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Fiori di plastica al cimitero: disinteresse o necessità? Scale inesistenti o “sgarruppate”: si rischia di cadere. Difficoltà per gli anziani
15 giugno 2003

“All'ombra dei cipressi e dentro l'urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?” E' questo Foscoliano interrogativo che ci sovviene passeggiando per il cimitero della nostra città. Probabilmente sarà l'aria fresca o il silenzio spezzato dai frastuoni dalle continue “costruzioni” in corso a ispirarci queste riflessioni. Una cosa è certa in Italia si riesce a garantire la diseguaglianza sociale persino dopo il trapasso. Certo, in un paese come il nostro costretto a vivere costantemente sotto la minaccia del “comunismo” (parola di presidente del consiglio) costruire tombe tutte uguali restituendo agli uomini la dignità dell'uguaglianza almeno dopo la morte sarebbe un rischio troppo grande, un potenziale primo passo verso la “revolutiòn”. A malincuore quindi non possiamo permetterci di cogliere l'esempio dei Paesi anglosassoni, dove la prassi di costruire cimiteri con semplici croci bianche tutte uguali è la più ricorrente. Ma restringendo la nostra divagazione e tornando alla passeggiata per le vie del “nostro” caro cimitero, in un percorso fatto di cariatidi, sfingi e monumentali gentilizi stridente appare il contrasto con il “comun cassettone” ornato da fiori di plastica. Com'è mai possibile? Dov'è finito il rispetto? Anni di attese, prenotazioni e raccomandazioni per ricevere un “cassettone” per poi lasciarlo così, spoglio? E i vicini di tumulo cosa diranno? Oltretutto la cosa grave è che la prassi si va sviluppando soprattutto nella “zona vecchia” del cimitero, quella dei defunti dalla classe '30 a '40 dove in teoria il target delle vedove affettuose e dei figli riconoscenti dovrebbe garantire composizioni floreali di tutto rispetto. E allora un'altra Foscoliana riflessione ci sovviene: “Sol chi non lascia eredità d'affetti poca gioia ha dell'urna…”. Tesi coraggiosa la nostra: fiori di plastica come punizione per le negligenze terrene. La nostra analisi a questo punto si fa sistematica, alla ricerca di qualcosa che possa confutare la tristezza della suddetta tesi. Il risultato è lampante la prassi dei fiori di plastica e ristretta alla zona vecchia sì, ma solo nei piani alti (per intendersi i livelli sopra il metro e settanta). Data l'improbabilità della tesi che i malvagi vengano ubicati in alto (gli assegnatari dei posti che fanno le veci di San Pietro ci sembra francamente troppo), con un certo sollievo ci tocca sconfessare il Foscolo. I fiori di plastica sono solo una triste necessità. Le scale infatti in quella zona sono pressoché inesistenti e quelle che ci sono, così “sgarrupate” che due uomini di media stazza a malapena riuscirebbero a far loro compiere qualche metro senza procurare ( o procurarsi) danni. “Sollevati”, continuiamo la nostra passeggiata e la nostra tesi viene suffragata inequivocabilmente. Una simpatica vecchietta ci passa davanti, fiori freschi alla mano si ferma a fissare una lapide (presumibilmente dell'anziana madre) posta a più di 2 metri d'altezza e ornata con una dolcissima rosa… di plastica. Una preghiera, un tenero bacio, un saluto. Niente fiori. “Quelli si portano a casa” dice la signora “come faccio ad arrivare fin lassù…”; “…una volta c'era mio nipote a darmi una mano, da sola non mi azzardo le scale sono tutte rotte”. Potremmo divagare ore sull'inefficienza di un'amministrazione che non garantisce nemmeno il culto dei morti, così tesa a sfornare concessioni per la costruzione di faraoniche cappelle pop-art ma preferiamo soffermarci sul gesto dell'anziana signora. Un gesto pieno d'amore che vale più di mille fiori consegnati settimanalmente su commissione dal fioraio di fiducia per battere in splendore la cappella vicina. Un gesto tanto bello, che forse, avrebbe ispirato anche il Foscolo. Andiamo via con serenità e, guardandoci attorno, i fiori di plastica, ora, ci fanno tutt'un altro effetto. Fabrizio Fusaro
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