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Fabrizio: non si lavora per vivere, ma si vive per lavorare
15 settembre 2005

Quando ti laurei a 24 anni, in Economia poi, pensi di avere possibilità di scelta nel mondo del lavoro. Una persona ambiziosa amerebbe avere come prima esperienza quella in una grossa multinazionale. Ma io che in fondo tanto ambizioso non lo sono mai stato l'ho vissuta un po' come il destino che decide per te. E che tutti ti considerino fortunato “dopo neanche un mese hai già trovato lavoro… bravo!!!” non fa altro che acuire il tuo senso di inquietudine. La realtà è che non ho mai condiviso l'idea del “Nemo profeta in patria”, anzi il mio sogno è sempre stato quello di mettere tutto il mio entusiasmo e tutte le mie (seppur modeste) qualità in un progetto che faccia arricchire la mia terra e la mia gente. Ed anche qui le parole degli altri ti schiacciano “se vuoi diventare qualcuno te ne devi andare… se resti qua non combinerai mai niente…”. Ma che significherà poi diventare qualcuno? Me lo sto ancora chiedendo. Se far bene il proprio lavoro, pur odiandolo, significa essere qualcuno allora lo sono diventato in fretta. La realtà è che essere fuori, lontano dai tuoi interessi, dai tuoi amici, dai tuoi affetti ti permette di non pensare ad altro che al tuo lavoro. Niente male per un'azienda avere dei giovani dipendenti che hanno come unico interesse gli impegni in ufficio del giorno dopo. E non che non ci abbia pensato a tornare, sebbene (almeno secondo quelli che possono essere determinati parametri di riferimento) era pressoché impossibile pensare di trovare qualcosa di paragonabile giù al sud. Ma non ce l'ho fatta, oltretutto i miei non avrebbero mai appoggiato l'idea di rinunciare a un lavoro sicuro per lanciarmi in qualche progetto avventato o in qualche tirocinio sottopagato. Non so cosa manca al Sud oggi. Forse manca è la Progettualità, ne ho viste decine di bar e negozietti aprirsi e chiudersi nel giro di pochi mesi dopo aver dilapidato i miseri sovvenzionamenti ottenuti da Stato o Comunità Europea. O forse quello che manca è il coraggio, il coraggio di chi come me, a parte scrivere qualche articolo, non fa nulla per cambiare lo stato delle cose e si improvvisa all'occorrenza milanese, torinese o chissà cosa pur di garantirsi uno stipendio fisso e la stima di chi ti da le pacche sulle spalle quando scendi giù per le ferie. Ed ora sì che comincio a credere a chi dice che non si lavora per vivere ma si vive per lavorare. Fabrizio Fusaro fabrizio.fusaro@quindici-molfetta.it
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