Scroll
X
Effettua il Login
Recupero Password
Direttore Responsabile:
Felice de Sanctis
Home
Cerca
Giornale
Speciali
La città
Link
Redazione
Registrati
Login
Contatti
Primo piano
Economia
Cronaca
Politica
Cultura
Attualità
Sport
"Et mai si ha visto mazor difesa"
ESCLUSIVO - Il sacco di Molfetta nelle relazioni dei comandanti veneti
15 dicembre 2003
L'opuscolo di Giuseppe Marinelli, "Presa e Sacco della città di Molfetta nell'anno del Signore MDXXIX", fu pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1782 nel quarto tomo della raccolta del Pelliccia, e a Molfetta nel 1929, a cura di Francesco Samarelli. A parte alcuni accenni del Santoro, del Giovio, e del Guicciardini, esso costituisce finora la fonte maggiore per la conoscenza di quel tragico evento, stante anche lo scarso apporto fornito dalle carte giacenti negli archivi locali. (Nella foto, le mura della città di Molfetta ai primi del Novecento)Il saggio si dilunga sulle premesse politiche e sociali che portarono allo scontro violento fra nobili e popolo grasso, su alcuni eventi sanguinosi verificatisi in città, sulla fuga dei nobili a Barletta, dove avrebbero spinto francesi, veneziani e truppe baronali a tentare il colpo. Molto meno spazio è dedicato alla parte puramente militare della vicenda, che ha inizio nella mattinata del 18 luglio 1529, e termina a metà novembre, con la partenza di Sergianni Caracciolo per Venezia, accompagnato da alcuni fuorusciti locali. In questa sede noi cercheremo, avvalendoci di una fonte molto autorevole, che pubblichiamo, di integrare in maniera sostanziale il Marinelli, relativamente alle fasi e modalità dell'assalto: noteremo, fra le due versioni, discordanze di non poco conto. L'impresa di Puglia volge ormai al termine. Venezia tiene saldamente Barletta, Trani, Monopoli, Polignano, altri porti minori ed alcuni tratti della fascia costiera: non si fida del re di Francia, già suo alleato, e teme a ragione che voglia escluderla dalle trattative di pace in corso con Carlo V. Ha già predisposto tatticamente la ritirata dai domini pugliesi, ma si sforza di rafforzare le sue posizioni per avere più chances in fase di negoziato. I suoi comandanti collaborano più o meno pacificamente con i baroni ribelli che guidano le truppe locali e francesi, perennemente afflitte da fame, malattie, e mancanza di soldo. Nella fascia interna prevalgono gli spagnoli, guidati da Ferrante Gonzaga, che non riesce però ad incunearsi sulla costa. Intanto città e campagne vengono assalite, taglieggiate, messe a sacco dalle diverse bande armate, passando dalla Francia alla Spagna, e da questa a quella, nell'unico, disperato intento di sopravvivere. Lo sganciamento della Serenissima è comunque militarmente impeccabile, grazie anche, e ovviamente, al completo dominio del mare. Per tutta questa fase, si può consultare l'ottimo lavoro di Vito Vitale, "L'impresa di Puglia degli anni 1528-1529", pubblicato a Venezia nel 1908. Quest'autore si avvalse, fra le altre, di una fonte che, come vedremo, è di grande importanza per il sacco di Molfetta, vale a dire i diari del Sanudo. Marin Sanudo (Venezia, 1466-1536), appartenne ad una famiglia patrizia che occupò un posto eminente nella vita della Repubblica. Scrisse numerose opere sulla storia veneta, ma la sua fama è legata ai "Diarii", opera monumentale in 56 tomi, nella quale venne narrando tutti i fatti che giornalmente accaddero tra il 1496 e il 1533 in campo politico, diplomatico e militare. Furono editi tra il 1879 ed il 1903. Nei tomi 50 e 51 egli espone, tra l'altro, i fatti del 1528-1529, riportando, per esteso o per sommari, le relazioni che i comandanti veneti in Puglia inviavano alle autorità centrali sull'andamento militare e diplomatico della guerra, e le disposizioni che ricevevano dalla dominante. I diari del Sanudo ci offrono lo spaccato vivido ed affascinante di uno stato perfettamente organizzato, tenacemente legato alla sua indipendenza, accortissimo nel gioco diplomatico, fedelmente servito dalla sua aristocrazia militare,dalle sue truppe, dalla flotta. Riportiamo di seguito tre brani, tratti dal tomo 51, che concernono espressamente il sacco del 18 luglio: sono editi da oltre un secolo, ma non ci pare che siano mai stati integralmente pubblicati a livello locale. Li commenteremo brevemente. Il primo è una "Lettera di sier Zuan Vituri, data in galìa a Barleta, a di 22 luio 1529". Giovanni Vitturi, nobile veneziano, è "Proveditor General", cioè comandante supremo delle truppe