Edilizia convenzionata, per la Cassazione a Molfetta ci fu concussione ambientale
MOLFETTA -Ennesimo colpo di scena nella querelle giudiziaria tra un cittadino e un costruttore, risalente all'edilizia convenzionata, nell'ambito del Piano della 167 che si sviluppò a cavallo degli anni 80-90.
La Cassazione ha ribaltato la sentenza d'Appello e affermato che a Molfetta c'era un sistema di “concussione ambientale”.
Correva l'anno 1992, a Molfetta si stava realizzando la 167, che oltre alle cooperative, comprendeva l'edilizia convenzionata, cioè prezzo di vendita fissato dal Comune in base ad un'apposita convenzione con le imprese costruttrici. Il sig. Antonio (l'identità completa dei protagonisti non ci interessa, quel che conta sono i fatti), in regola con i requisiti previsti e collocato in graduatoria, contattò e contrattò con l'impresa convenzionata. Prima della stipula del compromesso, il costruttore, come condizione indispensabile, avanzò la richiesta di una somma in più e in nero, rispetto al prezzo stabilito dal Comune. Così scattò la denuncia.
Il costruttore affermò che la maggiorazione era dovuta ad alcune migliorie indicate da Antonio.
Non mancarono le sottili illazioni ora su uno ora sull'altro, veicolate dalla stampa locale.
Nel 2001 si arrivò al processo di primo grado, con la condanna del costruttore per il reato di concussione.
Nel 2006 la Corte d'Appello di Bari accolse il ricorso del costruttore e lo scagionò da ogni addebito, perché il fatto (reato di concussione) non sussisteva. Le ipotesi di reati di corruzione e truffa non erano considerati perché ormai prescritti.
La sentenza fece scalpore per le motivazioni. Per la Corte, Antonio era a conoscenza della “prassi” nel nostro territorio della richiesta dei costruttori di somme in nero e quindi ci sarebbe stata una sorta di “inserimento consapevole” in tale “prassi”. Quindi niente minaccia e di conseguenza niente reato di concussione.
Contro questa sentenza ricorsero in Cassazione non solo Antonio, ma anche il Procuratore Generale della Repubblica della Corte d'Appello di Bari. Insomma il caso assunse una rilevanza giuridica di primo piano.
La Suprema corte nell'aprile scorso, ha smontato punto su punto la sentenza di 2° grado, definendola “illogica”, sentenziato la fondatezza del reato di concussione e ha disposto un nuovo dibattimento presso altra corte. In sostanza, la Cassazione ha appurato l'esistenza di tutti i requisiti del reato: l'abuso di funzione (richiesta di somme in nero non dovute), illiceità della pretesa (essendo il prezzo stabilito dalla convenzione), l'esercizio di pressione psichica (la vendita condizionata alla somma pretesa). Inoltre, la Suprema Corte, ha ritenuto che la diffusione delle illecite richieste e la loro abituale accettazione, configurasse “la situazione di concussione ambientale imperante di alcune sfere di attività della pubblica amministrazione”.
Anche se la vicenda è formalmente ancora aperta, sul suo proseguimento peserà come un macigno la decisione della Cassazione che ha sancito il seguente principio di diritto a cui dovrà attenersi la Corte distrettuale titolare del nuovo giudizio d'Appello: “nel caso di edilizia convenzionata, la condotta del costruttore che condizioni la conclusione o l'esecuzione del contratto alla dazione, da parte dell'acquirente inserito nelle apposite graduatorie, di somma maggiore di quella determinabile ai sensi della convenzione e non corrispondente a migliorie e varianti con lui concordate, integra il delitto di concussione”.
Autore: Francesco Del Rosso