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Festa patronale, dagli immigrati esempio di solidarietà
15 settembre 2016

E non è vero che è sempre la solita sagra, la solita festa della Madonna dei Martiri. Cambiano le luminarie, cambiano le bande musicali che allietano la passeggiata a corso Dante in attesa dello sbarco dal mare della Madonna, cambiano le merci, si aggiungono nuove attrazioni, nuove giostre, giungono nella nostra città fedeli e curiosi provenienti dai paesi limitrofi. Si susseguono critiche ed apprezzamenti per l’organizzazione, la periferia si spopola mentre tutti indistintamente, giovani e meno giovani, si riversano nel centro cittadino per fare almeno una capatina “in mezzo alla fiera” o almeno per portare a casa o a qualcuno di speciale, un oggetto acquistato, un giocattolo, qualche etto di torrone artigianale che è possibile trovare anche in pasticceria ma, si sa, acquistato ‘‘in mezzo alla fiera’’, ha un sapore speciale ed il torrone della fiera diventa un rito da gustare a fine pasto, accompagnato dal liquore fatto in casa, gelosamente conservato nelle dispense delle nonne. Ma la sagra della Madonna dei Martiri ogni anno, senza cambiare mai, si rinnova e… stupisce e insegna senza saccenza e prosopopea. Animano le strade del centro cittadino, si spostano e si stanziano lungo il viale dei Crociati, immigrati con le loro bancarelle colme di bigiotteria, giocattoli, ombrelli, immigrati provenienti da tutti gli angoli del mondo alla ricerca di mezzi onesti di sopravvivenza, gravati da chissà quante responsabilità, dolori, ma sempre e comunque col sorriso sulle labbra, mai stanchi di dover essere costretti a mercanteggiare per poter guadagnare pochi euro, disponibili al dialogo e a fare la carità. Ecco. è questo l’aspetto che ha stupito la sottoscritta di questa ultima sagra cittadina. Percorrevo il viale dei Crociati alla ricerca di piccoli oggetti da acquistare dai bancarellai. Mi fermavo nei pressi di una banco sul quale erano disposti ordinatamente degli ombrelli. Non che ne avessi davvero necessità, pur essendo il tempo avverso, ma ero incuriosita dal cittadino immigrato che parlava correttamente il dialetto barese, attorno al quale si era formato un capannello di gente. Tra i curiosi vi era un giovane cittadino molfettese che è solito chiedere l’elemosina nelle vie del centro e che tendeva la mano in direzione del coetaneo immigrato. Quest’ultimo frugava nelle sue tasche alla ricerca di spiccioli e li porgeva al giovane il quale si allontanava. Non contento dei pochi spiccioli donati, l’immigrato lo invitava ad avvicinarsi nuovamente per donargli altre monete. Il giovane molfettese rivolgeva quindi la richiesta di elemosina ad un altro bancarellaio immigrato il quale donava anche egli pochi spiccioli. Incuriosita, ho seguito il giovane notando con stupore che questi chiedeva monete solo ai commercianti immigrati i quali donavano gli spiccioli e anche qualche raccomandazione sull’uso del denaro. Il giovane evidentemente sapeva di poter ricevere qualcosa dagli immigrati e si rivolgeva solo a loro. L’unione delle mani, destini di uomini umili che per un attimo si incrociano… questi a mio parere, credo siano i momenti più belli di queste giornate di festa, quelli della carità cristiana che prescinde dalla religione, da qualsiasi appartenenza, che unisce senza chiedere ed è il modo più significativo di onorare la nostra Santa Patrona. Si dice che si impara più dall’esempio che dalle parole e credo che gli immigrati, pur tra tante difficoltà, pur respirando l’ostilità di chi attribuisce loro disoccupazione, criminalità ed ogni sorta di nefandezza, diano senza volerlo, con il proprio contributo anche caritatevole, un inconsapevole e incommensurabile insegnamento.

Autore: Beatrice Trogu
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