Donne in giunta: sindaco bocciato, ma ostinato
La Giunta del sindaco Antonio Azzollini è stata azzerata e gli assessori si sono dimessi. E' il risultato della sentenza della terza sezione del Tar regionale, presieduta da Amedeo Urbano, che ha giudicato illegittima la composizione della Giunta comunale, priva di rappresentanti femminili come invece impone lo Statuto Comunale, accogliendo di fatto il ricorso presentato mesi fa dal consigliere regionale Magda Terrevoli e dal presidente della Commissione di Pari Opportunità, Serena Mollendini. Non solo: il Comune di Molfetta è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali, il che certo non rappresenta il problema maggiore per il sindaco, Antonio Azzollini, che adesso dovrà far fronte al decadimento delle nomine assessorili e a un rimpasto della giunta che potrebbe portare in dote parecchi dissidi interni alla coalizione. Di questa sentenza ne abbiamo parlato con l'avv. Francesca la Forgia, che ha rappresentato la controparte del sindaco, difendendo la Consulta femminile. Avv. La Forgia può ricostruire brevemente la vicenda che ha portato alla bocciatura della Giunta da parte del TAR? «Occorre innanzitutto dire che una parte importante in questa vicenda l'ha avuta la Consulta Femminile di Molfetta, prima a denunciare l'accaduto e quindi l'illecito. Quale avvocata appartenente alla Consulta ho cominciato a studiarmi le carte e a realizzare che non era cosa ardua accertare l'illegittimità dei decreti di nomina degli assessori e quindi ottenere un loro annullamento per assenza di una donna in giunta, in violazione dell'art. 37 dello Statuto comunale, che prevede che il sindaco debba garantire la presenza di entrambi i sessi nella composizione della Giunta e l'art. 51 della Costituzione Italiana sul principio delle pari opportunità. Mentre la Consulta ha optato per un ricorso gerarchico, ho trovato solidarietà e impegno fattivo nelle realtà regionali, dalla Consigliera di Parità pugliese Serenella Molendini, alla presidente della Commissione per le pari Opportunità Magda Terrevoli, nell'associazione femminista barese “Tessere”; insieme abbiamo deciso di fare ricorso al TAR dividendo le spese da anticipare. Il 12 settembre si è tenuta la prima udienza, che si è conclusa con un'ordinanza con la quale è stato ordinato al sindaco di integrare con una donna la giunta di Molfetta entro otto giorni; ma il sindaco ha confermato le nomine con la motivazione che si trattava dei candidati che avevano ottenuto il maggior numero di voti; gli abbiamo opposto nuovi motivi di ricorso e dopo l'udienza del 17 dicembre ha emesso sentenza dando ragione alle ricorrenti e sostenendo che il provvedimento del sindaco non fosse sufficientemente motivato e condannando l'Amministrazione alle spese processuali ». Quali sono le conseguenze? Quali possibilità si aprono per il sindaco? «Le conseguenze sono l'annullamento di tutti i decreti di nomina degli assessori, con le relative deleghe degli assessori; ma il sindaco, piuttosto che affrontare una possibile crisi, ha scelto la scappatoia del Consiglio di Stato, il grado superiore rispetto al TAR nella giustizia amministrativa; siamo attrezzate, prevedevamo una scelta del genere e ci siamo attrezzate, già nell'ultima fase del primo grado di giudizio mi si è affiancata nella difesa l'avv. Valeria Pellegrino, del Foro di Lecce, che ha già seguito casi di pari opportunità e che ha l'anzianità sufficiente per difendere in Consiglio di Stato. E' pur vero che il giudizio è un'alea, ma siamo fiduciose visti i precedenti giurisprudenziali». Come giudica la sua reazione? «Nella gran parte dei casi, anche in pubblico consiglio comunale, il sindaco ha sempre avuto una reazione scomposta e caratterizzata da una certa violenza verbale, cose che non corrispondono allo stile istituzionale dovuto per un primo cittadino. Non posso che stigmatizzare questo atteggiamento». Vorrebbe indirizzargli un messaggio? «Quello di riconoscere finalmente che la società è fatta a due generi e le istituzioni che la rappresentano devono essere a due generi; di inserire almeno una donna in Giunta e di cominciare a realizzare politiche di genere, evitando un costosissimo ricorso in Consiglio di Stato le cui spese sarebbero pagate dal Comune e quindi dai/dalle cittadini/e».
Autore: Giacomo Pisani