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Editoria, Mediacoop: garantire l'erogazione dei contributi pubblici, rivedere i criteri di accesso L'Assemblea nazionale delle Associazione delle cooperative editoriali e della comunicazione
28 settembre 2006

ROMA - Ricostituire il fondo per i contributi all'editoria (50 milioni per il 2006, 95 per il 2007 e gli anni successivi), neutralizzando gli effetti della manovra d'estate e recependo le indicazioni dell'ordine del giorno presentato dalla Camera il 2 agosto ed accolto dal Governo; stabilire nuovi criteri, ispirati al principio della trasparenza, per l'accesso ai contributi, evitando l'ipotesi di tagliare indiscriminatamente a tutti una percentuale del contributo. Queste, in sintesi, le principali richieste avanzate a Roma dall'Assemblea Nazionale di Mediacoop, Associazione Nazionale delle Cooperative Editoriali e della Comunicazione, del Tavolo di Coordinamento Nazionale dei Media Non Profit e dei giornali di partito. Alla base delle richieste la forte preoccupazione per le conseguenze esiziali che una drastica riduzione del contributo pubblico produrrebbe su centinaia di testate del mondo cooperativo, non profit e di partito (più di 600 televisioni, 1.200 emittenti radiofoniche, oltre 141 quotidiani, circa 6.000 periodici, decine di centri di produzione e di agenzie di servizio già in serie difficoltà in un mercato editoriale caratterizzato dal dominio del duopolio Rai-Mediaset nell'emittenza e dai processi di concentrazione delle testate nella carta stampata. “I contributi pubblici all'editoria ed all'emittenza cooperativa, non profit e di partito” -ha ricordato nella sua relazione introduttiva Lelio Grassucci, Presidente di Mediacoop -, “furono a suo tempo previsti come risarcimento per le discriminazioni del mercato, caratterizzato da un pesante squilibrio nei flussi pubblicitari che permane tuttora: se il duopolio televisivo, infatti, assorbe oltre il 56% di tutte le risorse pubblicitarie, nel settore della carta stampata i grandi quotidiani, con la pubblicità, coprono più del 52% del proprio bilancio, mentre le realtà cooperative, non profit e di partito non raggiungono mai più del 15%”. Da qui i timori circa le ipotesi, circolate negli ultimi mesi, di un pesante taglio ai contributi pubblici all'editoria, in relazione alla necessità che tutti contribuiscano al rientro del deficit ed al risanamento dei conti pubblici. “Il settore dell'editoria” - ha aggiunto Grassocci - “ha già fatto la propria parte, se si considera che la legge Finanziaria 2006 ha ridotto da 170 a poco più di 140 milioni il fabbisogno (lasciandone, tra l'altro, incomprensibilmente un terzo privo di copertura) con una riduzione del 18% a carattere strutturale, visto che si protrarrà anche per i prossimi anni”. Lo stanziamento per i contributi diretti Nell'attuale quadro normativo, il pagamento dei contributi diretti esige risorse per circa 140 milioni di euro rispetto ad uno stanziamento di 98 milioni per il triennio 2006-2008, ulteriormente decurtato dal decreto Bersani. Da qui l'esigenza, sottolineata da Mediacoop, Media Non Profit e giornali di partito, di concordare con il Tesoro la copertura del fabbisogno di spesa previsto nella Finanziaria 2007. In pratica, si tratterebbe, innanzitutto, di neutralizzare gli effetti della manovra d'estate e di ricostituire il fondo, accogliendo le indicazioni dell'ordine del giorno n.9/1475/56, del 2. 08. 2006, presentato dalla Camera dei Deputati ed accolto dal Governo. Si tratta di aumentare lo stanziamento esistente con circa 50 milioni per il 2006 e con circa 95 milioni per il 2007 e gli anni successivi. Consolidamento e risanamento del fondo per i contributi diretti: proposte di razionalizzazione e trasparenza È solo da un importo così ricostituito che si può partire, a giudizio di Mediacoop, Media Non Profit e giornali di partito, per valutare le misure correttive e di pulizia nell'assegnazione dei fondi. Per portare avanti questa azione di risanamento nell'erogazione dei contributi, Mediacoop, Media Non Profit e giornali di partito propongono l'introduzione di nuove misure che prevedano: a) che tutte le cooperative editoriali debbano avere i requisiti, previsti nella 416/81, artt. 5 e 6, per le cooperative di giornalisti stabilendo così che almeno il 51% dei dipendenti giornalisti devono essere soci e che ogni dipendente giornalista che ne faccia richiesta deve essere ammesso come socio. Si tratta di una misura elementare, tesa ad impedire che godano di benefici pubblici cooperative che non hanno nulla di mutualistico e che vedono una netta separazione tra proprietà e lavoro, propria di qualsiasi forma di società di capitali, da cui queste cooperative editoriali differiscono solo per il divieto di ripartizione degli eventuali utili; b) l'introduzione di un nuovo tetto massimo per i contributi rapportato ai dipendenti, nel senso che il contributo non può superare un certo valore (ad esempio 150.000 euro) per dipendente giornalista. Questa misura sarebbe particolarmente rilevante, in quanto nell'attuale normativa i contributi sono parametrati alla tiratura, indipendentemente dalla natura del prodotto, cioè dalla qualità, consistenza e dignità del giornale. E vanno in misura uguale a chi fa un quotidiano di 20 pagine e a chi lo fa di 4: cosa che spinge alcune aziende a gonfiare le tirature e la diffusione, per incrementare l'ammontare dei contributi. Tale scelta scoraggerebbe, tra l'altro, un eccessivo ricorso ai services da parte di soggetti che godono di consistenti contributi pubblici; c) le copie 'diffuse' vengano considerate tali, ai fini dell'accesso ai contributi, solo se vendute ad un valore non inferiore al 50% del prezzo di copertina. Questo per evitare che una vendita 'in blocco' di copie a prezzi irrisori venga utilizzata per rigonfiare l'entità delle copie diffuse, al fine di innalzare artificiosamente i contributi, esibendo valori assolutamente distanti dal peso reale dei quotidiani che li ricevono; d) i quotidiani debbano essere presenti almeno nel 40% delle edicole del territorio di riferimento. Si tratta, come è evidente, di misure fortemente restrittive, che vengono però proposte per garantire maggiore trasparenza e perché sarebbe inaccettabile che il Governo decida di ridurre la spesa tagliando a tutti una percentuale del contributo. “Con una tale misura” -ha sottolineato Grassucci- “si consumerebbe la peggiore delle ingiustizie, tagliando risorse in misura uguale a giornali che vivono tra i lettori e nelle edicole e rappresentano ormai voci autorevoli, quand'anche non delle maggiori dimensioni, dell'informazione democratica del Paese e giornali nazionali che magari, come effettivamente accade, sono presenti in pochissimi Comuni o hanno soltanto qualche giornalista o vendono in blocco a prezzi irrisori la metà delle copie o sono fatti da un ridottissimo numero di pagine, e, ciò malgrado, dispongono di elevate risorse pubbliche”.
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