Il dolore del piccolo Vlad, non fiori, ma cibo sulla tomba della mamma
Il dramma della guerra in una foto simbolo della tragedia del popolo ucraino
La foto che abbiamo scelto come simbolo della guerra in Ucraina, non è quella dei morti, delle case distrutte, della gente in fuga, dei carri armati russi che schiacciano i cadaveri o dei forni crematori mobili per far sparire ogni traccia, peggio dei nazisti. Ma è quella di un bimbo solo con lo sguardo disperato e senza futuro di chi è stato costretto a diventare adulto prima del tempo, di chi ha perduto tutto, perché a Vlad, questo il suo nome, di appena 6 anni, la guerra ha tolto la madre Ira, morta a Bucha per la fame, magari per nutrirlo e salvarlo. Lo ha protetto fino all’ultimo respiro, questo bimbo consegnato a un destino ignoto e senza amore, un bimbo che forse non sarà capace di odiare, ma è capace di soffrire e di diventare adulto, suo malgrado, prima del tempo. A Vlad hanno tolto anche il presente, deve ricominciare da zero in una solitudine inconsolabile di chi ha conosciuto l’amore della mamma, ma l’ha perduto senza motivo per una guerra assurda che non guarda in faccia a nessuno, senza umanità, senza pietà. Vlad si porta dentro gli occhi della sua mamma, ha raccolto le sue ultime parole che non conosciamo, ma possiamo immaginare e forse la speranza di riportarla in vita con quel cibo che chissà come si sarà procurato in un disperato gesto di amore. Putin, come Erode, uccide anche i bambini nella sua cieca voglia di potere e di vittoria, ma lo sguardo disperato ma dignitoso di questo bambino lo condanna per l’eternità. Pubblichiamo due brani presi dagli articoli di Angela Napoletano sull’Avvenire e di Tiziana Ferrario su “La voce di New York” che ci fanno riflettere sull’assurdità della guerra che il nostro vescovo venerabile don Tonino Bello ha sempre condannato in ogni sua forma, perché la guerra non ha mai una ragione né una giustificazione. &&& Il piccolo Vlad ha visto la madre stroncata dalla fame a Bucha e ogni giorno si reca sulla tomba portandole barattoli di alimenti La foto del bambino che ha depositato non fiori ma barattoli di cibo sulla tomba della mamma morta di fame, alla periferia di Kiev, è un concentrato di dolore e tenerezza. Protagonista dello scatto, firmato da Ap, è Vlad Tanyuk, 6 anni, immortalato sul ciglio del cumulo di terra fangosa che fa da sepoltura alla madre, Ira, vittima degli stenti causati dalla guerra. La posa è quella di un adulto indolente: mani in tasca, testa alta. Lo sguardo lanciato oltre il cappuccio verde in cui pare voglia sprofondare trasuda il tormento di chi trattiene a malapena lacrime disperate. Le due lattine di cibo appena adagiate sulla tomba, scavata nel giardino sul retro della sua casa e circoscritta da un cordone di mattoni rossi forati, giacciono sotto una croce esile, assemblata alla buona con due pezzi di legno, avvolta in una sciarpa. Sulla terra bagnata svetta anche bricco di succo d’arancia. La foto fa parte della galleria di immagini che ha svelato al mondo l’orrore di Bucha, il distretto alle porte di Kiev dove sono state trovate caterve di copri senza vita abbandonati sul ciglio delle strade. Più di 300 civili che secondo le autorità ucraine sono stati torturati e uccisi dai «macellai» russi. Mosca continua a negare ogni responsabilità accusando Kiev di aver «messo in scena» la mattanza dopo il ritiro dell’esercito russo da Bucha del 30 marzo. La verifica delle immagini satellitari, sottolinea la Bbc, conferma che i cadaveri giacevano nelle vie della cittadina dal 19 marzo. A uccidere la mamma del piccolo Vlad non sono state le bombe ma gli stenti causati dalla mancanza di acqua e soprattutto cibo, infima conseguenza della guerra conto Mosca che riporta alla memoria l’incubo dell’Holodomor, lo «sterminio per fame» provocato in Ucraina negli anni ’30 dalle politiche di Stalin. Angela Napoletano Vlad Tanyuk 6 anni porta cibo sulla tomba della mamma morta di fame a Bucha. Si intravedono una scatola di succo d’arancia e dei barattoli. Quello che è riuscito a trovare per confortare la mamma che non c’è più e che lui immagina di poter aiutare. Non servono fiori pensa Vlad, che sarebbero peraltro impossibili da trovare nel mattatoio di Bucha. Alla mamma che ha visto morire di stenti serve cibo per riprendersi. Gli orrori della guerra non saranno mai cancellati dall’anima di questo bambino e dei suoi coetanei ucraini che stanno vedendo e vivendo quello che un bambino non dovrebbe mai sopportare. Le mani in tasca, il cappuccio alzato trasmette una sensazione di desolazione e disperazione. Un altro pezzo degli orrori che stanno emergendo da Bucha esempio di dove possa arrivare la violenza dell’uomo, quando la parola passa alle armi e alla propaganda dell’odio. Ma qual è il limite se c’è un limite? Sino a quale apice può arrivare tale violenza? Sino a quando il raccapriccio per quello che vediamo non sarà sostituito dell’abitudine e dall’assuefazione? Tiziana Ferrario