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“Educare tutti, anche i più potenti, ai sapori della Verità e della Giustizia!” SPECIALE DON TONINO - Un ricordo di Domenico Cives suo medico personale
15 maggio 2003

“Gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore”. E' una di quelle tante intuizioni poetiche che potreste leggere nel capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry: Il Piccolo Principe. Ma quante volte me lo ripeteva don Tonino! “Non affannarti a tentare di risolvere il teorema di Dio. Dio non è nelle equazioni. Guarda in te!”. Sono trascorsi già dieci anni! Il tempo ci inganna con le sue illusioni, ci avvince con le sue trame e ci soffoca con la sua perentorietà. Dieci anni! Eppure mi sembra ieri! Non ti ho scordato amico mio. Così come non sei stato strappato dal cuore della gente, di quella che già ti amava, ma anche di quella che, pur non conoscendoti, sente che è impossibile non esclamare con te: “Ti voglio bene!”. Posso confessarti una cosa? Ho tanta nostalgia nel cuore. L'etimo mi soccorre per spiegarti ciò che provo: nostalgia è il dolore per un distacco, per una lontananza, per una persona che non c'è più. Però è anche il modo di recuperare nel tempo quello che è stato gioia senza misura. Tristezza e gioia sono sentimenti così distanti eppure così affini. Sono come l'amaro e il dolce: non si può conoscere l'uno senza avere consapevolezza dell'altro. Ecco perché mi sono tanto dolci i ricordi, anche i più tristi, di tutti i momenti che mi hai concesso di vivere accanto a te. La prima volta che bussai alla porta dell'episcopio venne ad aprirmi il vescovo in persona, che annunciò la sua presenza con una delle sue allegre scivolate sul pavimento. Mi accolse come se fossimo stati amici da sempre e mi parlò subito delle sue certezze, ma anche dei suoi sogni. “Il mondo ha bisogno di sognatori, di gente capace di indicare la rotta per Utopia che non è l'isola che non c'è, ma è l'isola delle calde speranze! E senza speranze l'uomo è perduto!”. Mi affascinò il suo linguaggio, la sua umanità ricca di slanci, il suo sguardo di sognatore. E volli imparare a sognare. Volle darmi una prima lezione di umiltà il giorno in cui mi invitò a pranzo. Mi fece accomodare nella cucina. La tavola non era ancora apparecchiata (o almeno così appariva a me). Quella mattina avevo con orgoglio annunciato a mia moglie che don Tonino mi aveva invitato a pranzo ed ero andato via pregustando ciò che avrei trovato sulla tavola del vescovo. Però quella tavola spoglia e la mancanza dei tipici profumi della cucina mi misero addosso più di un dubbio. E ben presto don Tonino mi trasformò quei dubbi in certezze. “Oggi le farò assaggiare una delle più ghiotte specialità della mia gente!”. Mentre mi annunciava quella intenzione, aprì le ante di un armadietto a muro e cominciò a frugare in un grosso sacco. Le sue mani riemersero ghermendo due frisie (pane duro a forma di ciambella) che scivolarono ben presto in una bacinella colma di acqua. Affondarono e con esse affondò anche la mia fame. “Lei non immagina quanta gente muore quotidianamente di fame perché non ha nulla di cui sfamarsi! E' una terribile ingiustizia che pesa come un macigno sulla nostra coscienza! Non c'è pace senza giustizia”. Cominciò così la sua “catechesi” nei miei confronti. Ben presto capii la sua “strategia” che aveva salde radici nelle pagine del Vangelo. E' questo, se non lo ricordate, quello splendido libro in cui sono raccolte le Verità scomode, quelle che non fanno sconti e non ammettono edulcorazioni di comodo. Partire dagli ultimi, stare accanto ai più deboli, dare la voce a chi non ce l'ha. Ma, nello stesso tempo, educare tutti, anche i più potenti, ai sapori della Verità e della Giustizia! Ecco perché don Tonino non può essere considerato uomo di parte! Egli parte dagli ultimi, ma va verso tutti! E invece si tenta ancora oggi di dargli una “collocazione provvisoria”. Don Tonino non è un personaggio della commedia di Pirandello, non è “come tu mi vuoi”! Non si possono estrapolare sue parole per farne ornamento di bandiera. La sua posizione contro ogni guerra non può essere compresa se non si tengono a mente i suoi insegnamenti: “Pace è accettazione dell'altro, è accettazione della convivialità delle differenze. Ma pace è per-dono, cioè dono moltiplicato, un dono che quando giunge al destinatario deve portare anche il con-dono. Solo chi perdona può parlare di pace”. Caro amico vescovo, ho tante cose da raccontarti. Così come facevo seduto accanto alle tue sofferenze. Ti mettevo al corrente di tutto quello che succedeva e ne discutevo con te fino a notte fonda. Vorrei dirti che avevi ragione quando mi parlavi dei pericoli di un mondo globalizzato e sempre più disumanizzato. Ma avevi ragione anche quando mi parlavi della nascita di un arcobaleno fatto di volontariato e di un O.N.U. dei poveri. Vedi, ti sei battuto contro il concetto di “guerra giusta o di guerra santa” (come può essere giusta o santa la violenza?), ma la malvagità dell'uomo in questi giorni ha ideato il concetto di “guerra preventiva” dichiarando lecito l'assassinio se da esso può discendere la prevenzione di un crimine sospettato semplicemente di poter essere commesso. E chissà come reagiresti se ti dicessi che i supergarantiti di turno si lamentano della ingiustizia della Giustizia! Loro hanno almeno uno stuolo di avvocati a difesa ed il Codice hanno l'opportunità di accomodarlo nelle presunte parti carenti. Quanta regale dignità invece in quell'ubriacone che varcava le soglie della prigione senza avere neppure la consapevolezza del torto arrecato o subito! Giuseppe sta con te, vero? Dimmi che è così. Altrimenti corro il rischio di canticchiare quel motivetto che i Nomadi suonavano negli anni Sessanta: “Dio è morto”. E tu sai quanto sia faticosa la ricerca della verità, specie da parte di chi riteneva che Dio non fosse mai nato! Stammi sempre vicino, amico mio, e stendi il tuo sguardo su tutti. Mi hai dato la tua parola, ricordi?, quando ti aggrappasti al mio collo e mi segnasti di baci e lacrime. “Parola di Vescovo”, mormorasti. E noi tutti non saremo mai più soli! Domenico Cives
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