito del recupero di quell'area». Sebbene la struttura del Duomo sia stata recentemente rimessa a nuovo, lo spettacolo che si presenta a chi voglia avvicinarsi effettivamente non è confortante. Gli ingressi sono ricettacolo di polvere e rifiuti di ogni tipo, la banchina è luogo di sosta selvaggia, sul lato mare sono ben visibili escrementi umani e la pavimentazione è costellata da vetri rotti, segno di scassi avvenuti a danno delle auto in sosta. Ci sono problemi di ordine pubblico o disagio sociale alla base di questa situazione di degrado? «Purtroppo la particolare posizione della struttura fa sì che il vento spinga verso gli ingressi polvere (visto il cantiere per la barriera frangiflutti e l'assenza di pavimentazione sul lato nord del Duomo) e carte che il viandante e l'avventore si ostina a buttare a terra. Ma dove dovrebbe depositarle se nell'area mancano cestini portarifiuti? Se poi la zona presenta molti angoli bui ed abbandonati, e il Bagno pubblico è aperto secondo gli orari degli esercizi pubblici, come si può pretendere che il pomeriggio presto, il primo mattino o la sera tardi giovani ed anziani non usino quel luogo per i loro bisogni fisici? Per quanto riguarda la presenza di segni di scassi ad autovetture (episodi forse neppure mai denunciati, e non sarebbe inopportuno chiedersi il perché), nonché i segni di incendi di cassonetti e, quando capita, di altro e di auto, insomma, per quanto riguarda le espressioni di devianza e di microcriminalità stupida (perché è operata da stupidi, da persone che non sanno neppure utilizzare azioni delinquenziali per arricchirsi, rimanendo perennemente dei senza speranza), non credo che si tratti di un problema che può essere risolto solo con l'intervento delle forze incaricate all'ordine pubblico. È vero anche che non sarebbe inutile una più assidua e visibile presenza degli operatori delle varie Forze dell'Ordine, disponibili anche a passeggiare ed incontrare la gente, per evitare di essere associati solo alla funzione di repressione. Ma prima e più efficacemente di altri, ogni cittadino può fare molto con la sua presenza attiva, avvertendo come proprio il territorio, considerando come propri gli interessi degli altri e delle cose degli altri. Anche non tacendo. E tuttavia ritengo che ciò non basti ancora. Perché è chiaro che nessuno basta da solo. Occorre un forte collegamento tra quanti operano nell'ambito sociale e nei diversi settori della società». Chiariamo meglio questo concetto e vediamo in che modo poter cambiare. «Occorre mettere al centro il minore, ma non isolandolo dalla sua famiglia, altrimenti si continuerà inefficacemente ad agire sugli effetti lasciando intatte le cause di un disagio. Bisogna che si intuiscano nuove e più efficaci politiche di sostegno del minore e, insieme, della sua famiglia. È necessaria una razionalizzazione ed un coordinamento dei vari interventi educativi, amministrativi e sociosanitari nei riguardi del minori e dei giovani. Partendo dallo studio dell'ambiente e dei bisogni, dalle domande espresse ed inespresse, oltre che delle potenzialità presenti. Ci sarebbe da chiedersi: cosa potrebbero fare dei ragazzi che intorno a loro non hanno altri modelli se non quelli delinquenziali che comunque, in una società in cui prevale l'immagine indipendentemente da come, assurgono all'onore della cronaca (nera o rosa non interessa); che non vedono riservati per loro spazi opportuni per giocare; che se vanno a scuola vengono inseriti in classi predeterminatamente create per la loro tipologia socioeconomica; che se non adempiono l'obbligo scolastico (se in questo non sono aiutati dalle stesse Istituzioni) nessuno affronta il perché e il come superare il problema; che verificano sulla loro pelle che gli spazi loro offerti dalle Istituzioni (leggasi ludoteca) non sono idonei per sicurezza, per ampiezza e per decoro alle loro giuste esigenze; che se hanno fatto esperienza di carcere, al rientro nel territorio non trovano una occupazione lavorativa che dia senso alla loro esistenza? Sono problemi di ordine pubblico? Ritengo di no. Sono problemi che la Città dovrebbe porsi e affrontare in maniera diversa e creativa. Ci sarebbe ancora tanto da chiedersi. Chi aiuta quelle famiglie che risultano essere le fucine dei disagi? Si è mai pensato (ed operato) al fine di intendere e distinguere un Consultorio familiare sanitario da un Consultorio familiare socioeducativo con specifici e differenti operatori? Sono in grado i Servizi Sociali, così come strutturati, di sostenere le famiglie anziché intervenire, quando occorre, a tutela del solo minore? Il discorso, come vedi, ci porterebbe lontano. Ma forse un giorno bisognerà trattarlo». Di cosa ha bisogno questa zona per essere realmente riqualificata, e quindi vivibile per i residenti e ospitale per i turisti e gli amanti di questo monumento? «Paradossalmente non ci vuole molto e le prime indicazioni ci sono. Faccio un