Francesco Carabellese conobbe l'editore-tipografo Valdemaro Vecchi nel 1895, a 22 anni. Vecchi intuì le capacità del giovane professore molfettese e ne favorì la collaborazione all'«Archivio storico pugliese», periodico trimestrale della Società di studi storici in Bari, da lui stampato, ma diretto, dalla fine del 1894, dallo storiografo giovinazzese Giuseppe De Ninno, dal poligrafo barese Nicola Di Cagno-Politi e dagli eruditi bitontini Eustachio Rogadeo e Luigi Sylos. Carabellese non fece attendere un suo scritto e già nell'aprile del 1895 vide la luce l'articolo Laudi di S. Niccolò e vite che di lui si scrissero. Il pezzo fu apprezzato e Vecchi incoraggiò Carabellese a dare altri contributi per la stessa rivista. Il professore molfettese non si fece pregare e consegnò il saggio Bilancio di un'accomandita di casa Medici in Puglia nel 1477 e relazioni commerciali tra la Puglia e Firenze, che fu pubblicato nel 1896. Avute queste conferme al suo fiuto, il tipografo- editore mise a disposizione di Carabellese anche le pagine della «Rassegna Pugliese di Scienze, Lettere ed Arti», in quel periodo diretta da Vecchi e dall'ing. Luigi Sylos. Lo storico molfettese non deluse le aspettative e raggranellò alcune Divagazioni e idee sulla storia medievale della Puglia, che apparvero in due parti (vol. XII, 1895-96 e vol. XIII, 1896- 97). Un altro articolo notevole fu Intorno a tre importanti documenti di Bisceglie della seconda metà del secolo XI, che si riferiscono alla fondazione della bella chiesa romanica biscegliese di Sant'Adoeno e all'inurbamento di genti dei casali di Cirignano, Primignano e Zappino dell'agro di Bisceglie. A proposito di S. Adoeno, sulla stessa «Rassegna Pugliese» (dic. 1896 e genn. 1897), Carabellese, parlando della breve vita dell'«Archivio storico pugliese», non solo negò che la rivista fosse morta per esiguità di documenti e monumenti in Puglia, ma denunciò pure l'incuria degli uomini riguardo ai documenti antichi della propria terra: «La Chiesa di S. Audoeno, una delle più antiche di Bisceglie, possedeva fino a qualche anno fa una sessantina di pergamene dei secoli X e XI; si sono messe ad asciugare su di un tetto perché umide, ma nella notte un gran temporale le ha fatalmente distrutte». L'articolo provocò nel gennaio del 1897 una lettera di dimissioni di Sylos da condirettore della «Rassegna Pugliese», ma Vecchi si addossò la colpa e attribuì la responsabilità, tra l'altro, alla «Direzione divisa e residente in città diverse». Sylos, allora, ritirò le dimissioni. Se da questi brevi cenni si desume la lungimiranza e la generosità di Vecchi, qualche altra parola occorre spenderla sulla vita dell'editore-tipografo che tanto ha fatto per lo sviluppo della cultura pugliese e meridionale tra Ottocento e Novecento. Valdemaro Vecchi nacque il 5 ottobre 1840 a Borgo San Donnino (oggi Fidenza) da Giuseppe, colto tipografo che nel 1853 cessò l'attività per un dissesto finanziario. Valdemaro, allora, dovette interrompere gli studi ben avviati e recarsi quindicenne a Milano, dove fu operaio nella Tipografia Gugliemini (quello stesso tipografo che con Redaelli stampò le dispense della “quarantana” dei Promessi sposi). Per la perizia dimostrata, in pochi anni Vecchi passò da compositore a proto. Nel 1859 tornò nella sua terra, a Parma, dove fece il giornalista. Nel 1862 fu invitato a dirigere una stamperia ad Alessandria, dove nel 1864 si sposò con Luisa Penna, che gli sarà moglie devota per tutta la vita. In quello stesso anno comprò una piccola tipografia. Mentre le sue capacità tecnicoartistiche andavano affermandosi, dall'amico Giuseppe Onesti, originario di Alessandria e direttore delle scuole municipali di Barletta, ebbe la proposta di trasportare la sua officina nella “Città della disfida”. Vecchi accettò e alla fine del 1868 si trasferì in Puglia.A Barletta, nell'ex convento di San Domenico, impiantò per la prima volta una Tipografia Municipale e, superando notevoli difficoltà ambientali, si creò una larga clientela, fondando e dirigendo dal 1871 al 1876 il quattordicinale indipendente e moderato «Il Circondario di Barletta». Poi, dopo la morte dell'unico figlioletto Tommaso, nel 1880 si trasferì nel prestigioso centro giudiziario e forense. di Trani. Qui, in alcuni locali a pian terreno di Palazzo Sarri, sistemò stabilmente la sua gloriosa tipografia, dai cui torchi uscirono, senza che egli mai si arricchisse, in pagine sobrie, nitide ed eleganti, la ricordata «Rassegna Pugliese», «Napoli nobilissima», diversi volumi del «Codice Diplomatico Barese » e altri studi della Deputazione provinciale di Storia patria, la monumentale Terra di Bari inviata all'Esposizione universale di Parigi del 1900, il «Foro delle Puglie», «La Critica» di Benedetto