venete di mare e di terra operanti in Puglia. Risiede a Barletta o a Trani, ma accorre infaticabile dove è necessario prendere decisioni. Nel brano descrive sommariamente le fasi dell'attacco, che conosceremo molto più estesamente nel secondo documento. Vediamo le notizie più importanti. A capo dell'impresa è il Principe di Melfi Sergianni Caracciolo, passato in campo francese, il cui figlio, Troiano, è Principe di Molfetta, avendo sposato da adolescente Isabella di Capua. Il matrimonio, fosse stato o meno consumato, fu poi annullato da Clemente VII nel 1530. Seguono Federico Carafa, la cui morte provoca la reazione dei suoi uomini e maggior spargimento di sangue, Giorgio Diedo, comandante della flotta d'appoggio, e Giovanni Contarini, detto "Cazadiavoli", noto e temuto comandante di una squadra di galee sottili d'assalto. Il bottino è cospicuo, tutti hanno guadagnato bene, ma il Vitturi, che non ha partecipato all'impresa, ci tiene a precisarlo, con un malcelato senso di aristocratico distacco ( "Pur se fazi bene, non mi curo de esser stato, perché non incuro de roba né di altro"). Il giorno dopo si reca a Molfetta, ma riparte subito per Barletta, dove risiede Camillo Orsini, più noto come Renzo da Ceri, comandante generale delle truppe franco-italiane in Puglia. Il Principe di Melfi,destinato in un primo tempo in Terra d'Otranto, preferisce restare al governo di Molfetta e Giovinazzo; quest'ultima, come è noto, trattò la resa in cambio di moneta e vettovaglie. Il secondo documento riportato dal Sanudo è più lungo ed è per noi di grande importanza. Si tratta di un " Sommario de una lettera de sier Zorzi Diedo, capitanio de le barche, data in Trani a di 22 luio 1529". Costui comandava 10 barconi da trasporto truppe e probabilmente tutta la squadra d'appoggio, mentre le galee da combattimento sottostavano al Contarini. Diedo informa il fratello Paolo sull'impresa di Molfetta: la relazione è fredda, circostanziata, senza fronzoli, tipica degli ufficiali della Serenissima. Noteremo brevemente i dati più rilevanti. Intanto conosciamo l'entità dell'armata navale che assalì Molfetta. Dopo la conquista del borgo, gli assalitori non riescono ad espugnare le mura sul fronte sud, e nemmeno la palazziata chiusa sul mare a ponente, con all'angolo il torrione dell'arcello, e stanno per ritirarsi. Ma a questo punto si verifica un fatto determinante, che condanna la città alla rovina, e che il nostro Marinelli, nato nel 1548, racconta in maniera diversa. Si ricordi che Diedo è diretto protagonista, anzi fra i comandanti, dell'assalto. Mentre il veneziano ed il Carafa stanno ritirandosi in barca verso le galee, notano un torrione, addossato da una parte alla cupola della chiesa, da altre due bagnato dal mare, dalla quarta posto in continuità con l'inizio del molo. Carafa non perde tempo: sbarca sul molo, si avvicina alla torre, Diedo lo segue con i suoi, il portabandiera si arrampica sotto il fuoco, raggiunge la cima debolmente difesa, sale sul tavolato che copre la botola, sventola la bandiera di San Marco, le galee s'avvicinano fulminee, altre truppe sbarcano, il torrione è preso, si entra d'impeto in chiesa, ci si raduna, si esce nella terra da due porte di mezzogiorno, comincia la battaglia. Muoiono nella disperata difesa 400 molfettesi ("e mai si ha visto mazor difesa di quello facevano loro"): la città è perduta. Dalla vivida testimonianza del Diedo, è del tutto evidente che la forte resistenza delle mura di mezzogiorno e di ponente induce gli assalitori a ritirarsi sulle navi, e che solo il torrione addossato allo spigolo nord-ovest del duomo, posto in continuità con il molo, probabilmente ed inspiegabilmente sguarnito, li convince ad un ultimo tentativo, purtroppo riuscito. Molto diversa la versione del Marinelli, ripresa poi da altri storici locali, secondo la quale l'assalto, facilitato addirittura da delle scale poste incautamente da alcuni, avvenne all'altezza del Vescovado, e si sviluppò poi sul torrione dell'arcello, raggiunto grazie alle antenne delle galee, e sulla muraglia dalla parte del borgo, conquistata dopo breve resistenza. Naturalmente quanto segue vuol essere soltanto una ragionevole ipotesi, dedotta dalla chiara relazione del capitano veneto, e non una radicale correzione del Marinelli. Resta da stabilire se il torrione in questione fosse praticamente la cappella di Santa Caterina, probabilmente sopraelevata e fortificata, o un altro, posto in posizione più arretrata sul lato nord del