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Ennesimo scempio al monumento ai caduti … questa è la nuova “cultura” a Molfetta
02 agosto 2014

MOLFETTA - Le Associazioni combattentistiche e d’Arma denunciano l’ennesimo scempio al monumento ai caduti di Molfetta.

«Ancora una volta il monumento ai Caduti di tutte le guerre si trova al centro di tristi vicende che solo in questi ultimi anni si stanno intensificando, in una città che è ormai indifferente e che sta perdendo quei valori di convivenza civile e rispetto delle regole comuni. Avevamo già denunciato i deplorevoli attacchi al monumento, da parte di ignoti:

il furto della baionetta del soldato morente, asportata e mai più ritrovata (nemmeno durante l’occupazione inglese, durante la quale alcuni militari avevano cercato invano di tagliare il braccio della Nike alata, si era verificato un così importante danneggiamento);

l’asportazione dei fari che illuminavano l’opera di Cozzoli, qualche tempo dopo lo splendido restauro conservativo, che aveva ridato dignità alle sculture e ai marmi;

la rottura della lampada votiva, dono dei reduci di guerra molfettesi, a causa della mancata sorveglianza del monumento da parte di chi è addetto, soprattutto per l’accesso incondizionato di bambini incustoditi dai genitori, e probabilmente ineducati;

la mancata sostituzione, ormai da qualche anno, della lampadina che era accesa all’interno della stessa e a cui provvedeva sempre il Comune;

la comparsa di scritte sui marmi;

il furto della bandiera italiana, durante i recenti mondiali di calcio.

Pensavamo che si fosse ormai raggiunto il limite all’indecenza e al decoro, ma in questa città le sorprese relative alla mancanza di regole di civile convivenza evidentemente non mancano mai: in pieno giorno, ignoti hanno asportato l’intera asta metallica che era impiantata in adiacenza alla ringhiera del monumento.

È mai possibile che si possa assistere a uno scempio di tale portata? Che sicurezza è garantita ai nostri monumenti? Perché Molfetta è caduta così in basso, come non era mai successo nel lontano passato? È questa la città in cui vivono i nostri figli? Semplicemente bisogna vergognarsi e indignarsi, e le istituzioni dovrebbero trovare una soluzione per correggere questo andazzo, con sistemi anche repressivi e preventivi.

Le Associazioni Combattentistiche e d’Arma ed in primis l’Associazione Eredi della Storia, la Fondazione A.N.M.I.G., l’Ist. Naz. del Nastro Azzurro, l’ANCR sono indignate per questo scempio che continua a perpetrarsi nell’indifferenza assoluta delle istituzioni che dovrebbero garantire l‘ordine ed il rispetto delle regole oltre che il senso civico dei cittadini.

Tutto ciò avviene mentre tutto il mondo sta commemorando con diverse iniziative i cent’anni dalla Grande Guerra. Molfetta pagò con oltre 500 morti il servizio alla Patria.

Cos’altro ci dobbiamo aspettare nel prossimo futuro? Restiamo senza parole, e pretendiamo una risposta».