Croce, nonché libri di Salvatore Di Giacomo, Antonio Labriola, Bertrando Spaventa, Giovanni Gentile, Giustino Fortunato, Francesco Carabellese e dello stesso Croce. Logorato dalle quotidiane fatiche, ammalato e affaticato da diversi mesi, Vecchi si spense tra le braccia della moglie l'8 febbraio 1906, alle 23.20, colpito da angina pectoris. Stranamente, nella stessa «Rassegna Pugliese» e in diversi quotidiani e periodici, la morte del tipografo emiliano fu postdatata al 9 febbraio 1906, come ha rilevato il compianto Benedetto Ronchi nel suo bel volume Valdemaro Vecchi pioniere dell'editoria e della cultura in Puglia (Bari – S. Spirito, Edizioni del Centro librario, 1979, p. 122). Anche don Francesco Nitti di Vito, commemorando Carabellese, fu tratto in errore dai giornali o dal suo informatore sulla data di morte di Vecchi, quando scrisse: «L'11 febbraio del 1906, mentre non lieve malattia mi costringeva a letto, il Carabellese venne a prender notizie della mia salute: egli non sapeva che un dolore, più acuto della mia stessa malattia, mi aveva funestato qualche minuto prima, e che quel dolore io mi apparecchiavo a comunicarlo a lui: la notte precedente, colpito insidiosamente dalla esplosione di un morbo che ne minava da qualche tempo la preziosissima esistenza, era morto a Trani l'editore Valdemaro Vecchi. Ed egli, il povero Carabellese, alla ferale notizia pianse: eran lagrime di dolore e lagrime di gratitudine» per gli opuscoli e i volumi pubblicatigli. Dopo la morte di Vecchi, assunse la direzione della «Rassegna Pugliese » Giovanni Beltrani, che invitò collaboratori, amici ed estimatori dell'editore-tipografo ad offrire una propria testimonianza commemorativa. Non mancò all'appello Carabellese, che da Bari, l'8 marzo 1906, inviò al commendatore tranese una lettera di Ricordi, in cui, dietro una commossa affermazione di riconoscenza, traspare il presentimento della propria fine immatura. Eccone il testo: «Egregio amico, / La mia mente sarà sempre piena di grati ricordi per la memoria di Valdemaro Vecchi. Forse quel poco d'attività, che ho potuto spiegare nel campo de' nostri studî, non si sarebbe manifestata, se non si fosse per fortuna incontrata nella cordiale e disinteressata accoglienza del povero Vecchi: e quanti altri comuni amici non possono dire altrettanto! Egli mi sorresse fortemente nei primi passi dubbiosi e malfermi, e mi fu di sprone a proseguire in quegli studî, ai quali ormai lo legava un vivo affetto. L'ultimo decennio di sua vita laboriosissima è stato il primo di mia esordiente, e forse anche chiusasi, carriera scientifica. Ma più che degli anni primi succeduti al 1895, quelli degl'ideali e divaganti articoli sulla sua gloriosa Rassegna, quelli delle ricerche appulo-veneziane e della pubblicazione del manualetto scolastico di Storia dell'Arte, primo del genere in Italia, e perciò da lui accolto con tanto entusiasmo, non potrò mai dimenticare gli anni dal gennaio [18]98 al novembre 1902, nei quali, comandato all'insegnamento della Storia nel Liceo di Trani, ebbi col Vecchi comunanza di vita quasi quotidiana. Arrivavo a Trani col primo treno della mattina, poco dopo le 7, e lo trovavo già a lavorare nello studio, attorno a quelle maledette bozze, che se facevano uscire i nostri volumi senza un errore di stampa, furon pure non piccola causa di rovinargli anzi tempo la salute: e ripartendo per Bari dopo l'una, lo incontravo che usciva di tipografia per la colazione, la quale m'invitava per la centesima volta a condividere. Povero Vecchi!» «In un momento di bizza da parte di chi mestando al Ministero otteneva di far allontanare dall'Istituto tranese i migliori insegnanti, e non sapendo come nuocermi mi si fece obbligo di risiedere in Trani, egli permise ch'io eleggessi domicilio in sua casa, sì da render vana la persecunzioncella, che mi s'era imbastita contro. Questa larga protezione di munifico mecenate, ch'egli ha sempre offerto a tanti altri, di me assai maggiori e migliori, è la ragione vera della gratitudine eterna verso la memoria di lui, come è stata di quel qualsiasi progresso che i nostri studî hanno compiuto, dalla pubblicazione dei primi volumi suoi e del Prologo fino agli ultimi della Commissione provinciale di Storia patria. Perciò la commemorazione, alla quale partecipo con tutta l'anima, credo sia un debito di gratitudine, che non solo Trani e la Puglia intera, ma ancora tanta parte del Sud italico devono perennemente sentire verso il Vecchi». Per Carabellese, alle figure paterne di Pasquale Villari e Cesare Paoli, conosciuti come docenti a Firenze, se ne era affiancata per un ventennio un'altra, quella di un tipografo-editore del Nord innamorato della cultura e degli intellettuali del Sud.
Autore: Marco I. de Santis