Dopo aver deliberato alla fine del 1910 l'istituzione dell'Asilo Filippetto, per cui Gaetano Salvemini aveva donato il suolo edificatorio, con l'istrumento stipulato all'inizio del 1911 dal Not. Berardino Rotondo (v. “Quindici”, aprile 2006), la Congregazione di Carità di Molfetta, destinataria della donazione nella persona del suo Presidente, all'inizio del 1911 cambiò Amministrazione. Nel dare notizia della nuova nomina, il corrispondente da Molfetta del “Corriere delle Puglie”, sul n. del 12 gennaio 1911 che “il nostro Consiglio comunale, dietro proposta di Alessandro Guidati” aveva votato alla unanimità, la sera dell'8 gennaio, ”un voto di plauso” all'uscente Presidente della Congregazione, Giamberardino Tattoli, che veniva sostituito dal Sig. Bartolomeo Pappagallo.
La nuova Presidenza, chiese subito (il 20 maggio) alla prefettura l'autorizzazione ad accettare la donazione di Salvemini, (che fu data con provvedimento del 13 giugno), ritardò invece ad adottare la nuova delibera della dotazione annua dell'asilo, che era stata decisa dalla precedente amministrazione (v. Carmine Spadavecchia, Salvemini e il “Filippetto” Mezzina, Molfetta 1987, p. 43).
Nell'informare l'11 giugno Salvemini, impegnato a Roma fino a luglio, "del punto a cui erano le cose dell'Asilo e di quello che c'era da fare, l'avv. Francesco Picca, suo procuratore a Molfetta, gli riferiva anche "della brutta impressione" che aveva avuto “dell'atteggiamento" del Presidente Pappagallo e aggiungeva: "se potendo disporre di pochi giorni volessi fare una scappata qui sarebbe tanto di guadagnato” (lettera, come le altre del Picca che seguono, in Archivio G. Salvemini, Istituto storico della Resistenza in Toscana, Firenze).
Invece di “fare una scappata” a Molfetta, Salvemini fece arrivare per lettera le proprie intenzioni al Picca, il quale gli rispose, il 4 luglio, che riguardo all'Asilo c'era stata “rottura completa” tra il presidente
Pappagallo e il Sindaco Mauro De Nichilo, come aveva saputo dal Notaio Rotondo, tra l'altro componente della Giunta comunale e “portavoce di De Nichilo”. Il Notaio “parlava di quello lì (Pappagallo) - scrive il Picca - con una rabbia e violenza confortante; mi proponeva che, il Municipio diritto di vigilanza sulla Congregazione, avessi studiato e suggerito loro i mezzi per costringerlo all'adempimento degli obblighi assunti relativamente alla tua donazione, qualora il detto Presidente tergiversasse; insomma si mette a nostra disposizione contro lo stesso. E' bene quindi che mi tenessi informato delle sue disposizioni d'animo per quanto risulta lettere perché al momento opportuno, possa profittare della loro rottura a vantaggio dell'Asilo”.
Verso questo, infatti, il Presidente Pappagallo si era mostrato sempre restio a stanziare dotazione per il suo funzionamento e mise avanti difficoltà di bilancio, prospettando anzi a Salvemini la possibilità di qualche compromesso risolutivo, difforme dai vincoli della donazione. A impedire ciò, Francesco Picca scriveva il 23 luglio a Salvemini, di mantenere "fermo a domandare quello che fu convenuto; se la sbrigheranno essi e a trovare un'altra via di uscita si farà sempre in tempo e a fare una concessione vorrei che risultasse la tua generosità di loro tirchieria".
Il 5 agosto, scrivendo di nuovo a Salvemini, in vacanza all'Abetone, il Picca lo informava “a proposito dell'asilo", che una "commissione" deliberava darsi comunicazione a te - egli scrive - del loro deliberato, col quale, accertata la impossibilità di adempiere all'obbligo della dotazione promessa, ti si invita riconfermare la donazione fatta a favore della Cong. perché provveda non so a quale altra opera di beneficenza, se non sbaglio, ad un asilo di mendicità. Non so se l'hai ricevuta (...); ad ogni modo bada a comportarti con molta prudenza ed astuzia, sono dei gesuiti raffinati, guidati da un presidente non so se più malvagio o ignorante. Perciò credo opportuno occuparsi della faccenda quando vieni, ché allora avvicinandoli tu e cercando di spiegare loro con la tua competenza la soluzione possibile si avrebbe un (qualche) risultato.
Tre giorni dopo, rispondendo a una lettera di Salvemini, Francesco Picca lo informava che, nel frattempo, la Congregazione si era riunita e aveva “affidato l'incarico a due ragionieri, consiglieri della Cong., di esaminare il bilancio per trovare i mezzi onde provvedere allo stanziamento delle 6 mila lire per l'Asilo Filippetto e quelli, guidati da criteri esclusivamente finanziari trovarono solo 1.700 lire di economie da destinare a quello scopo”.
