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Felice Spaccavento: ora abbiamo una sfida davanti ricomporre la sinistra
15 ottobre 2020

Il dr. Felice Spaccavento è forse il vincitore morale della campagna elettorale delle regionali. Partito senza strutture alle spalle l’anestesista molfettese è riuscito ad ottenere quasi 8mila voti, anche se non siederà in consiglio perché la sua lista non ha superato lo sbarramento del 4% necessario ad ottenere almeno un seggio. Quindici lo ha incontrato per un commento post elettorale. Dr. Spaccavento, mesi di una appassionata campagna elettorale, durante la quale lei non si è risparmiato. Come sta? «Sto bene, grazie. Non posso negare che nei giorni immediatamente successivi al voto ho avvertito la necessità di rilassarmi con la mia famiglia, di staccare un po’ per ricaricare le pile e riprendermi dalle fatiche, fisiche ed emotive, di una campagna elettorale entusiasmante ma anche molto stressante. Sono stati tre mesi ad alta intensità, soprattutto per chi, come me, non aveva una struttura organizzata alle spalle e ha dovuto condurre una campagna elettorale in tutta la provincia di Bari, partendo assolutamente da zero. Tra l’altro io in questo periodo non ho mai smesso di lavorare, non ho mai lasciato i miei pazienti. Facevo il mio dovere fino in fondo, e poi correvo alle iniziative o agli incontri. Non ho bisogno della politica per vivere e al mio lavoro non rinuncerò mai, ma questo ovviamente ha reso le cose molto più complicate per me e per chi mi ha aiutato in campagna elettorale. Ma è stata una esperienza bellissima che mi ha dato tanto, sia sotto il profilo politico, sia sotto il profilo umano. Anzi, soprattutto sotto il profilo personale». Ha registrato un consenso plebiscitario. Come spiegherebbe a chi non conosce il suo vissuto, questo risultato? «Sarò sincero. Avevamo tutti la netta sensazione che il consenso attorno alla mia candidatura stesse crescendo giorno dopo giorno perché arrivavano segnali chiari dagli ambienti più disparati e dai territori più lontani della provincia, di persone o gruppi che chiedevano di incontrarmi, volevano conoscermi, dichiaravano il loro sostegno. Ma nessuno poteva mai immaginare che arrivassimo a sfiorare le 8.000 preferenze. Un risultato che va oltre ogni aspettativa, che mi onora e per il quale sono grato a tutti quelli che mi hanno dato una mano. Credo che il segreto di questo risultato sia stato nella semplicità della proposta politica che abbiamo sottoposto agli elettori. Nessun trucco, nessun inganno, solo tanta spontaneità. Mi sono mostrato per quello che sono, un medico, e ho parlato principalmente della materia che conosco meglio: la salute come bene primario per le persone e l’organizzazione sanitaria pubblica per poterla tutelare al meglio. Non sono un tuttologo e non ho voluto improvvisarmi su argomenti diversi, lontani dal mio vissuto. Io penso che oggi ci sia bisogno di competenza e di professionalità anche in politica e che le persone siano stanche di questi politicanti che vanno in tv o salgono sui palchi e pontificano su tutto, e magari nella vita non hanno mai fatto niente, non hanno un lavoro, non hanno maturato competenze. Ecco, sono certo che gli elettori abbiano percepito questo mio approccio spontaneo e concreto, focalizzato su un tema che tocca tutti, direttamente o indirettamente, a maggior ragione in questo periodo, e abbiano voluto premiarlo. Mi sono presentato agli elettori per quello che sono, senza costruire un personaggio diverso da me, e la gente lo ha capito». Lei sta mantenendo la promessa di non sparire dopo le consultazioni regionali. E’ tornato nelle città che l’hanno vista anche come medico. Pensa a un prosieguo del suo impegno? «Sto continuando a fare quello che facevo prima. Sono anni, ormai, che mi interesso alle dinamiche che riguardano l’organizzazione della rete sanitaria sul territorio, soprattutto nel nord barese. Sono anni che mi impegno per diffondere un diverso modo di approcciare la salute, mettendo al centro il paziente e cercando di incentivare la telemedicina e potenziare la sanità territoriale e domiciliare. Quindi certamente proseguirò in questo impegno e continuerò a stare accanto alle comunità che, a livello territoriale, mi hanno dimostrato sostegno e vicinanza». E’ bellissimo il feeling che si respira tra i suoi sostenitori. Personalmente