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“Gli errori e gli orrori della guerra” Il primo dopoguerra e la crisi del Partito Repubblicano
15 novembre 2002

di Ignazio Pansini Molfetta.1922. Anche la nostra città vive le gravi conseguenze economiche e politiche della guerra mondiale. Licenziamenti, disoccupazione, carovita, hanno prodotto scioperi, dimostrazioni, occupazioni di terre. La classe dirigente non riesce a gestire la cronicizzazione della crisi sociale, i partiti borghesi si sfilacciano in estenuanti contrasti interni, ed iniziano l'ennesimo percorso trasformista verso il movimento fascista, contrastato dai soli socialisti. I repubblicani si spaccano: da una parte gli intransigenti filo-socialisti, dall'altra i pansiniani, disposti a sostenere coalizioni dai colori e dai programmi sempre più ambigui. Seguiamo in dettaglio la crisi di questo partito, avvalendoci di un fascicolo riveniente dalla Federazione Regionale Pugliese. Il 14 maggio di quell'anno, il notaio Giuseppe Cormio veniva eletto Segretario della Sezione molfettese: succedeva all'avvocato Alessio Romanelli, dimessosi in seguito alle polemiche insorte in seno al partito e dovute alla partecipazione dei repubblicani al corteo socialista del Primo Maggio, fortemente voluta dallo stesso Romanelli. Nel giugno e luglio successivi, ben 36 iscritti della sezione si dimettevano dal partito, motivando il loro gesto con lettera autografa alla Segreteria Regionale Pugliese. Leggiamone due: la prima, del 26 giugno, di Leonardo Mezzina; la seconda, del 27 dello stesso mese, di Gioacchino Alessandrini. “Qui in seno le compiego la mia tessera n. 56. Il falso indirizzo politico del nuovo Segretario, l'opera deleteria che si va svolgendo ai danni della sezione, l'infiltrazione nelle nostre file di elementi che di tutto hanno, fuorché di repubblicano, la mancanza di serenità con cui si svolgono le discussioni nelle assemblee, che solo si limitano alle beghe personali; tutto ciò, ed altro, mi hanno fatto venire nella determinazione di rassegnare le mie dimissioni presso questa Sezione. Leonardo Mezzina”. “Compio il dovere di annunziarvi che, non potendo più far parte di questa Sezione Repubblicana, nella quale si calpesta ogni giorno il nome di Mazzini da gente priva di ogni sentimento di libertà, mi dimetto dalla sezione medesima, rimettendovi la tessera, per quei provvedimenti che doverosamente adotterete. L'iscritto Alessandrini Gioacchino di Saverio, Portabandiera della Sezione”. Il 17 agosto la Segreteria Regionale pugliese inviava una dettagliata relazione sulla situazione molfettese alla Direzione Nazionale del partito. Riferiva, tra l'altro, del grande numero di dimissioni e del rifiuto di votare un ordine del giorno di protesta contro l'arresto del Segretario Federale, Piero Delfino Pesce, e dell'iscritto Antonio Lauricella. “Attualmente, della suddetta sezione fanno parte circa una dozzina di tesserati, viventi in combutta con il locale “fascio di combattimento”, pronti a sostenere a tutt'uomo un'eventuale candidatura dell'on. Pietro Pansini in una qualsiasi lista che non sia quella repubblicana”. Alla fine di agosto il Romanelli, espulso da Cormio, fonda il Circolo Repubblicano “Giuseppe Mazzini” e raccoglie i dimissionari della sezione ufficiale. Il sei settembre la Segreteria Regionale scioglie d'ufficio la sezione “Cormio” e affida a Romanelli il mandato di rifondarla. “La ricostituzione della nuova Sezione dovrà da te essere compiuta sotto il nostro controllo, pertanto vorrai inoltrarmi tutte le domande di ammissione che ti perverranno, perché potessimo insieme esaminarle prima dell'accettazione. Tale misura preventiva ci è imposta dolorosamente