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Gruppo Casillo nella bufera, che fine farà la sua base logistica a Molfetta?
15 gennaio 2006

Ha destato scalpore la bufera giudiziaria che si è abbattuta sul Gruppo Casillo di Corato, azienda leader per la produzione di semola e importazione di grano. Le vicende giudiziarie sono due. La prima riguarda lo spietramento illecito di terreni murgiani trasformati in campi di frumento, intascando così anche soldi dall'Ue. Un reato truffaldino che Casillo ha ammesso, con la promessa di restituire i denari comunitari. Pesante e infamante invece l'accusa che ha aperto le porte del carcere al patron Francesco Casillo: commercializzazione di una partita di 58mila tonnellate di grano canadese sbarcato del porto di Bari, inquinato da una sostanza cancerogena. Non è una banale truffa quella di cui l'imprenditore coratino è accusato, ma qualcosa di più grave. La frode alimentare, piaga dell'agroalimentare pugliese, è un reato economico che colpisce le aziende serie e i consumatori. In questo caso invece, il reato è un vero e proprio attentato alla salute pubblica, una bomba da cui nessuno può dirsi immune. La notizia ha colpito Molfetta, perché il Gruppo Casillo utilizza, oltre a quello di Bari anche il nostro porto. I destini di Casillo e Molfetta si sono incrociati nel 2003, quando l'azienda, in prospettiva del futuro porto commerciale, inoltrò al Comune la richiesta di un'area di 50 ettari per realizzare una base logistica, per stoccaggio, imballaggio e movimentazione delle merci, nonché servizi per i mezzi di trasporto e quelli destinati alla persona. Una vicenda di cui spesso “Quindici” si è occupato (la nostra rivista è stata anche menzionata dal quotidiano “La Repubblica”). La richiesta spinse l'Amministrazione comunale ad adottare una variante al Prg per una ulteriore ampliamento del Pip (Zona artigianale vecchia e nuova) di ben 70 ettari. Il 21 febbraio del 2003 fu sottoscritto un Protocollo d'intesa a cui fu allegata un'analisi di fattibilità. La variante passò in Consiglio tra le polemiche dell'opposizione che la ritenne sovrastimata, priva di uno studio d'impatto ambientale. Il centrosinistra, inoltre, riteneva che l'impianto andasse collocato nella zona Asi e non in quella artigianale. Il 31 marzo scorso, nell'ultima riunione della Giunta targata Fitto, la Regione dette il via libera definitivo. Attualmente gli uffici tecnici stanno disponendo il Piano esecutivo che dovrà passare al vaglio del Consiglio comunale, le fase successive saranno: espropri e bando pubblico per le assegnazioni. Per come si stanno mettendo le cose per Casillo, il progetto potrebbe diventare carta straccia. In tal caso il Comune si troverebbe sul groppone 50 ettari, perché la variante al Prg era funzionale alla proposta Casillo e non sarà facile riempire questo territorio di capannoni e nel frattempo i proprietari dei terreni pagheranno l'Ici non come suolo agricolo, ma per attività artigianali. Anche una revoca da parte del Comune del Protocollo d'intesa sottoscritto con Casello, non cambierebbe nulla, la variante è stata fatta e rimane a futura memoria. Così scrivemmo nel 2003, quando ci occupammo della proposta Casillo: “Certo che di questi tempi è inevitabile non pensare ad un'altra azienda coratina, il gruppo Ferri attualmente a metà strada tra i tribunali e il carcere, anch'essa promotrice di una grande struttura logistica che si doveva realizzare a Rutigliano e poi sappiamo come è andata a finire. Anche se indubbiamente i Casillo sono un'altra cosa, gli scongiuri non guastano”. Evidentemente gli scongiuri non sono bastati. Francesco del Rosso
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