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Gli avvocati non ci stanno e insorgono: stato di agitazione
15 gennaio 2012

Dopo l’Assemblea generale straordinaria dell’Associazione Avvocati di Molfetta per la possibile chiusura del Tribunale, Quindici ha intervistato l’avv. Francesco Logrieco, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Trani, e l’avv. Annamaria Caputo, presidente dell’Associazione Avvocati di Molfetta. L’avvocatura locale ha proclamato lo stato di agitazione a tempo indeterminato, anche con manifestazioni pubbliche e con l’indizione di tutte le legittime forme di protesta. Si percepiscono la preoccupazione dell’avvocatura locale e la voglia di sollecitare un maggior impegno collettivo. Dopo tutto, il Tribunale di Molfetta costituisce uno dei presidi di maggiore rilevanza di Molfetta. È una questione d’identità cittadina o una problematica riguardante la composita “casta” degli avvocati? Avv. Caputo, lo scorso 14 dicembre l’Associazione Avvocati di Molfetta si è riunita in seduta straordinaria per deliberare sulle iniziative da assumere con riferimento al D.L. 138/11 per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Infatti, l’ordine del giorno è stato proprio la possibile chiusura della Sezione Distaccata del Tribunale di Molfetta. Qual è stato l’esito dell’assemblea? «Dopo l’assemblea, abbiamo stilato una delibera che evidenzia la tecnica con cui si è arrivati alla legge di conversione contenente la delega al Governo per il riordino della giustizia e delle sedi giudiziarie. In prima battuta, vi sono dei dubbi di costituzionalità sull’iter che è stato seguito, in quanto né vi è stata una concertazione con i soggetti realmente interessati dalla questione, come spesso accaduto negli ultimi tempi, né sono stati eseguiti degli studi preventivi della produttività, della razionalizzazione territoriale, degli aspetti demografici e sociali per la città di Molfetta al fine di saggiare e legittimare l’idoneità di quanto disposto nella decretazione d’urgenza». Dunque questo potrebbe essere un primo motivo di censura in merito? «Potrebbe costituire oggetto di attento studio da parte nostra, anche per promuovere, in ultima analisi, eventuali azioni giudiziarie. Inoltre, abbiamo rimarcato ulteriori problematiche e, dunque, considerazioni che ci portano a ritenere inammissibile, ossia improponibile, la chiusura della sede del Tribunale di Molfetta». Quali sarebbero e in cosa si sostanzierebbero queste considerazioni? «Abbiamo evidenziato lo sviluppo economico e commerciale della città di Molfetta, il progetto del nuovo Porto, l’esistenza di ben due società quotate in Borsa, rammentando con particolare attenzione che Molfetta è il 102esimo Comune di Italia su 8091 per numero di abitanti e la seconda città nella provincia di Bari per depositi bancari e reddito pro-capite. Questi sono elementi fondamentali che dimostrano la produttività e le potenzialità della città di Molfetta come polo economico e sociale». Avv. Logrieco, perché non dovrebbero scegliere di chiudere il Tribunale di Molfetta? «Va al riguardo preliminarmente precisato, onde evitare allarmismi, che la Legge 138/11 ha previsto la soppressione o l’accorpamento di una serie di Tribunali delle sezioni distaccate, facendo salvi i Tribunali dei capoluoghi di Provincia, come Bari o Trani, Barletta e Andria nel nostro circondario, perché rientranti nel capoluogo di provincia BAT. Dunque, sezioni come Bitonto, Corato, Ruvo sono al pari di Molfetta a rischio chiusura. È stato peraltro osservato che Molfetta è una città detta “virtuosa” sotto il profilo della giustizia in considerazione del rilievo che il rapporto fra costo e servizio è attivo e non passivo. Infatti, nel penale non vi sono cause arretrate, mentre nel civile le sopravvenienze sono comunque attive». Quali sarebbero i rischi e/o le conseguenze derivate dalla chiusura e dal trasferimento della sede del Tribunale di Molfetta? «Significherebbe privare i cittadini di un presidio di legalità, depauperando notevolmente il territorio. Non sarebbe ipotizzabile che da un lato s’investano centinaia di milioni di euro per la realizzazione dell’opera pubblica del porto e dall’altro si privi la città di Molfetta del Tribunale, che