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Duro colpo di Berlusconi alla stampa locale
15 aprile 2010

Abbonamenti a rischio E’ l’ultimo colpo di mano del governo di Silvio Berlusconi sul fronte dell’informazione: l’attacco alla stampa no profit e ai giornali locali il cui mancato controllo infastidisce il premier. A farne le spese saranno i giornali locali come Quindici che dovranno rinunciare agli abbonamenti o caricare sugli stessi abbonati gli aumenti vertiginosi dei costi di spedizione postali lievitati fino al 700%. E’ l’allarme che “Quindici” lancia da queste colonne, invitando i lettori a sostenere questa battaglia di libertà. Non potendo colpire la stampa libera locale, il premier ha deciso di strozzarla economicamente con un assurdo aumento di tariffe postali che costringerà molti giornali alla chiusura. E’ un altro passo verso il regime totalitario al quale Berlusconi aspira. Non potendo controllare e dirigere anche la stampa minore, che è rimasta fra i pochi media liberi in Italia, Berlusconi e il suo commercialista il Robin Hood al contrario Giulio Tremonti, ministro dell’economia, che toglie ai poveri per dare ai ricchi con condoni fiscali a raff i - ca, ora ha trovato un sistema soft per ridurre al silenzio anche l’informazione in carta stampata che raggiunge capillarmente milioni di cittadini. Attraverso il taglio alle agevolazioni postali, aumenta le tariffe dal 500 al 700 per cento, condannando a morte tutti i giornali, soprattutto quelli non profit e quelli locali, come “Quindici” che non hanno altre fonti di finanziamento, né possono avere accesso ai fondi statali per l’editoria. E così Berlusconi, ignorando il conflitto di interessi e continuando a fare i propri interessi sia sul piano privato (come imprenditore dell’editoria) che in quello pubblico (come premier), ora si libera dell’ultimo ingombro che gli resta sul piano dell’informazione. L’operazione è paragonabile all’istituzione del Minculpop, il ministero della cultura popolare, nefasto ricordo del regime di Benito Mussolini, che controllava la stampa in Italia durante il ventennio. E all’azione di tutti i regimi dittatoriali che bruciavano giornali e libri. E mentre molti italiani ingenui continuano a credere alle chiacchiere e alle promesse propinate dalla tv e dai giornali che il premier controlla direttamente o indirettamente, viene attuata un’operazione antidemocratica, giustificata magari dalla crisi economica (che, però, continua ad essere negata dal governo) per costringere alla chiusura tutti i giornali no profit, che vivono esclusivamente di volontariato e fanno grandi sacrifici per essere in edicola, in un periodo di crisi delle entrate pubblicitarie e delle vendite che si sono ridotte per tutti i giornali, dai più grandi ai più piccoli. Questa operazione fu già tentata qualche anno fa dallo stesso governo di centrodestra, ma naufragò perché ci furono alcuni giornali e piccoli editori, fra cui “Quindici”, che scoprirono in extremis il tentativo di eliminare le agevolazioni e mobilitarono alcuni parlamentari dell’opposizione per scongiurare questo pericolo. Purtroppo questa notizia è passata quasi sotto silenzio, per l’ampio controllo del governo sui grandi mezzi di comunicazione di massa, anche perché i grossi editori temono che Berlusconi possa poi tagliare loro anche i milioni di euro che ogni anno vengono versati perfino a giornali quotati in Borsa, come “Il Sole 24 ore”, organo della Confindustria e degli imprenditori. Tra l’altro i grandi giornali hanno ridotto fortemente gli abbonamenti, anche a causa dei ritardi del servizio postale (altra grande inefficienza italiana della quale nessuno ha chiesto mai conto a Poste Italiane). Ma i grandi giornali hanno una diffusione capillare nelle edicole di tutt’Italia e chi vuole, può trovarli facilmente. I piccoli giornali come Quindici, non avendo questa possibilità, sono costretti ad utilizzare lo strumento dell’abbonamento postale per spedire in tutt’Italia il loro prodotto editoriale. Tra l’altro oggi è già difficile stare sul mercato in queste condizioni e fare i salti mortali per essere in edicola, chiedendo, in tempi di crisi, qualche sacrificio economico anche ai lettori (Quindici, contrariamente ad altri, ha aspettato oltre un anno prima di aumentare il prezzo di copertina, già ampiamente insufficiente a coprire i costi di stampa che in questi anni sono lievitati enormemente). A risentire di questa situazione sono anche i giornali religiosi ed appare inspiegabile il silenzio delle autorità ecclesiastiche: forse sperano in un decreto ad hoc di Berlusconi che, come in altri casi, utilizzerà questa concessione per ingraziarsi la Chiesa, e quindi i consensi di una parte dei cattolici e del clero. Ecco perché oggi noi di Quindici facciamo appello all’opinione pubblica perché rifiuti questo ennesimo passo verso il regime: la legge è operativa dal 1° aprile (e non è un pesce d’aprile) e costringerà anche noi almeno a triplicare il costo degli abbonamenti oppure a rinunciare a spedire il giornale agli abbonati. Insomma, a pagare il prezzo di quest’ultima arrogante decisione antidemocratica del governo, sarete tutti voi cittadini che credete e volete la stampa libera. Noi chiediamo che il decreto venga ritirato e facciamo appello all’opinione pubblica perché sostenga questo nostro appello.

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