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Ghost town, città fantasma: 1.650 Comuni italiani a rischio
07 dicembre 2008

L'Italia dei campanili, potrebbe diventare, in un prossimo futuro, quella delle città fantasma. Vi è stato un progressivo incremento del disagio (per mancanza di servizi, occupazione ecc.) che nel 1966 colpiva 2.830 Comuni, nel 2006 ne ha interessati 3.556 e prevede 4.395 Comuni nel 2016 (in pratica uno su due) dei quali, in assenza di interventi, 1.650 sono destinati a diventare vere e proprie “ghost town”. I Comuni a rischio di estinzione sono un quinto del totale e coprono un sesto della superficie territoriale; vi risiede il 4,2% della popolazione, con 560 mila residenti over 65, cioè il 20% in più della media nazionale. In assenza di interventi, presenteranno serie difficoltà a raggiungere la soglia minima di sopravvivenza nelle categorie demografiche, sociali, economiche e dei servizi. Ma il pericolo maggiore è l'aumento dei Comuni a disagio abitativo, quelli cioè che mostrano segnali quali calo delle nascite, aumento della popolazione anziana, ecc., oltre a condizioni evidenti di impoverimento delle potenzialità produttive e indici economici che segnalano una vera e propria debolezza strutturale. Da cui la difficoltà ad attrarre nuovi cittadini, nuovi abitanti, nuove famiglie ed imprese. Con il conseguente spettro di diventare fantasmi a tutti gli effetti e di produrre una progressiva pressione sulle aree urbane già fortemente antropizzate, con tutti i problemi che ne conseguono. E non aiuta certo la manovra finanziaria appena provata che taglia di circa 80.000 il numero degli insegnanti, e questi paesi saranno i primi a farne le conseguenze, con i tagli sulle scuole. Il disagio si manifesta anche attraverso altri indicatori che vanno dal tasso migratorio, del 23% inferiore alla media nazionale (che evidenzia una limitata vitalità insediativi data da minori spostamenti e movimenti della popolazione) e il numero degli alunni che frequentano le scuole materna, passati in sette anni dal 15,3% del totale nazionale al 9,6%. Preoccupante anche la situazione economica e le attività produttive e commerciali presenti, con una capacità occupazionale pari alla metà della media nazionale. Un vero problema per un paese fatto di piccoli comuni e centri di piccole dimensioni, che garantiscono il presidio del territorio, il controllo, la manutenzione, nei quali risiede spesso gran parte dei beni pubblici e collettivi a partire dalle sorgenti d'acqua, i boschi, la biodiversità (gran parte fanno parte di parchi e aree protette), le cultura e le tradizioni. “I dati presentati nel rapporto sul disagio insediativi sono molto interessanti e danno il quadro di una situazione che rischia di aggravarsi ulteriormente per gli effetti delle politiche in atto” ha commentato Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente. “E' importante – ha proseguito Realacci – che tutte le forze politiche si impegnino per approvare la legge sui piccoli comuni, un progetto forte e condiviso, sottoscritto da oltre 120 parlamentari di tutti gli schieramenti, che indica chiaramente un'idea e una politica: considerare i comuni con meno di 5.000 abitanti, non un'eredità del passato, ma tra i protagonisti del futuro del Paese, di quella scommessa sulla qualità che per l'Italia può essere un'opportunità straordinaria”.
Autore: Felice Altamura
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