potrebbe costituire anche la possibile sede di competenza di eventuali controversie insorgenti per traffici commerciali e marittimi. Non si tratta di campanilismo, ma di un problema di carattere generale, specie considerando la tradizione giuridica del cittadino molfettese e il legame storico fra il medesimo e il Tribunale di Trani. L’eventuale impat-della sede di Molfetta da quella naturale di Trani sarebbe critico. Laddove la nostra sezione dovesse essere soppressa, dovrà essere il Comune ad intervenire e, se vogliamo, anche la Regione». A questo punto è ancora tutto nebuloso. Qual è il punto nodale della questione? Come dovrebbe comportarsi il Legislatore o ancor meglio il Governo laddove dovesse accingersi a decidere? «Molfetta è città dotata di potenzialità e capacità di nota pregnanza sociale, economica, commerciale, finanziaria. Tale inquadramento dovrebbe portare il Legislatore e ancor prima il Governo a non ipotizzare una soppressione della sede di Molfetta, specie considerando da un lato che l’ufficio giudiziario di Molfetta è tra quelli che meglio funzionano, stante anche l’alta litigiosità, e dall’altro che non comporta costi inutili per lo Stato. Dunque, pensare di trasferire il Tribunale di Molfetta, che amministra la giustizia per più di 65mila abitanti, presso altra sede non sarebbe assolutamente condivisibile in quanto assenti, nel circondario, strutture in grado di recepire tale trasferimento ». Nell’assemblea straordinaria avete parlato di un documento riguardante l’attività che si svolge presso il Tribunale di Molfetta. Di cosa si tratta? «Il Ministero sta procedendo in modo spedito. È giunta al Tribunale di Trani una comunicazione del Ministero, girata poi a tute le sedi distaccate, con cui quest’ultimo chiede di comunicare entro il 3 gennaio 2012 le volumetrie dei vari Tribunali, se il Tribunale costituisca bene immobile di proprietà del Comune o se è in locazione, comodato, se gli edifici sono serviti da parcheggi e altre informazioni di tal genere. Infatti, dal 15 gennaio sarà avviato lo schema di decretazione di urgenza che sfocerà nell’emanazione del decreto legislativo con cui verrà ridefinita la geografia giudiziaria». All’assemblea straordinaria non era presente l’opposizione locale. «Avevano degli impegni». Avv. Caputo, l’amministrazione Azzollini ha deciso di far qualcosa? Darà in qualche modo un supporto al fine di perorare, anche con il suo contributo, tale causa? «Per fortuna l’amministrazione comunale è molto presente e ha manifestato il suo impegno in vario modo. Infatti, abbiamo chiesto una seduta straordinaria di Consiglio comunale il cui ordine del giorno tratti tale questione proprio perché si assumano le iniziative più opportune ed efficaci finalizzate alla tutela del presidio giudiziario molfettese. Tutto sommato, trattandosi di una questione apolitica che riguarda certamente tutti, l’impegno dovrebbe essere non solo dell’Avvocatura, ma anche di tutte le forze politiche, sociali, economiche, amministrative del paese». Cosa ci si aspetta all’esito della seduta Consiglio Comunale, qualora venisse indetta? «L’approvazione di una delibera in materia da inviare al Ministero che in via preliminare manifesti il massimo impegno del governo locale, magari anche approvata all’unanimità». Avv. Logrieco, avete parlato di sensibilizzare la collettività, alla luce del suo palmare silenzio. In che modo, secondo voi, andrebbe fatto? «L’Avvocatura purtroppo è sotto attacco ormai da anni, ossia dal 2006. Questo Governo, presieduto dal Ministro Monti, ha come sottosegretario Catricalà, che ad esempio è un nemico giurato dell’avvocatura, promotore delle liberalizzazioni delle professioni. Dal canto suo la stampa e le penne cosiddette “raffinate editorialiste” hanno scritto delle castronerie sull’avvocatura, dimenticando che la stessa rappresenta invece un presidio di legalità posto a tutela del cittadino. Certo, anche noi abbiamo delle responsabilità ». Effettivamente vi considerano una “casta”. «Noi siamo osservati solo in funzione della parcella e di quanto costi una causa. Si dimentica invece che siamo forse gli unici che garantiscono i diritti soggettivi dei cittadini».

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