duomo, chiaramente indicato in una pianta del 1728, ma non in continuità con il molo. Il terzo brano pubblicato, ha per titolo "Summario di lettere di sier Hironimo de cha da Pexaro, date in galìa appresso Molfetta, a di 29 luio, hore 23". Il Pesaro, ammiraglio di tutta la flotta veneta d'oriente, si àncora con la squadra a Molfetta per rifornirsi di vettovaglie. A dieci giorni dal sacco, ispeziona la città, constatando la rovina del borgo, e i danni causati dall'artiglieria navale. Successivamente, sul torrione dell'arcello (il "revelino"), presiede un consiglio di guerra con il Principe di Melfi, il Contarini, ed altri comandanti, commentando ottimisticamente l'andamento delle operazioni militari in corso, e progettandone delle altre. Mi auguro, concludendo, di aver contribuito con queste note a gettare nuova luce su di un evento tragico della nostra storia, ma, soprattutto, mi premeva riesumare dall'oblio il sacrificio di 400 cittadini, ai quali sicuramente non importava nulla dei nobili e dei popolari, della Francia e della Spagna, ma che, per espresso riconoscimento del nemico, morirono con onore per difendere i loro cari e la propria patria.
Ignazio Pansini
I DOCUMENTI Lettera di sier Zuan Vituri, data in galìa a Barleta, a di 22 luio 1529
Come, per soe di 24, scrisse la deliberation fatta per lo illustrissimo signor Renzo et proveditor de l'armada Contarini et io di andar con l'armada a tuor Malfeta, et mandò il signor Federico Caraffa colonnello con 1000 fanti sopra le barche armate et altri navili; el qual signor Federico andava capo di esse zente per soccorrer Castro et Nardò, per esser Malfeta affezionata a lo illustrissimo signor principe di Melphe per esser dota del suo secondogenito. Et imbarcato le gente a li 17 al tardo, la notte si levò da Barletta, et a cerca hora di terza, la ditta armada si trovò a Malfetta; et mandato a dimandar la terra li fo risposto di volerla tenir per il suo patrone. Et inteso la risposta l'armada comenzò a batter la terra, et la batette con più di 300 canonade, et fece poca bataria per la qual se potesse intrar, con haver tirato l'armada tante bote; la qual armada non havea più polvere da trar. (nella foto, la galea a due alberi)
Vedendo questo, il signor Federico Caraffa montò in una fregata con 10 de li sui homeni, et dismontato in terra, et driedo di lui domino Zorzi Diedo capitanio de le barche armade, et cussì de man in man li sopracomiti cum li copani cum li homeni soi de galìa; et quel povero fortunato de ditto signor Federico intrò in uno certo buso, che quelli de la terra se serviva de andar al porto, et seguito el capitanio de le barche et sopracomiti con quelli de le galìe, li quali sono stati primi a entrar in detta terra. Sichè el proveditor Contarini se ha portato bene con tutti. Et al signor Federico fo dato, per uno de quelli de la terra de uno sasso sopra la testa et lo amazò, che certo è stato gran pecato. Per la qual morte, è sta morto molti de la terra, la qual è andata a saco. Oltre la roba che hanno perso quelli de la terra, son stà fatti presoni el forzo de loro con grosse taglie. Tegno questo sacco sia stato più de 200 mila scudi. Tutti li soldati, sopracomiti et tutti de l'armada hanno guadagnato bene, et fra li altri el capitanio di le barche armade ha uno prexon che li da 2000 scudi oltra le altre cose che l'ha guadagnato.Tutti ha fatto bene, excetto il capitanio del Golfo e la fusta Marcella che non sono stati a tal factione, et erano apresso de mi. Pur se fazi bene non mi curo de esser stato, perché non incuro de roba né di altro. Subito inteso el prender de ditto loco de Malfetta andai con il capitanio del Golfo lì, et stato con il proveditor de l'armada et principe di Melfe, deliberassemo che per la morte del signor Federico Caraffa li sui fanti si aveva difficoltà a condurli in Tera d'Otranto, et bisognava uno capo di autorità. Et aziò il signor Renzo si risolvesse presto, volse io andassi da sua signoria aciò non si perdesse tempo hora ch'è li boni tempi. Et cussì non stimando fatica mi partii da Malfetta con il capitanio del Golfo et 7 galìe. A dì 19 zonsi a Barleta et andai dal signor Renzo, et parlato con sua signoria mi disse, se 'l principe volesse andar lui a tal impresa saria contento. Et ho scritto a esso principe di questo; il qual rispose pregando el signor Renzo fusse contento lassarlo al governo di Malfetta et Juvenazo. Et sua signoria fu molto contenta, et disse: "Mandarò el capitanio Simon Romano a tal impresa".
