Fine pena mai, la rieducazione in carcere attraverso la scrittura. Un libro delle edizioni "la meridiana"
«E tuttavia in questi uomini veri, giovani, che hanno pagato un prezzo altissimo per colpe non solo loro, vissuti per anni in condizioni disumane dentro il carcere, si coglie un senso di amore per la vita, di propensione al perdono e alla tolleranza, di senso di pietà per chi li ha spinti o causato, anche solo con l’abbandono, a scelte di rivolta contro la legge, che li rende uomini degni del massimo rispetto» (dalla Prefazione di Ferdinando Imposimato, magistrato e Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione).
Non è un semplice libro, né tantomeno il naturale corollario di un progetto importante. Fine pena mai di Tina Cioffo, Francesco Diana e Alessandra Tommasino (edizioni la meridiana, collana passaggi, pp. 88, Euro 12,00) è una rassegna di sentimenti, emozioni, studio, amicizie e anche crimini.
Lettere ai giovani scritte dai detenuti, quasi tutti ergastolani, all’interno del concorso letterario “A cuore aperto”, un progetto attraverso cui l’istituzione penitenziaria e il Terzo settore hanno chiesto ai detenuti del circuito “Alta Sicurezza” di raccontarsi. Un concorso fortemente sostenuto dall’area rieducativa della casa circondariale di Carinola (Ce) e di tutti gli istituti di pena coinvolti. Molte di queste lettere, scritte dai “fine pena mai” – frase che compare sul timbro delle cartelle autobiografiche dei condannati all’ergastolo – riportano spaccati di vita in cui chi scrive si mette in gioco totalmente.
I curatori del progetto e del libro – la giornalista Tina Cioffo, lo psicologo e formatore Francesco Diana e l’ingegnere e formatrice Alessandra Tommasino – assieme ai volontari del “Comitato don Peppe Diana” e della cooperativa “Carla Laudante” che lavorano nel carcere di Carinola, sono fortemente convinti che non si faccia educazione alla legalità nel nostro Paese se non si stabilisce un ponte con chi sta in carcere, tra il “fuori” e il “dentro” di ciascuna persona. Se il carcere non diventa un luogo di educazione alla legalità, le mafie avranno vita facile.
Come fare? Lavoro, scuola, apprendimento, percorsi. Come quello che ha portato attraverso il concorso a raccogliere le idee, i pensieri, le riflessioni degli ergastolani, che, stando dentro, si sono pentiti e hanno capito che «non ne valeva la pena rovinarsi la vita in quel modo e rovinarla ad altri». A scrivere queste lettere non sono semplici delinquenti o esecutori di omicidi, ma i mandanti, i capi, i boss di mafia, quelli che i fili del crimine organizzato li hanno tenuti e di cui può comparire solo l’iniziale del nome e del cognome. Sono lettere la cui lettura serve perché può essere utile fare un percorso sulla legalità leggendo quanto scrive B.D.S. (nato a Catania nel 1957 e fine pena mai nel carcere di Carinola): «si raccoglie solo quello che si semina e noi non siamo stati dei buoni contadini».
Oltre le lettere, incisiva e illuminante è l’introduzione del giudice Ferdinando Imposimato e l’elenco in appendice dei progetti che molte cooperative in più parti d’Italia svolgono nelle carceri.
Un libro utile per educare alla legalità perché una detenzione più responsabile è utile a tutti, a chi è “dentro” e a noi che siamo “fuori”.
Tina Cioffo, laureata in Filosofia, è giornalista pubblicista e collabora dal 2005 per “Il Mattino”. Da anni si impegna per il riscatto sociale promuovendo corsi di giornalismo nelle scuole della provincia di Caserta. Nel 2010 ha vinto il premio Fortpasc conferitole da Legambiente. È socia fondatrice del Comitato don Peppe Diana.
Francesco Diana è docente e psicologo esperto in Psicologia scolastica e Psicologia penitenziaria (ex art. 80 O.P.). Presidente Ass. “FormAzione Viaggio”, si occupa di formazione in tema di responsabilità ed economia sociale.
Alessandra Tommasino è ingegnere ambientale e giornalista, presidente della cooperativa “Carla Laudante”. Collabora con “Il Mattino” dal 2002. Per il Comitato Don Peppe Diana e per Libera è impegnata su progetti di tutela ambientale, beni confiscati alla camorra, memoria delle vittime innocenti delle mafie. Nel 2010 ha vinto il premio Fortapasc.