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Il depuratore bomba ecologica succhiasoldi, altro spreco di denaro pubblico dell'ex sindaco Azzollini Interviene la Procura Le eredità negative del centro-destra
15 settembre 2013

Da troppo tempo la gestione del trattamento acque reflue del depuratore di Molfetta è assolutamente critica e instabile e mette a rischio l’incolumità di un’intera città. Una questione spinosa, una pesante eredità negativa del centrodestra dell’ex sindaco Antonio Azzollini, che va avanti da molti anni e che ad oggi non pare potersi risolvere in tempi celeri. Infatti in sostanza più della metà dei depuratori gestiti dall’Acquedotto Pugliese rischiano di non essere conformi con la legge. È quanto emerge da analisi poste recentemente da un “Report di Legambiente” che mette in evidenza le pesanti conseguenze del problema in termini di impatto ambientale e penale per aver infranto le procedure. Già dall’aprile 2012 si erano riscontrate alcune anomalie non solo sui lavori eseguiti, ma soprattutto sull’ingente quantità di risorse pubbliche investite (e soprattutto sprecate) nei lavori di potenziamento. A conferma di ciò è da ricordare il blitz della Guardia di Finanza di Barletta e della capitaneria di Porto di Bari, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani. Infatti, l’impianto doveva essere potenziato con dei finanziamenti regionali nel 2005: circa 3,4 milioni di euro ottenuti dal Comune di Molfetta e girati all’ATI (consorzio d’imprese che si occupava della gestione dei lavori alla struttura). I lavori si sono protratti fino al 2007 con una serie di proroghe all’ATI: una successiva ispezione della Regione e dell’Acquedotto Pugliese ha, però, confermato che quei lavori non solo non erano stati eseguiti nel modo corretto, ma quanto realizzato non era stato nemmeno collaudato. Per questo motivo, il presidente dell’emergenza rifiuti Nichi Vendola era stato invitato a emettere un decreto di rescissione del contratto per gli inadempimenti dell’ATI, che a sua volta aveva fatto causa al Comune di Molfetta. Da quel momento in poi a condurre i giochi c’era l’ormai ex sindaco Azzollini, che firmava una transazione da ben 750mila euro con l’ATI (il consorzio d’imprese recepiva già 84mila euro a semestre sin dal 2005). Uno spreco inammissibile di soldi pubblici, soprattutto se al risarcimento non era seguita una naturale e necessaria verifica sullo svolgimento dei lavori e su quelli già effettuati. La “bomba ecologica” è stato negli ultimi 8 anni una “macchina succhia soldi pubblici”. Non è assolutamente deleterio chiamarla così visto che il Comune di Molfetta ha versato nei mesi scorsi nelle casse dell’ATI ben 330mila euro, che si aggiungono alla transazione da 750mila euro e ai finanziamenti pubblici. Uno sperpero poco inferiore ai 9 milioni di euro. Di recente su 30 campionamenti effettuati dai biologi marini di Goletta Verde, 17 sono risultati fuorilegge. Un dato senza dubbio allarmante. Dei 17 siti risultati fuorilegge, ben 14 sono stati giudicati “fortemente inquinati”, ciò a causa di scarichi non adeguatamente depurati dove sono state trovate tracce di escherichia coli ed altri enterococchi, passibili di mettere seriamente a rischio la salute umana. In molti adesso si chiedono: è per tale motivo che il depuratore di Molfetta è stato posto nuovamente sottosequestro? Proprio quando la questione sembrava incamminarsi sui binari giusti in un batter di ciglio le dichiarazioni del sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio, che nella conferenza stampa in cui presentava i lavori di manutenzione straordinaria urgente realizzati dall’Acquedotto Pugliese sono cadute. Quale mistero si nasconde dietro la “bomba ecologica” così chiamata nel primo Consiglio Comunale dalla neo sindaca di Molfetta? La forte crisi in cui versa il settore della depurazione in Puglia, essenzialmente è legata al fatto che gli stessi impianti di depurazione sono risultati, spesso e volentieri, fuori norma o addirittura assenti. Alla mancanza di impianti di depurazione, soprattutto da parte dei Comuni dell’entroterra, si aggiunge anche il carico inquinante dei reflui non adeguatamente trattati dagli impianti in attività. I dati forniti dal Servizio di tutela delle acque della Regione, mettono in evidenza come il servizio di depurazione pugliese, attualmente, copre il 77% del fabbisogno totale. Vale a dire che poco meno di un milione di cittadini pugliesi scarica i propri reflui senza che questi vengano depurati. Sta di fatto che il Comune di Molfetta rischia e non poco. Infatti tra i reati contestati dalla Procura di Trani per il sequestro preventivo dell’impianto di depurazione di Molfetta, eseguito dai militari del Nucleo di Polizia Giudiziaria della Capitaneria di Porto - Guardia Costiera di Bari in esecuzione di un decreto emesso dal GIP presso il Tribunale di Trani, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica, Antonio Savasta ci sono: 1) gravi illeciti ambientali quali il danneggiamento aggravato delle acque pubbliche, il getto pericoloso di cose, il deturpamento di bellezze naturali, il superamento dei valori tabellari nello scarico in acque superficiali, il deposito e trattamento – in assenza di autorizzazione - dei fanghi prodotti dall’impianto di depurazione, l’impiego dei predetti fanghi (privi dei requisiti di legge) direttamente su suolo agricolo, l’emissione in atmosfera – in assenza di autorizzazione – di gas prodotti dall’impianto di depurazione; 2) reati contro la pubblica amministrazione, ovvero l’interruzione di un servizio di pubblica necessità, la frode nelle pubbliche forniture e la turbata libertà degli incanti; c) violazioni delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omissione di cautele contro gli infortuni). L’unica cosa certa ad oggi è che la questione sui depuratori mal funzionanti approderà in Parlamento visto che c’è ancora troppa “mala depurazione” in Italia: è questa la conclusione del viaggio compiuto da Goletta Verde di Legambiente che per due mesi ha circumnavigato lo Stivale, compiendo 34 tappe.aco Azzollini Interviene la Procura

Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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