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Anno 1985, forse lo stesso rapporto di Navigatore Solitario. Posso continuare gentile Redazione di “QUINDICI”? Grazie. - “Nella maggior parte dei casi – afferma un magistrato del Tribunale dei Minorenni di Roma – questi giovani non vengono da una famiglia solidamente organizzata, ovvero da un padre e una madre sposati e conviventi in una stessa casa e con almeno una fonte di reddito che garantisca un minimo di stabilità economica. Troppo spesso hanno genitori che versano in condizioni economiche e socioculturali a dir poco disastrose e sono quindi incapaci di soddisfare il loro ruolo psicologico e pedagogico.” Anche la scuola ha la sua parte di colpa, perché non ha specialisti capaci di trattare i bambini difficili, motivo per cui molti smettono di andarci. Un'analisi della vita scolastica dei giovani detenuti del carcere per minorenni Beccaria di Milano rafforza questa impressione: nel 1983, su 729 giovani reclusi, più del 50 per cento aveva abbandonato la scuola prima di concludere il periodo dell'istruzione obbligatorio. D'altronde, in molte città, la scuola e gli altri luoghi in cui si riuniscono i giovani, come le discoteche e le sale videogiochi, sono diventati covi di violenza. La droga è sempre più comune anche nelle scuole medie e molti giovani vengono aggrediti dai compagni di classe mentre bande di minorenni fanno razzie di biciclette, motorini, denaro e catenine d'oro degli scolari. Tra povertà e criminalità esiste certamente un legame, ma appare sempre più tenue. Secondo un documento del CENSIS (Centro di Studi Sociali), pubblicato nel 1982 “sempre più spesso gli operatori dichiarano di trovarsi di fronte a casi di aggressioni, danneggiamenti, vandalismi e furti effettuati non più a scopo consumistico o per soddisfare dei bisogni, ma per il semplice gusto di farli”. E non si tratta soltanto di ragazzi: più di 200 ragazze vengono condannate ogni anno. “Le ragazze hanno abbandonato il ruolo tradizionale che era passivo e casalingo – dice il professor Assunto Quadrio, direttore del Dipartimento di Psicologia dell'università cattolica del Sacro Cuore di Milano – e stanno diventando sempre più simili ai loro coetanei”. Qui mi fermo perché mi rendo conto di come dopo tanti anni, niente è stato fatto. Non mi resta che ripetere quanto afferma un frequentatore di “Q” online: “ E' LA FINE!!!!!!!”
Per come vengono affrontati queste problematiche delinquenziali, sembra che tutto sia scoppiato all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Invece no! Da un rapporto sulla delinquenza giovanile e minorile del 1985 firmato da Francesca Vieta. – Bambini e adolescenti fanno ormai parte integrante del mondo del crimine. Omicidi, spaccio di droga, rapine, vandalismo: alcune di queste attività su commissione o istigazione di adulti che li strumentalizzano. Francesco, di 14 anni, ed Enrico, di 9, vivevano in un piccolo villaggio alla periferia di Milano. Si conoscevano e giocavano a volte insieme. In un pomeriggio di settembre di tre anni fa, cominciarono a litigare perché Enrico non voleva consegnare il suo salvadanaio al più grande. Francesco picchiò e uccise Enrico facendogli battere la testa contro un albero e soffocandolo con un sasso in bocca. – Marco di 17 anni e Antonio di 16 parteciparono attivamente per una notte intera alle ricerche di Maria, la figlia di un vicino, una bambina di appena tre anni e mezzo, scomparsa da casa in un paese del Sud. Venti ore dopo i due ragazzi confessarono di aver rapito e strangolato la bimba con un filo di acciaio; avevano anche telefonato alla famiglia di Maria chiedendo un riscatto di 60 milioni di lire. Questi casi mettono a nudo una preoccupante caratteristica della vita criminale del paese. Soltanto nel 1983, ben 221 omicidi vennero compiuti da minori; e in totale 21.182 giovani vennero denunciati. Inoltre, secondo magistrati ed esperti del Ministero di Grazia e Giustizia, il 75 per cento di tutti i reati denunciati nel 1983 (2.042.770) consisteva in piccoli furti o reati contro il patrimonio, la maggior parte dei quali attribuiti a minori o comunque a delinquenti in giovane età. Ma chi sono questi giovani criminali? E perché c'è tanta criminalità di giovani e giovanissimi? Era l'anno 1985. – 2014, non è cambiato niente, perché? Ci sono colpe? Se ci sono, di chi? La risposta non è semplice, ma il ruolo sempre meno influente esercitato dalla famiglia e dalla scuola è certamente una delle cause principali.