Nel mese di ottobre Salvemini sarà a Molfetta, dove “con gran desiderio vi rivedrò - gli aveva scritto il 29 settembre Giacinto Panunzio (foto) - nella quieta campagna e compagnia del placido nostro Don Ciccillo Picca e dei fidi seguaci vostri. (G. Salvemini, Carteggio 1911, a cura di Sergio Bucchi, Lacaita, Manduria 2004, p. 287).
Dopo aver sistemato le sue egli rientrò a Firenze, dove il 25 novembre Francesco Picca gli indirizzò ancora una lettera, in cui lo informava che c'erano state “alla Congregazione baruffe in famiglia dopo il putiferio, provocato dal (consigliere) Poli a proposito dell'Asilo, per cui poco mancò che il Presidente (che si era mostrato sfacciatamente clericale verso il "Filippetto") rimanesse ira minoranza”.
"L'altra sera - scrive inoltre il Picca - ci fu un'altra seduta, in cui all' ordine del giorno era segnate la trasformazione della Congrega del Rosario per le controdeduzioni da presentare all' autorità superiore in opposizione al ricorso dei consoci", a favore dei quali sostennero "il parere contrario alla trasformazione” anche diversi componenti della Commissione. "Allora - continua il Picca - il Presidente scatta ed esce in queste parole, che volle fossero consacrate a verbale “ma io non mi sento di andare più innanzi con questa Commissione di clericali”. Apriti, cielo: come, quel Presidente che si afferma clericale sfacciato per l'Asilo, ora si dichiara anticlericale per la trasformazione del Rosario? E' questi un tipo perfetto della nostra ferma frenastenica, ovvero è un'abile mossa per premunirsi dai tuoi attacchi? Giacché a me viene il sospetto che lui abbia pensato, ed il conto non sarebbe sbagliato, di fare quella dichiarazione, che quella faccenda del Rosario non turba nel suo svolgimento, ma che sarebbe un'ottima arma di difesa contro l'accusa di clericalismo che per l'Asilo potresti muovergli tu e l'istessa opinione pubblica innanzi alle Autorità superiori. Può darsi anche che sia stata sincera quella esplosione, che il suo sia un clericalismo suo speciale; e chi ne capisce niente con questa gente, contro cui bisogna stare sempre all'erta? Te ne ho voluto informare perché possa regolarti nella condotta a tenere quando ti verrà notificata la deliberazione dell'Asilo".
In quegli stessi giorni, Salvemini inoltrò un ricorso alla Prefettura di Bari “per l'affare del Giardino d'Infanzia, e da Pisa, dove insegnava, ne inviò una copia, il 27 novembre, all'amico Senatore Giustino Fortunato manifestandogli il desiderio "solo che la Prefettura esamini la cosa con spirito di equità senza cedere alle pressioni eventuali di chi abbia interesse a far andare vana la mia iniziativa, per puntigli di partiti locali. E se tu potessi ottenere che dal Ministero degl'Interni giungesse a Bari una voce nel senso della obbiettività e della imparzialità te ne sarei grato". (Carteggio 1911, p. 427).
Il Fortunato, rispondendogli il 29 che era “semplicemente magnifico” il suo ricorso alla Prefettura di Bari, gli comunicava che “tout court” lo mandava al Giolitti, "cui scrivo - egli dice - come l'animo mi detta dentro”. E il Ministro Giolitti non tardò a rispondere - scrive l'8 dicembre il Fortunato a Salvemini - “con una lettera premurosa... che riguarda te”. (Carteggio cit., p. 427 e 453).
Nello stesso tempo, il Senatore Leopoldo Franchetti, al quale Salvemini aveva mandato un'altra copia del reclamo perché la comunicasse al Ministero dell'Istruzione, gli scriveva da Roma, il 2 dicembre, consigliandolo di “non tentare la via giudiziaria né verso il Consiglio di Stato, né verso i tribunali. Quanto pure Ella - scrive il Fianchetti - obbligasse la Congregazione di Carità a dare il servizio per
Il quale si è impegnata a favore dell'asilo, Ella non potrebbe più costituirlo perché la somma che Ella ha destinata all'uopo sarebbe, almeno in gran parte, assorbita dalle spese giudiziarie. A me sembra che Le convenga reclamare, sia all'amichevole, sia in via amministrativa il rimborso delle spese fatte". (Carteggio 1911).
Intanto da parte sua la Congregazione Carità, accusando l'Amministrazione del Tattoli di aver "leggermente agito nel deliberare la dotazione annua da assegnare al “Filippetto”, non rispose alle diverse sollecitazioni in merito avanzate dalla Commissione Provinciale di Beneficenza, la quale in ultimo, con atto del 21 dicembre 1911, restituì alla Congregazione il bilancio preventivo per il 1912 perché, in differimento di quanto già deliberato, non aveva stanziato alcuna somma per il Filippetto" (Spadavecchia cit., p. 44).
Autore: Pasquale Minervini