Summario de una lettera de sier Zorzi Diedo, capitanio de le barche, data in Trani, a dì 22 luio 1529
Da novo, de qui a dì 18 de presente imbarcai a Barletta fanti 1500 con barche 10, marciliane 7, do nave et circa 15 barchete. Insieme con galìe 18, fuste 3, andassemo a la impresa di Malfetta. A dì 19 zonzessemo a hore 2 di giorno, dove fo mandato la mia fregata con el trombetta et io con la mia sola barca, perché la notte io aveva lassato le galìe più de mia 4 per pope, et era in barca con mi el signor Federico Caraffa, capitanio a ditta impresa. Et perché ditto capitanio havea mandato certi soi per haver qualche aviso de la tera, et cussì andassemo avanti de l'armada et trovassemo li ditti mandati, quali non haveano fato effetto niuno. In questo tempo el trombetta dimandò la terra. Foli risposto che non volevano rendersi a cavali di legno et sparorno doi tiri a la volta mia. Et per la Dio gratia non ne ofese, che eramo manco de uno tiro de archo lonzi de la murata. Se retirassemo a le galìe; comenzorno a bater, et nui smontamo, et in ordinanza andamo sotto, et subito se insignorissemo del borgo,con la morte de zerca 10 homini. Li archibugieri si haveano messi ne li magazeni et non lassavano parer niuno a le muraie. Ma questo era niente, perché la muraia era forte et haveva el revelin, et non era scale, et tutto era tempo perso, et le galìe non fevano frutto niuno. Concludessemo con il signor Federico la impresa esser persa, et strachi intramo in barca. Et refrescati et vardando la muraia, concludessemo di far experientia a uno certo turion adriedo la cuba di la chiexia, el qual due parte era in mar, la terza perlongà con il molo. Il signor Federico montò in fregata et io restai con certi fanti in barca. Qual signor smontò al molo con 4 compagni et se fecero driedo uno certo muro qual si è su el molo. Io, vedendo el pericolo li poteva occorrer, vigorosamente con quella più prestezza a me possibile, con la mia sola barca, me inviai, et zonto al molo saltassemo in terra et imbarzade le rodele corsemo al turion, et lì a bone archibusade et sasade per una altra parte el mio banderaro comenzò a rampegarse suso, et aiutato da li lanzoni fo spento apresso la merlatura, et per nostra bona sorte el mio bombardier dete del falconetto uno tiro in mezo del merlo dove conveniva passar el banderaro, qual fo a forza de piche spento, et salito sopra certe tolle che copriva el turion et lì si fece forte con il gaiardo. Le galìe, vedendo il gaiardo sopra la muraia, a voga battuta venero in terra et butorno una scala che era curta più de 5 pie. Il signor Federico montò, et io driedo a lui, pasasemo sul turion a spada per spada con spagnoli. Subito montò una frotta, amazasemo 5 spagnoli, li altri fuziteno per il buso di la cuba in chiexia. Li seguimo con tanta furia, che li tolessemo l'intrata et intrassemo con loro, quali fuziteno et fesenonsi forti a la porta, per non lassarvi nissun di la chiexia. Ben mi do questa laude esser stà il primo in chiexia. El signor Federigo per forza voleva saltar fora de la chiexia per scorer la terra. Io non ero di questa opinion, ma diceva: "Lassati prima montar pur assai numero di fanti". In queste parole lo intrò tanto che 'l zonse una banda de archibugieri, et saltassemo da due bande fora, lui per una porta et io per l'altra. Et vi dico che si havemo volesto piar la terra ne ha bisognato tuorla palmo per palmo et caxa per caxa; et mai si ha visto mazor difesa di quello facevano loro, di sorte che combatendo ne sono stà morti più di 400. Io mi posi a combater una caxa et entrai dove trovai 4 done, uno zovene, et certi putini, et roba assai. In questo zonse uno capitanio nominato Etore, et sforzami a far da boni compagni, dove mi toca in mia parte ducati 1000 di le taie di presoni, quali spiero de averli di brieve, et robe assai, ma di poco valor et, se me lasserano portar via li ogii et formenti, sarà almanco per altri duecento scudi. El signor Federigo fu morto da un saso. Io mi è stà dato suso una man, ma non è mal niuno; et una lanzada in uno brazo, ma intrado dentro del brazaleto, ma non mi ha fatto mal. (nella foto, un esempio del metodo di assalto dei veneziani)