credo che un simile sentimento l’abbiamo vissuto ai tempi della candidatura del compianto Guglielmo Minervini e di Paola Natalicchio. Sente il bellissimo peso di questa eredità? «Gli incontri e le amicizie che ho fatto in questa campagna elettorale rappresentano certamente l’eredità più preziosa che mi porto dietro. Il mio non era un “comitato elettorale” ma una squadra di amici, provenienti da diversi territori (soprattutto Molfetta, Terlizzi, Ruvo, Corato, Bitonto e Bari) e accomunati dallo stesso modo di intendere la politica come un servizio per la comunità, non come una occasione per sé. In questi mesi sono nate amicizie bellissime e profonde con tantissime persone che ormai porto nel cuore e che non smetterò mai di ringraziare. Ognuno di loro era ed è impegnato nelle rispettive città in realtà politiche, civiche, associative, di volontariato e abbiamo avuto la capacità di costruire, con gioia, una rete ampia e solida in grado di valorizzare a pieno ogni esperienza. Ora abbiamo dinnanzi a noi la sfida di mantenere in vita questa rete, di farla crescere ulteriormente e di renderla una Forza generativa (ecco, il riferimento a Guglielmo non è affatto casuale) in grado di incidere nella realtà per migliorarla. Sento su di me questa responsabilità, ovviamente, ma so anche che non grava tutta solo sulle mie spalle e che ognuno porterà un pezzetto di questa responsabilità condivisa. Ognuno di noi, da solo, non vale niente. Sono nella dimensione collettiva possiamo davvero fare il bene per le nostre comunità». Crede che il consenso registrato soprattutto a Molfetta possa essere collante tra la sinistra, il cattolicesimo laico, il mondo del volontariato per la città futura di gramsciana memoria? «Non credo alla sola forza dei numeri nella costruzione dei processi politici. Il consenso è importante ma, da solo, non è sufficiente se si vogliono avviare percorsi duraturi ed efficaci. Serve innanzitutto la concordia e la condivisione di obiettivi e strategie. Certo, mi rendo conto che i numeri delle elezioni regionali mi attribuiscono una responsabilità importante ma non posso essere io, da solo, ad avviare la ricomposizione di tutta l’area progressista, democratica e riformista della nostra città, ad oggi dispersa in molti rivoli, con il PD (primo partito del centrosinistra in Italia e in Puglia) addirittura ancora schierato con l’amministrazione di centrodestra che amministra la città. È necessario che forze politiche, movimenti civici, associazioni, singoli cittadini che si riconoscono nel centrosinistra avviino presto una riflessione ampia sulle prospettive della nostra città nel prossimo futuro. Ciascuno di noi è chiamato a rispondere a una semplice domanda: è questa la Molfetta che vogliamo o siamo tutti disposti a metterci in gioco, rinunciando anche a qualche rendita di posizione personale, per costruire insieme una città migliore nei servizi per i cittadini, nella vivibilità, nel decoro urbano? Ecco, io cercherò di dare il mio contributo in questa discussione, senza rivendicare alcunché ma basandomi solo sulla forza delle mie idee, e mi auguro che il confronto sia ampio e senza pregiudizi né pregiudiziali. Il resto, poi, lo decideremo tutti insieme. Non contano i ruoli personali, conta il progetto. E Molfetta, per il suo futuro, merita di meglio». Pensa che il suo attivismo, sfociato nella candidatura e nei 7.733 consensi, sia il naturale prosieguo della grande, immensa, impegnativa eredità lasciata da Guglielmo Minervini? «Ritengo che nessuno può essere eredità unica di Gu. Lui è patrimonio di tutti. Soprattutto dei giovani. La sua idea di politica generativa dovrebbe essere una bibbia per chi vuole essere al servizio della comunità, perché la politica per me è questo non altro. L’appoggio di Maria Turtur Minervini è stato per me fondamentale perché con lei ho condiviso molte emozioni e c’è un filo rosso che ci lega. E’ stata accanto a me senza alcuna invadenza ma come una voce tra tante che mi hanno sostenuto. E’ stata la prima che ho consultato appena ho ricevuto la proposta di candidarmi, non mi ha mai abbandonato. Non so cosa avrebbe fatto Gu, ma so cosa avrei fatto: avrei continuato a sostenerlo come sempre ho fatto. Oggi abbiamo bisogno di lui e delle sue visioni politiche». © Riproduzione riservata

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