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Il Confine magico di Michele Zaza
15 marzo 2012

La galleria “54 Arte Contemporanea” , «spazio creativo dell’Associazione “Bottega 54”», istituito per volontà della famiglia Vitulano, ospiterà sino alla data dell’8 aprile un’interessante personale dell’artista molfettese Michele Zaza (1948). Zaza, diplomato in Scultura all’Accademia di Brera nel 1971, può vantare la partecipazione a numerosi allestimenti (collettivi o personali) a livello internazionale. Da Milano alla Biennale di Venezia, da Zurigo a New York, il suo itinerario creativo armonizza scultura e fotografia, sfruttandone pienamente le potenzialità di “creazione della realtà”. La recente personale molfettese, Confine magico, con art director Franco Valente, “comprende una serie di collages inediti e una installazione con immagini fotografiche e sculture in legno”. Il collage diviene, in particolar modo, strumento di demistificazione dei luoghi comuni legati alla percezione della realtà, per favorire il compimento, da parte dell’artista e dell’osservatore, di un poetico e metafisico viaggio al di là dei confini che la materia ci impone. Ecco, dunque, che il concetto di limes in quanto “limite” è superato: nelle creazioni, realizzate prevalentemente in tecnica mista su cartone, assistiamo allo schiudersi di un mondo segreto, che potrà essere evocato esclusivamente grazie a uno ‘sguardo altro’ sulla realtà sensibile. L’arte diviene quasi una sorta di rituale, che, attraverso la riproposizione di forme archetipiche plastiche identificabili per intuizione e la ripetizione di un limitato numero di stilemi e oggetti identificabili (cuscini, fogli, forse lame), aiuta a elevarsi di là dal phainomenon e a cogliere l’inesprimibile. Quest’aura magica è accentuata dall’opera di ridefinizione cromatica del viso e delle mani dei modelli delle fotografie: campiture blu tramutano il volto in maschera totemica; non è casuale, del resto, l’opzione per tale colore, che suggerisce “un’idea di trascendenza”. Il colore distingue, quasi seziona, il volto-maschera, isolandone alcuni dettagli, forse a segnalare un potenziamento di determinate facoltà sensoriali. Un ruolo chiave è ricoperto anche dalle mani, che annullano distanze, incorniciano volti, ingiungono il silenzio, divenendo tramiti tra mondi. Tale dialogo è reso ancor più evidente dal connubio tra fotografia e disegno, o dipinto: il concetto di limes, in alcuni casi, si estende anche alla cornice fotografica, ponte tra uno sguardo che si leva furtivamente da una cortina soffice come impalpabile nebbia e un piccolo mondo non sempre quietante... Un piccolo mondo in cui ogni cosa può divenire lama e insinuarsi nell’apparente mollities di un elemento ristoratore come un cuscino. Allo sguardo che trascende la terra, e che non ha timore delle barriere del silenzio, è dischiusa dunque una landa dominata dall’incanto, in cui il viaggiatore magico potrà addentrarsi senza timore. E senza rimpianto

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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