esempio: via Termiti, ovvero la via delle botteghe di giovani artisti e artigiani ai quali il Comune ha affidato alcuni locali per l'esercizio delle loro attività creative. Quella via è adeguatamente illuminata. Quella stradina è adornata di fioriere. Ed è frequentata. Ma solo quella strada. Ed in quella strada, forse solo in quella, non c'è stato alcun atto di vandalismo. Che il bello renda anche più buoni? Questa ipotesi l'avevo già avanzata il giorno dell'inaugurazione del Duomo, e ha trovato riscontro. Dalla domanda emerge il problema del turismo a Molfetta. Anche su questo penso occorra essere chiari. Perché viene il turista a Molfetta? È ovvio che la meta principale, se non unica, è il Duomo. Eppure nulla e nessuno accoglie il turista intorno al Duomo. Non un posto sereno, visto che bisogna scansarsi dalle pallonate e scansare le auto selvaggiamente posizionate in sosta. Non una indicazione turistica. Strano, eppure pannelli predisposti per i turisti, pannelli esplicativi e illustrativi della città, ci sono. Ma all'ingresso di Piazza Municipio e in Piazza Mazzini. Ma è lì che arriva il turista? Neppure presso la Madonna dei Martiri, riferimento per il turismo religioso, sono presenti elementi che illustrano le ricchezze culturali della città. Ed è proprio impensabile all'offerta di un itinerario turistico che faccia gustare gli elementi medioevali, che indichi la presenza del Barocco, che spinga alla scoperta di quel contenitore storico che è Pulo, che invogli, con opportune e pubblicizzate convenzioni, a gustare piatti di tradizione culinaria locale o a visitare gli oleifici di questa terra? Quanti vantano ed esaltano il commercio non ritengono che il turismo ben possa diventare un buon investimento culturale ed economico per la città? Non penso sia logico ritenere che debba essere la parrocchia S. Corrado (con entrate economiche che non bastano a sostenere i numerosi bisogni della particolare comunità e ancor meno a pagare la normale gestione del fabbricato) a dover sorreggere il peso del turismo. Perché per una disponibilità turistica accogliente occorre anche adeguata pulizia ed illuminazione dell'ambiente visitato. E non sembra che le Chiese, che quelle a forte interesse turistico, fruiscano di particolari benefici». Nel centro storico è in corso una lenta trasformazione urbanistica. Al recupero delle strutture coincide anche un graduale ricambio del tessuto sociale. Adesso la situazione del quartiere è sinteticamente questa: molti nuovi abitanti da una parte e inquilini “storici” dall'altra. Come convivono queste due anime e come vivono il rapporto con la città antica? «Questa differente composizione del tessuto umano presente nel territorio è evidente, anzi è più evidente che in ogni altro quartiere, dal momento che qui, per differenti e ben comprensibili motivi, vengono esasperate tutte le dinamiche presenti ovunque. La Città vecchia, infatti, se ben intesa, può essere colta come laboratorio nel quale costruire la città che si vorrebbe. Intanto io non distinguerei i residenti tra nuovi arrivati e inquilini storici. La distinzione non è tra nuovi e vecchi, ma tra chi vive la casa propria come isola e chi vive la pubblica strada come privata proprietà; tra chi vive nel quartiere come fuga dal mondo e chi come tana in cui rifugiarsi; tra chi riconosce nell'altro un amico e compagno di strada e chi lo intende come concorrente e avversario. Non c'è frattura tra le diverse componenti sociali economiche e culturali. C'è solo indifferenza. Il che è peggio. Molti dei nuovi residenti non hanno “sposato” il Centro Storico come tessuto vitale, ma solo come ambiente architettonico di riferimento. Molti forse non hanno mai attraversato tutte le stradine di questa penisola, ma conoscono solo quelle che dalla loro casa conducono su Piazza Municipio. Chi pensava di rifugiarsi nell'Isola di S. Andrea vive in solitudine dietro la porta blindata del proprio appartamento, e tuttavia uscendo è costretto a scontrarsi con la presenza dell'altro, interessato verso quanto quella stessa porta blindata custodisce. E questo non tutti lo gradiscono. D'altra parte è anche vero che taluni vivono così bene il territorio, da ritenersi proprietari unici e intendendo i passanti come usurpatori di spazi e di diritti. Se poi quelli che vivono per strada non sempre esprimono il meglio di sé, allora diventa comprensibile perché gli spazi pubblici e la stessa parrocchia sono frequentati prevalentemente dai ragazzi più disagiati e ribelli, con i quali non contaminarsi Non mancano, comunque, segnali che offrono motivi di speranza. Non mancano nuovi residenti che, decodificando e comprendendo le varie forme di linguaggio, stanno dando nuova immagine e vivibilità al quartiere che, forse non l'ho ancora detto, è, nonostante tutto, certamente il più bello ed il più vivibile della Città». Michele de Sanctis jr.
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