per le gravi responsabilità che oggi gravano su di noi, che abbiamo il dovere di vigilare acchè nelle fila del nostro partito entrino uomini di provata fede purissima, disciplinati e votati al sacrificio”. L'otto settembre la Segreteria Politica Nazionale del partito comunica a Giuseppe Cormio che “lo scioglimento della Sezione di Molfetta è deciso. Non vi accordiamo perciò nessun reclamo a questa Direzione, perché non utile e non necessario. Il Comitato Federale Pugliese, al quale potrete rivolgervi, potrà giudicare se si possono accogliere vostre proposte relative alla ricostituzione, ma lo scioglimento è irretrattabile. Tutti coloro che vogliono vivere nel Partito Repubblicano debbono intendere che, “oggi”, non si può e non si deve più perder tempo in querele e in dispute, ma si deve lavorare per il Partito e per l'Idea. Salute”. Le lontane vicende della sezione repubblicana molfettese, che ho dovuto necessariamente riassumere, mi sembrano degne di memoria, e non come ennesimo esempio di beghe personali o di partito. Esse si inquadrano perfettamente nei torbidi anni del primo dopoguerra,ancora poco studiati per quanto riguarda la nostra città. La crisi di un piccolo partito, che ha peraltro contato non poco nei lustri precedenti, lo sbandamento nei confronti dello squadrismo fascista, la deriva trasformista di buona parte della locale classe dirigente, delineano a livello locale una crisi drammatica che abbraccia ormai tutta la nazione. Dopo tanti anni, varrebbe forse la pena di tracciare un quadro d'insieme di quei fatti, esaminando i documenti disponibili, a cominciare da quelli degli altri partiti, primo fra tutti quello socialista. Un merito non trascurabile di un'operazione di tal genere, sarebbe quello di trarre dall'oblio alcuni personaggi che in condizioni difficili mantennero dignità morale e coerenza politica, con costi personali di non poco conto. Da questo fascicolo federale, e per il periodo compreso dall'aprile al settembre 1922, emerge abbastanza chiaramente, e positivamente, la figura dell'avvocato Alessio Romanelli. Si oppone alla consorteria pansiniana che inquina il partito e appoggia i listoni parafascisti; insiste sulla necessità di resistere al montante squadrismo; promuove l'unità d'azione con i socialisti; gode della piena fiducia della segreteria pugliese, retta con intransigenza democratica da Delfino Pesce, arrestato per attività pubblicistica antifascista. Ignoriamo allo stato quale fu il destino di questo coraggioso repubblicano. Il quattro novembre del 1921 aveva sottoscritto, quale Segretario della sezione molfettese del PRI, un pubblico manifesto commemorativo del terzo anniversario della fine della grande guerra. Vale la pena, per avere un'idea del suo pensare, riportarne la parte saliente: “ NOI REPUBBLICANI IN QUEL SOLDATO INTENDIAMO ONORARE QUESTA MAGNIFICA GENERAZIONE DI FORTI, CHE, NELL'ARDUO CIMENTO DELLA PATRIA, PUR TRA GLI ERRORI E GLI ORRORI DELLA GUERRA, INDICARONO AI GOVERNI L'UNICA VIA DI SALVEZZA, CHE CONSISTE NELLA DISTRUZIONE DI QUALSIASI DITTATURA DI CASTA, DI CLASSE, DI PARTITO PER IL TRIONFO DELLA LIBERTA' UMANA ED INDIVIDUALE. IL SANGUE DI QUEI MARTIRI RICHIAMI UNA BUONA VOLTA I SUPERSTITI AI DOVERI CIVICI, E LI DISTOLGA DALLE IMMONDE SPECULAZIONI SUL PIANTO DELLE VEDOVE E SULLA DISPERAZIONE DEI REIETTI. SOLO COSI' LE ONORANZE AL MILITE IGNOTO SARANNO LA VOCE DEGNA DELLA NAZIONE VITTORIOSA, LA NUOVA PAROLA DI PACE EROMPENTE DALLA LUNGA, INDIMENTICABILE SCIAGURA”. Dopo ottant'anni, a fronte della vacuità, della retorica, del nullismo del presente, possiamo tranquillamente far nostre queste oneste, lucide parole.
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