Stago ben et di bona voglia, ma ben vi prego fati vostro forzo ch'io vengi a repatriar, perché l'è mal combater per le grandissime archibusarie che se usano. Non altro. Siati sano. Io mando a l'arsenal per remi 20; pregovi solicitate me siano mandati, et fati che 'l tralao li fazi de la sorte di altri, longi piè 21 l'uno. A tergo: "Magnifico et generoso domino Paulo Diedo qu. Carissimi domini Antonii, fratri honorando".
Sumario di lettere di sier Hironimo da cha da Pexaro, date in galìa apresso Molfetta a di 29 Luio, hore 23.
Heri ritrovandomi sopra Trane mi levai, perché le galìe haveano bisogno di far acqua et soldati fornirse, per la messa, et zonsi a zerca hore do di notte qui apresso Molfetta, ch'è a 9 mia lontan da Trani. Questa matina intrai in porto per dar comodità a le galìe, marziliane et altri legni a fornirse per loro bisogni. Dismontato in terra fui incontrato da lo illustrissimo principe di Melfe con tutti quelli capi ch'è li apresso di sé, da conto, dal qual con molte accoglienze mi acettò offerendosi in ogni tempo esser pronto per le forze sue a non mancare di servirne, et che l'havea posto l'ancora di rispetto ne la Serenissima Signoria di haver aiuto in ogni caso li potesse occorrer. Li resposi commemorandoli quanto agiuto è stato l'opera sua fatta in Monopoli, con altre parole. Et per la porta di la marina, da la banda di sopra, ch'è sola porta aperta, intrai ne la terra et vidi la ruina di le caxe de lo borgo che fo buttà tutto a terra, ch'è uno borgo con molte caxe et chiesie. Hor udito messa et mostratomi la città ne la qual appar le ruine fecero le artellarie de l'armada nostra, mi tirai con sua signoria, il magnifico proveditor Contarini et nostrii secretarii in uno revelino, dove li comunicai la impresa deliberata di l'Abruzzo et poi quella di Brandizio, dicendoli la importanza era a dominar quel porto a beneficio di tutta la liga et in particolare di sua signoria ch'è signor di questa terra et Juvenazzo qui proximo a questo porto, et come tutto il tempo di l'anno si potrà nutrir l'armada et aquistar non solo la Puglia con tempo, ma tutto il Regno, subiungendoli che, avendo 1100 fanti a queste custodie, ne haveva 400 di più perché bastavano 700".
Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
Contengono offese di qualunque tipo
Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
Contengono messaggi pubblicitari
""
Classifica della settimana
14 settembre 2024
Attualità
La Madonna dei Martiri, patrona di Molfetta festeggiata ad Hoboken. Diario di viaggio e di un piccolo miracolo
16 settembre 2024
Cronaca
Ancora sporcizia e insicurezza a Molfetta. Una lettrice scrive a “Quindici”
15 settembre 2024
Attualità
Il rispetto per le bande
17 settembre 2024
Attualità
Borsa di studio “Corrado Poli”, la premiazione al Liceo Classico di Molfetta giovedì 19
16 settembre 2024
Attualità
Serata di musica a Molfetta dell’Associazione Pro Artibus, per il Festival della solidarietà
12 settembre 2024
Politica
Abbattimenti alberi viale Gramsci a Molfetta, interpellanza di Infante (Rifondazione). Continua lo scempio del verde in città
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2024
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by
PC
Planet