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I nuovi scenari della medicina con le cellule staminali: convegno Adisco e Rotary Molfetta
06 dicembre 2016

MOLFETTA - La possibilità di curare e guarire in maniera definitiva degenerazioni dei tessuti dei vari organi e della componente ossea del corpo umano non è più un miraggio. Nuovi ed incredibili scenari si sono aperti sul fronte della ricerca e della sperimentazione mediante l’impiego di cellule staminali presenti in tutti gli organi dell’essere umano. La loro capacità di rigenerarsi in un solo tipo, in tipi diversi o diventare qualcos’altro rappresenta oggi un patrimonio inestimabile per la ricerca e le sue applicazioni nel campo della medicina rigenerativa. Di questo e molto altro si è discusso durante il convegno – “Cellule staminali in medicina rigenerativa e cosmesi” – promosso dall’associazione ADISCO, sezione cittadina in collaborazione con il Rotary Club di Molfetta. Il convegno - che si inserisce nell’ambito del progetto “Pochi cm per una vita”, ideato e sviluppato dalla presidente Cosima Raguseo – ha preso avvio con i saluti ai presenti da parte del presidente del Rotary di Molfetta, Leonardo de Pinto (nella foto: Raguseo, de Pinto, Avato, Santodirocco) che ha anche ricordato come ci sia un principio di base che lega la medicina e i principi rotariani: l’idea di mettersi al servizio del prossimo.
La parola è passata poi alla prof.ssa Raguseo che ci ha tenuto a sottolineare quanto sia importante la donazione del sangue cordonale per la scienza e per la sanità pubblica. È da diversi anni ormai che si parla di cellule staminali ma forse in pochi hanno ben chiaro cosa siano. Si tratta di cellule primitive non specializzate che hanno la capacità di trasformarsi in qualsiasi altro tipo di cellula e sono presenti nel midollo, nel sangue periferico e nel cordone ombelicale del neonato.
Ad approfondire la tematica e ad entrare nel vivo del tema ci ha pensato il dott. Michele Santodirocco, Medical Director Puglia Cord Blood Bank IRCCS presso la "Casa Sollievo della Sofferenza" a San Giovanni Rotondo. È stata una vera e propria lectio magistralis che ha focalizzato l’attenzione su quanto il sangue del cordone ombelicale - quello cioè che rimane nella placenta e nel cordone dopo la nascita - sia una risorsa preziosa. Infatti è ricco di cellule staminali emopoietiche – ossia cellule bambine - capaci di evolversi e costituire i diversi elementi del sangue come i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Per tali proprietà è una valida alternativa al trapianto di cellule del midollo osseo. I vantaggi riguardano sia chi lo riceve dati il minor rischio di rigetto e la pronta disponibilità delle cellule, sia per chi lo dona perché non c’è alcun rischio e/o fonte di dolore. Non a caso può essere utilizzato anche per la cura di pazienti affetti da malattie del sangue come le leucemie e i linfomi.
Per la cura di queste ultime si renderebbe necessario un trapianto di midollo osseo che può essere realizzato solo ed esclusivamente mediante la ricerca di un donatore compatibile. C’è dunque un 25% di possibilità di trovarlo in famiglia e il 33% all’interno del registro internazionale dei donatori di midollo. Un’altra via, sicuramente meno battuta al momento ma in fase di forte evoluzione, consiste nell’utilizzo di sangue cordonale, le cui riserve sono adeguatamente conservate nelle banche di sangue cordonale. Oggi in Italia ce ne sono ben 18 e la Puglia – nello specifico – può vantare 14 centri di raccolta. Come ha ricordato il dott. Santodirocco, purtroppo si sta assistendo oggi ad una riduzione delle unità di raccolta perché al 95% dei parti non segue la donazione, perché ci sono poche nascite e non tutti i cordoni hanno un’alta cellularità tale rientrare negli standard richiesti. Chiaramente non vengono buttati via ma riutilizzati in medicina rigenerativa, ad esempio per la produzione del gel plastinico che ha dato avvio ad una sperimentazione volta a curare una malattia poco diffusa come l’epidermolisi bollosa.
L’illustre relatore ha inoltre ricordato come sia invece sconsigliato l’utilizzo di cellule staminali di origine umana in cosmesi poiché al momento non ci sono evidenze scientifiche. Di questo aspetto ha parlato ai presenti la prof.ssa Pinarosa Avato - Docente di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Bari nel Dipartimento di Farmacia/Scienze del farmaco – creando un focus sulla rilevanza delle cellule staminali vegetali in cosmesi. Naturalmente, pur essendo diverse da quelle animali, hanno numerosi elementi di somiglianza. Di fatti contengono fattori epigenetici similari alle cellule staminali umane e si ricavano dalle parti giovani della pianta come le zone apicali, le gemme e i meristemi laterali. Le cellule staminali vegetali hanno inoltre la caratteristica di essere totipotenti, ovvero di riparare qualsiasi tipo di tessuto perché a contatto con la pelle creano processi di rigenerazione cutanea.
Le cellule staminali vegetali hanno la particolare caratteristica di riprodursi all''infinito, di essere flessibili e quindi si adattarsi allo svolgimento qualsiasi tipo di funzione. In più come ha ricordato la dott.ssa Avato, sono utili a stimolare le cellule presenti nel nostro corpo, che pur non perdendo la loro potenzialità rigenerante e riparatrice, con il passare del tempo rallentano la loro funzione di rinnovamento. Per ottenere le cellule staminali vegetali si possono utilizzare tecniche di estrazione o la coltivazione in vitro, operazione senz’altro più costosa ma che offre maggiori garanzie al consumatore. Di fatti abbassa in modo sostanziale il pericolo di presenza – negli estratti delle piante – di sostanze contaminanti (pesticidi, erbicidi, micotossine, metalli pesanti o altri inquinanti) e garantisce la lavorazione delle colture cellulari in ambienti sterili e di massima sicurezza biologica. Inoltre le cellule staminali vegetali ottenute dalla coltivazione sono cellule non ancora differenziate e quindi sono di grande interesse perché si replicano senza mai invecchiare, possono trasformarsi e generare nuovi tessuti o ripararli se danneggiati dall’invecchiamento o da fattori esterni.
A tal proposito, la relatrice si è soffermata sulle potenzialità delle cellule staminali contenute nella pianta di aloe, particolarmente indicate per il trattamento di discromie cutanee dovute all’avanzare dell’età. Nonostante i grandi passi avanti di utilizzo di cellule staminali vegetali nel campo della cosmesi, è un argomento che al momento è ancora sotto i riflettori dei laboratori di ricerca perché moltissimo c’è ancora da scoprire. 

Al termine del convegno, il presidente del Rotary ha omaggiato la dott.ssa Avato con un libro su Corrado Giaquinto e la prof. Raguseo ha regalato ai membri della tavola rotonda una piantina di aloe come gesto propiziatorio affinché la ricerca vada avanti e si possano conquistare mete sempre più di pregio ma soprattutto di utilità medico-scientifica.

© Riproduzione riservata

Autore: Angelica Vecchio
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