È lui l’uomo di punta della coalizione di sinistra, nata dall’unione del Partito di Rifondazione Comunista, Democratici e progressisti (Dep), Sinistra Italiana e Compagni di strada, è Gianni Porta il candidato sindaco schierato contro Tommaso Minervini e Isabella de Bari. A pochi giorni dalle elezioni, “Quindici” lo ha intervistato per chiedergli la genesi, lo sviluppo e gli obiettivi della sua candidatura. Quella che vediamo in città, di certo non è la sinistra più unita di sempre, anzi. In che misura il Pd ha contribuito a determinare questo stato di cose, dato che una parte dello stesso partito ha già causato la caduta dell’Amministrazione uscente? «L’esigenza avvertita da tutti coloro che fanno parte della sinistra e del centro sinistra molfettese da sempre, era quella secondo la quale non si potesse considerare il Partito Democratico come perno della ricostruzione di questa alleanza di sinistra, non solo per quella che è stata la storia dei 3 anni di amministrazione. Il Pd è un partito altamente instabile che ha generato non poche fibrillazioni e che non solo a livello locale, ma anche a livello Regionale e Nazionale ha fatto una precisa scelta di apertura a pezzi, mondi, provenienze dal centro destra. Una strategia che oggi a Molfetta si trova confermata con l’adesione del Pd locale al progetto ibrido di Tommaso Minervini». Come è nata la sua candidatura? «Mesi fa, un appello sottoscritto da 250 cittadini (Compagni di strada) ci chiedeva di assumerci delle responsabilità, di costruire una proposta politica e programmatica alternativa a quella del centro destra e del centro civico eterogeneo, e quindi è stata quasi naturale la nascita di una coalizione di centro sinistra autentica, come quella che abbiamo messo in piedi dapprima con Rifondazione e Compagni di strada e che ha visto poi l’incontro con altre due forze fondamentali per la politica locale, Sinistra Italiana e Democratici e Progressisti che rappresentano la continuità con l’esperienza democratica migliore di questi ultimi vent’anni a Molfetta a partire dal ‘94. Così si spiega la formazione di un’alleanza strategica non solo per l’11 giugno ma anche dopo questa importante data». Le liste sono state presentate, manca tra i candidati la rappresentanza di una corrente del Pd definita “di sinistra”, quell’area che per un periodo si è scissa (?) dal partito in seguito allo scandalo tessere. Che fine hanno fatto Capurso, Percoco, Amato, Germinario? E Altomare e di Gioia? Son riusciti a far perdere le loro tracce? «Il dato della scelta trasformista del Pd, ha lasciato orfani non pochi appartenenti a quella comunità non solo coloro che guardano a noi con interesse, ma anche una fetta di comunità moderata che noi siamo convinti di poter interessare, rappresentare, avvicinare ad un percorso d’impegno non solo elettorale ma anche politico, di ricostruzione. Quanto agli altri, vedremo come si muoveranno in questa campagna elettorale e scopriremo». “Un detto recita: “l’unione fa la forza”. L’unione con il Movimento Linea Diritta avrebbe portato al ballottaggio non solo perché sarebbero aumentate le preferenze, ma perché si poteva approfittare della frattura interna alla destra che ha visto il senatore Azzollini perdere i suoi storici seguaci folgorati sulla via di un civismo camaleontico e super eterogeneo come quello capeggiato da Tommaso da Minervini. Secondo lei, qual è il motivo di questa candidatura in solitaria da parte di Bepi Maralfa, che tuttavia rivendica con orgoglio il suo operato da vice sindaco dell’Amministrazione Natalicchio e si fregia di essere stato parte attiva ed importante durante i tre anni di governo? «Linea Diritta e Area Pubblica avevano dinanzi a loro due possibilità: la prima, era quella di continuare ad essere un movimento civico trasversale, come quello che nel 2013 aveva scelto di aderire al ballottaggio unendosi al centro sinistra, la seconda possibilità era quella fungendo da punto di riferimento di un’area moderata essenziale per ricostruire il centro sinistra. La scelta di presentarsi in autonomia e, in alternativa alla continuità con l’esperienza amministrativa che rappresenta la nostra coalizione, fa capire che all’interno di quel movimento è prevalsa la prima opzione e quindi l’attaccamento ad un’identità civica e allo spirito delle origini. Una scelta di cui prendiamo atto e di cui siamo dispiaciuti». Rifondazione Comunista può essere un partito di lotta e di governo? «Rifondazione è stata nella nostra città un partito di lotta e di governo non solo tre anni fa, ma anche 25 anni fa. Nessuno ha mai fatto mistero della sua volontà di essere forza organizzata, di essere luogo di formazione e apprendimento non solo delle questioni politiche a tutti i livelli, ma anche dei problemi locali e amministrativi. Questo gruppo è cresciuto, anche in questi tre anni non ha avuto mai timore di assumere incarichi istituzionali, incarichi di governo, guadagnandosi il rispetto non solo dei cittadini ma anche degli avversari politici, con i quali non ha avuto mai scontri per motivi personali ma solo confronti per la diversità di vedute sulle questioni». Tre priorità in caso di governo, quali sono? «La prima cosa su cui lavoreremo è la creazione di una rete economica delle imprese cittadine, per