Televisioni, spettacoli di piazza, spettacoli di massa in centri commerciali, questa civiltà "dell'immagine" sta mostrando oltre che i suoi limiti, le sue nefandezze, le distrazioni di massa imbecillità, tutti convinti che sia tutto questo il valore dell'esistenza umana. Nessuno o pochi leggono. L'importanza di leggere in una riflessione di Ferdinando Camon. "Chi vive, vive la propria vita. Chi legge, vive anche le vite altrui. Ma poiché una vita esiste in relazione con le altre vite, chi non legge non entra in questa relazione, e dunque non vive nemmeno la propria vita, la perde. La scrittura registra il lavoro del mondo. Chi legge libri e articoli, eredita questo lavoro, ne viene trasformato, alla fine di ogni libro o di ogni giornale è diverso da com'era all'inizio. Se qualcuno non legge libri né giornali, ignora quel lavoro, è come se il mondo lavorasse per tutti ma non per lui, l'umanità corre ma lui è fermo. La lettura permette di conoscere le civiltà altrui. Ma poiché la propria civiltà si conosce solo in relazione con le altre civiltà, chi non legge non conosce nemmeno la civiltà in cui è nato: egli è estraneo al suo tempo e alla sua gente. Un popolo non può permettersi di avere individui che non leggono. E' come avere elementi a-sociali, che frenano la storia. O individui non vaccinati, portatori di malattie. Bisogna essere vaccinati per sé e per gli altri. Perciò leggere non è soltanto un diritto, è anche un dovere. Nelle relazioni tra i popoli, la prima e più importante forma di solidarietà è dare informazioni: mai l'altro dev'essere convertito alla nostra supposta superiorità, ma sempre messo in condizioni di scegliere tra le sue informazioni e le nostre. Quando una cultura si ritiene nella fase di superiorità tale che tutte le altre culture devono apprendere da lei, per il loro bene, e lei non può apprendere da nessuna, comincia la sua decadenza. Ferdinando Camon

Cedere alla rassegnazione, davanti a questi ed altri eventi negativi che si verificano da ormai tantissimi anni, sembra ormai l'unica scelta possibile! Avavamo salutato l'avvento di un'Amministrazione ...diversa ed avevamo "letto" (io almeno l'avevo fatto) ciò, come il CAMBIO, la DISCONTINUITA', l'inizio del ritorno alla CIVILTA', persa ormai, come in tutto il nostro disgraziato Paese, da decenni. Abbiamo avuto pazienza, tanta pazienza ma... Osserviamo (io, almeno) che un certo cambiamento c'è. Osserviamo lavori pubblici (l'utilissima eliminazione delle erbacce, fonte dicontinuo pericolo per incendi, pulizia di alcune aree, con i rifiuti - quelli pericolosi,di cui si era annunciata la RIMOZIONE, non ancora avvenuta adoggi - e altro). Ma... Sicurezza, ordine, ripristino di valori minimi perduti? Nulla! Rispetto delle regole per TUTTI? Nulla! Allora, di grazia, dobbiamo penssare che comunque vada, il Cittadino, e forse è la maggioranza, quello che vorrebbe poter vivere in sicurezza (relativa, ovvio). Non dover subire l'ineducazione - mai repressa - di altri che sono la minoranza, forti come sono della loro presunta immunità, sta diventando davvero una chimera. Allora? Rassegnarci ed imparare ad essere menefreghisti, ad adeguarsi al "ribasso"?. Beh, visto quel che succede (Cimitero, Monumento violato - il cancelletto di acceso sembra sia aperto! e nessuno fa nulla - Traffico sempre più caotico. Semafori spenti senza apparente ragione - non era stata annunciata la stipula di un contratto con una nuova Impresa di manutenzione?) sembrerebbe di sì.Duole dirlo, ma è così. Anche se con una certa nota di rimpianto e delusione. Cerchiamo di sopravvivere ancora? In attesa INUTILE di tempi migliori?


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