I guai del federalismo
Umberto Eco ha sempre sostenuto che il tiranno del futuro sarà un brillante gestore dei media. Ma la realtà italiana del berlusconismo dimostra che questo futuro è già presente. Di fronte a tale situazione che restringe sempre di più gli spazi di libertà di informazione e impedisce ai cittadini di conoscere la situazione reale del Paese, soprattutto dal punto di vista economico, diventa importante il ruolo dei giornali locali liberi, non controllati dal potere politico, anche se il governo di centrodestra ha creato e crea molti ostacoli alla loro sopravvivenza, dall’accaparramento della pubblicità all’aumento delle tariffe postali. Siamo stati sempre contrari a parlare dei problemi nazionali sui media locali, anche perché chi voleva informarsi in passato aveva strumenti ben maggiori e qualificati per farlo. Ora, invece, siamo di fronte ad un’emergenza informazione, che anche nella nostra città ha visto il potere politico ridurre gli spazi dell’informazione, impedendo le riprese dei consigli comunali, nascondendo le notizie scomode e affidando l’informazione a un ufficio propaganda che trasmette comunicati standard, vere e proprie veline con l’obiettivo di accreditare immagini di efficienza e di positività inesistenti, notizie che, tra l’altro, quasi tutti i media riportano senza filtro e senza critiche. Noi di “Quindici” fin dalla nascita, abbiamo scelto di fare un’informazione diversa, raccontando i fatti sulla base di dati oggettivi e di inchieste sul territorio, esprimendo liberamente anche le nostre opinioni, e abbiamo fatto anche scuola suggerendo temi e modo di fare informazione. Di fronte alla politica dell’attendismo da parte dell’amministrazione comunale che non fa scelte importanti per il futuro della città, abbiamo puntato a trattare anche temi nazionali, che hanno, però, una ricaduta territoriale significativa, anche per il ruolo di un sindaco-senatore-presidente della commissione Bilancio, complice della politica nazionale e delle scelte dannose fatte dal ministro Tremonti per l’economia del Mezzogiorno. Dopo aver spiegato il rischio del debito pubblico in un precedente editoriale, vogliamo soffermarci su un’altra mina vagante che rischia di emarginare definitivamente il Mezzogiorno: il federalismo, che il leader della Lega Nord Umberto Bossi, si prepara ad incassare con la complicità di Berlusconi. Il Sud vive una situazione drammatica come conferma il rapporto sull’economia del Mezzogiorno diffuso dalla Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno). La recessione ha colpito duramente le industrie del Sud, in due anni si sono persi oltre 100mila posti di lavoro ed è cresciuto il numero delle persone – 6 milioni e 830mila – a rischio povertà. Le regioni meridionali registrano un Pil hai livelli di dieci anni fa, con una crescita dal 2000 dimezzata rispetto al resto del Paese. Performance che giustificano il consistente calo dei consumi e dell’occupazione. I numeri forniti dalla Svimez sono allarmanti. Il Pil per abitante è pari a 17.317 euro, il 58,8% del Centro-Nord (29.449 euro). E l’industria è a rischio di estinzione. Nel 2009 la disoccupazione è cresciuta più nelle regioni settentrionali, ma in valori assoluti il Sud è nettamente più in sofferenza. Tra i giovani ha toccato il 36% contro il 20,1% del Centro-Nord. E son quasi 2 milioni quelli che né lavorano, né studiano. Una crisi che non può non avere impatto sui consumi e sulla vita quotidiana. Nel Meridione una famiglia su cinque non ha i soldi per andare dal medico e non può permettersi di pagare il riscaldamento. In particolare, al 30% delle famiglie sono mancati i soldi per vestiti e al 16,7% è mancato denaro per pagare le bollette di gas e luce. Quasi una famiglia su due, il 44%, non ha potuto sostenere una spesa imprevista di 750 euro e 8 famiglie su 100 hanno dovuto rinunciare agli alimenti necessari. Il 14% dei nuclei, tre volte più che nel resto d’Italia, vive con meno di 1.000 euro al mese e un meridionale su tre è a rischi povertà. Molti cittadini del Sud hanno affrontato il problema con la fuga. Tra il 1990 e il 2009 circa 2 milioni 385mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno diretti nella quasi totalità al Nord, con preferenza la Lombardia. Secondo uno studio dell’Anci, l’associazione dei Comuni italiani, confrontando gli attuali trasferimenti Stato-enti locali con il metodo di calcolo previsto dal nuovo sistema federalista, a perderci sarebbero soprattutto le città del Centro e del Sud. Più penalizzata sarebbe L’Aquila, ma anche Roma e Napoli. I municipi perderebbero complessivamente 445 milioni di risorse l’anno da destinare ai servizi, proprio a causa del passaggio dai trasferimenti statali all’autonomia delle imposte. La proiezione è fatta utilizzando dati della Copaff, la commissione paritetica sul federalismo fiscale che lavora al ministero del Tesoro. In pratica, non avevamo dubbi, un federalismo targato Nord, o meglio Lega-Nord, altro che le chiacchiere che va raccontando in giro il sindaco-senatore per accreditare una politica del suo partito che fa solo gli interessi del Nord, con la complicità dei parlamentari e dei ministri del Sud che invece di pensare al futuro del proprio territorio, si preoccupano di salvaguardare le proprie poltrone. Questa è la grave responsabilità delle classi dirigenti del Mezzogiorno, che hanno spesso ricercato il consenso preferendo assistenzialismo e clientelismo e permettendo anche lo scippo (e qui la responsabilità del ministro pugliese Raffaele Fitto è enorme) dei Fondi Fas (fondi per aree sottosviluppate) che sono finiti a finanziare opere del Nord e perfino il pagamento delle quote latte. Si è lasciato il Sud povero e sottosviluppato per avere un controllo politico più facile del potere locale attraverso le clientele e ora, per giustificare la nuova legge, si promette un federalismo fiscale solidale, che non esiste da nessuna parte, soprattutto se si considera che dovrebbe essere attuato valutando i cosiddetti “costi standard” come elemento di controllo della spesa per i servizi essenziali erogati dalle regioni. In pratica, saranno favorite le regioni ricche (con un reddito pro-capite più alto degli abitanti), con un aumento delle diseguaglianze. Ma la gestione di tre settori chiave come sanità, assistenza e istruzione, e in parte i trasporti locali, sarà centrale, alla faccia dello stesso federalismo, eliminando di fatto l’autonomia delle regioni del Sud. Il Mezzogiorno per sopravvivere dovrà sopportare tagli e tasse e una riduzione del welfare, che aumenterà il divario con il Nord. Altro che le bugie che ci raccontano Berlusconi, Bossi, Azzollini & C.!
Autore: Felice De Sanctis