sostenere l’economia urbana, attirare la domanda in città, potenziare l’offerta e favorire l’interazione e il consorzio di tutti gli operatori economici urbani; la seconda priorità è l’avvio della Pianificazione Urbanistica Generale per risolvere i problemi più che decennali della gestione del territorio, senza ulteriori espansioni e consumi di suolo zero...». La interrompo per delle precisazioni in merito al “consumo di suolo zero” espressione sempre più simile ad uno slogan, quasi mai corrispondente ad un indirizzo politico ben preciso. Bisognerebbe parlare contestualmente di moratoria del cemento, riqualificazione urbana, tutela dell’agro, censimento del fabbisogno abitativo, recupero delle aree degradate e dismesse. Se si vuole passare dal PRGC al PUG , come si risolve la delicata questione dei “diritti acquisiti” e dei “contenziosi”? «Noi pensiamo a questa Pianificazione Urbanistica da attuare senza ulteriori espansioni, per concertare e negoziare i diritti acquisiti, e risolvere lo squilibrio tra la domanda e l’offerta di abitazioni, che ad oggi penalizza non solo i cittadini che cercano casa ad un prezzo accessibile, ma penalizza i proprietari che hanno fatto investimenti negli anni passati, e gli imprenditori del settore dell’edilizia». Qual era la terza priorità? «Tornando alle priorità, la terza è la nuova Pianificazione Sociale di Zona in un’ottica intergenerazionale e con l’integrazione di attività culturali, sportive, scolastiche a supporto dei soggetti fragili della nostra comunità, bambini anziani disabili portatori di disturbi dello sviluppo di malattie degenerative. Se devo fermarmi a tre, mi fermo qui». Sulle grandi opere. Come mai Rifondazione ha sollecitato (già durante la scorsa amministrazione) il revamping dell’impianto di trattamento della plastica, operazione che ha un costo da grande opera anche se 3 milioni (su 7 previsti) arriverebbero dalla Regione? Non è contraddittoria questa scelta da parte vostra? È davvero un investimento indispensabile? «Questa è una proposta che completa la strategia del ciclo dei rifiuti, insieme al passaggio al “porta a porta”e alla partenza, si spera quanto prima, dell’impianto di compostaggio. Sono opere tenute insieme da una visione organica, a differenza di una grande opera come il porto, quella si veramente grande, di 70 milioni di euro (all’inizio) calata dall’alto, immaginata senza l’ascolto del tessuto economico urbano e sovracomunale, ideata male senza un business plan, gestita peggio, e che ora tocca salvare nella legalità, perché non rimanga una cicatrice per tutta la comunità». Teme che l’attuale quadro politico a Molfetta fatto di divisioni, cambi di casacca, ritorni sotto neanche troppo mentite spoglie, dinamiche politiche di difficile comprensione, possa essere foriero di un astensionismo importante l’11 giugno? «Non so se ci sarà un astensionismo pronunciato, penso però che i cambi di schieramento, i passaggi disinvolti da un partito ad un altro, il mascheramento di alcuni protagonisti politici degli ultimi 15 anni all’interno di liste civiche, può alimentare la disaffezione. Ed è per questo che noi invece, proponiamo alla luce del sole la credibilità e la linearità dei nostri percorsi e della nostra strada che rivendica il valore della buona politica quotidiana, al di là delle chiacchiere sul civismo che molto spesso in questi vent’anni a Molfetta si è trasformato in cinismo ». Qual è il punto di forza della coalizione di centro sinistra? «La pluralità, il protagonismo dei collettivi, il riconoscimento delle comunità che hanno contratto questo patto, senza derive di leaderismi e personalismi che in questi vent’anni hanno indebolito la credibilità della politica e delle Istituzioni e non solo Molfetta». Cosa rischia la città se dovessero essere eletti Isabella de Bari o Tommaso Minervini? «In entrambi i casi, la città rischia un ritorno al passato, un’interruzione di processi difficili di cambiamento avviati dall’amministrazione Natalicchio, posso citare il passaggio al p.a.p., l’esperienza dei cantieri di cittadinanza, l’attenzione alle opere di urbanizzazione nei quartieri di espansione, gli interventi di riqualificazione dei quartieri periferici come quello della Madonna dei Martiri, significa rischiare di tornare ad una visione di sviluppo che è stata fallimentare perchè legata ad interessi parziali, oppure, nel caso di Minervini, consegnare la città ad una stagione di instabilità politico amministrativa permanente, peggiore di quella esperienza fatta dal 2001al 2006 quando Tommaso Minervini guidava una coalizione civica di centro destra in cui le diversità non consentirono e non consentiranno una direzione di marcia convinta». Concludiamo questa intervista con una sua dichiarazione. «Siamo convinti che serva un’amministrazione autorevole, competente e credibile per guidare la ricostruzione di un tessuto economico sociale e culturale senza semplificazioni facili o polemiche, perché serve un ruolo guida forte nel Comune, che favorisca un clima di relazioni mature tra soggetti e collettivi di rappresentanza e non accordi privati tra individui, che lasciano il tempo che trovano. Crediamo fortemente nella politica come sguardo sul futuro per risolvere i problemi del presente, questa è la strada giusta».