Il cerchio magico della nutella
La degenerazione dell'idolo locale, destinato anch'esso, prima o poi, a tramontare, lascerà dietro di sé solo macerie, dal porto delle nebbie e delle illusioni, all'inoccupazione giovanile senza prospettive, dalla disoccupazione disperata degli ultraquarantenni ad una crisi senza sbocchi
Non bisogna toccare gli idoli, se non si vuole che la doratura ci resti sulle mani, saggia considerazione di Gustave Flaubert in “Madame Bovary”, attualissima alla luce di quello che sta avvenendo in questi giorni. La caduta degli idoli del Pdl Silvio Berlusconi e della Lega Umberto Bossi, con tutti gli annessi e connessi, conferma l’intuizione dello scrittore francese dell’800. I livelli di corruzione del Pdl e della Lega fanno apparire ridicole perfino quelle della Prima Repubblica quando si rubava (anche meno) per il partito, mentre oggi i soldi pubblici – tolti ai cittadini con un sistema fiscale iniquo e sperequato che colpisce sempre i più deboli –, si rubano per se stessi, per i parenti e gli amici. Tutto quello che è avvenuto in questi ultimi 20 anni di potere dei due ex idoli, è frutto dell’aggressione dell’incultura dominante che ha utilizzato l’ignoranza di massa per inculcare il culto della personalità, un rapporto di identità corporale con il capo, che si è spinto fino alla soggezione psicologica attraverso il controllo dei media con messaggi sublimali (e non). Il dileggio della cultura a favore del trionfo dell’edonismo e del mito dell’arricchimento facile, con l’obiettivo del consumismo e del superfluo, ha portato a produrre falsi bisogni per garantire la produzione di merci di bassa qualità, che hanno permesso facili arricchimenti. E oggi, di fronte alla crisi economica, generata da personaggi che hanno avuto come obiettivo più quello di comandare che di governare, utilizzando risorse pubbliche per fini personali e non collettivi, torna alla mente l’imperativo categorico kantiano, il rispetto come fondamento della legge morale: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me e non si può non condividere quello che scriveva il filosofo Gunther Anders per il quale: “L’umanità che tratta il mondo come un mondo da buttar via, tratta anche se stessa come un’umanità da buttar via”. La cultura del “bunga bunga” ha prodotto un’Italia di pataccari dove tutto è intercambiabile: dalle relazioni agli amanti, dove anche nei rapporti fra gli uomini prevale la logica del consumo, dell’usa e getta, dove non esiste più alcuna identità personale, ma un insieme di modelli negativi che si traducono in una identità collettiva priva di etica e di morale, caratterizzata da nuovi vizi capitali che investono tutti, al quale non si può opporre resistenza, pena l’esclusione sociale. Sono questi i falsi valori della modernità inculcati da un potere che parla allo stomaco della gente, scatenando reazioni scomposte dal razzismo al secessionismo, che si basano soprattutto nel disprezzo del diverso, dell’altro non omologato con il gruppo dominante. I risultati di questa politica e di questa cultura deviante, sono sotto gli occhi di tutti: una classe dirigente di basso livello, corrotta e incapace di governare, ma solo di accumulare ricchezza per sé e i propri amici del “cerchio magico”. E questo potere si è basato anche più che sulla propria forza, sulla debolezza degli avversari politici. E il cerchio magico si è perpetrato quando il capo si è circondato di personaggi fidati, di bassa qualità, avventori desiderosi di prebende e perfino delle briciole di quel potere fondato essenzialmente sulla sfera dell’avere: possesso, consumo, competizione, esteriorità. L’esibizione della ricchezza è stata caricata di forza simbolica e comunicativa, mettendo in evidenza non tanto le differenze sociali, ma quelle dell’appartenenza ad una presunta élite di potere, utile ai mediocri per avere visibilità. A Molfetta, il sindaco-senatore Antonio Azzollini, grande amico di Bossi e della Lega, ha mutuato quella “filosofia” circondandosi di personaggi mediocri, privi di cultura, incapaci di gestire anche un condominio, ai quali ha dato titoli, ma non potere, attraverso una rotazione di incarichi di sottogoverno che ha soddisfatto le vanità individuali, ma indebolendoli concretamente (vedi la vicenda della rotazione dei presidenti dell’Asm) e mantenendo saldamente il controllo del potere politico e soprattutto economico. Si è creato così una sorta di “cerchio magico della nutella” con la zarina, la Pompadour (sindaco outsider), il professore, il contabile, i personaggi dell’apparato, assessori o funzionari indagati e premiati, tutte maschere della commedia dell’arte locale, che hanno ridotto la città a un suk con una pittoresca e selvaggia illegalità diffusa, dove tutti, dai fruttivendoli ai piromani, fanno quello che vogliono, mentre la casta comanda e impera, indifferente agli scandali, anzi premiando i protagonisti delle vicende giudiziarie, con incarichi amministrativi. L’ironia sul cerchio magico ci fa pensare alla degenerazione dell’idolo locale, destinato anch’esso, prima o poi, a tramontare, lasciando dietro di sé solo macerie, dal porto delle nebbie e delle illusioni, all’inoccupazione giovanile senza prospettive, dalla disoccupazione disperata degli ultraquarantenni ad una crisi senza sbocchi con pesanti debiti sulle spalle delle nuove generazioni. Tra un cucchiaio di nutella e l’altro, si consuma il destino di questa comunità, che piange se stessa, ma non ha il coraggio di reagire. “Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli”, come scriveva saggiamente Dostoevkij.
Autore: Felice de Sanctis