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Don Tonino, vescovo del grembiule Un convegno delle Acli della provincia di Bari
15 dicembre 2002

Sono ormai passati quasi dieci anni da quando don Tonino ha smesso di essere tra noi. Da allora molto è cambiato, nel mondo ma anche nella nostra città: l'11 settembre ha sconvolto la politica internazionale e ha aperto la strada ad assurde logiche repressive e a sconvolgenti scenari di “guerra preventiva” mentre, a livello locale, si assiste ad un intorpidimento di quel dinamismo culturale che aveva caratterizzato Molfetta negli anni novanta. Chissà cosa direbbe oggi don Tonino di una città, la nostra, che non esita a celebrarlo e ad onorarlo quasi come un santo ma che nel contempo ha annacquato la carica profetica del suo messaggio che spingeva all'impegno, alla solidarietà, alla condivisione? Chissà quali parole avrebbe trovato lui, il “vescovo scomodo”, per scuotere la “sua” Chiesa che pare immobilizzata dai lacci della prudenza e che talvolta cede alla tentazione di accordare al mondo politico indulgenti silenzi in cambio di piccoli benefici? Chissà quali frasi di fuoco avrebbe usato contro alcuni politici del nostro tempo che sembrano aver scambiato la politica, quella che è capace di guardare ai sogni e alle speranze della gente, con l'amministrazione, più o meno onesta, dello status quo? Sul ministero episcopale di don Tonino e sulle implicazioni politiche ed ecclesiali del suo impegno pastorale si è discusso durante un convegno recentemente organizzato a Molfetta dalle Acli della Provincia di Bari a cui ha partecipato anche Luigi Bobba, presidente nazionale delle Acli. Durante l'incontro i ricordi personali dei relatori si sono intrecciati con i numerosi temi di discussione. La Chiesa del grembiule o la Chiesa dei potenti? “Richiamare la Chiesa al servizio umile - ha detto Bobba nel suo intervento che ha chiuso i lavori - non significa privarla della sua autorità, ma significa affermarla nella sua identità. L'identità della Chiesa si rivela nel servizio”. Il sogno di don Tonino di una Chiesa coraggiosa, povera, vicina agli ultimi ma anche attenta ai volti e alle necessità concrete di ogni persona stenta ancora a divenire realtà: se da una parte esistono sacerdoti, vescovi, associazioni che con il loro impegno quotidiano sembrano proseguire sulla strada indicata dal “vescovo degli ultimi” facendo proprio l'ideale di una Chiesa serva degli uomini, dall'altra si moltiplicano le occasioni in cui all'intero del mondo ecclesiale sembra prevalere la ricerca dei “segni del potere” piuttosto che del “potere dei segni”. Resta, allora, quanto mai attuale il monito di don Tonino: “Se la Chiesa, il vescovo, i presbiteri, gli istituti religiosi sono ricchi, amano il lusso, i conti in banca, le comodità, lo sperpero, il consumo; se sono attaccati ai guadagni, alle tariffe, ai posti, al possesso, come potremo dire che ci siamo fatti ultimi?”. Una politica del grembiule o una politica dei privilegi? Oggi più che mai occorre chiarire quale modo di far politica sia proprio degli uomini intellettualmente onesti che scelgono di impegnarsi per il bene comune: “a me pare - ha detto don Tonio Dell'Olio, coordinatore nazionale di Pax Christi - che una politica che accetti di indossare il grembiule non possa fare a meno di considerare i volti, di rivolgersi ai volti, di ragionare a partire dai volti”. Lo scenario attuale è, per alcuni versi, inquietante: si è giunti a paragonare il Paese a una azienda, a valutare tutto secondo i parametri dell'efficienza (vera o presunta), a legiferare per garantire privilegi particolari o addirittura personali. L'insegnamento di don Tonino che invoca una politica animata da ideali di servizio e solidarietà, lontana dai giochi di potere e dal sottobosco degli intrallazzi è ormai distante anni luce. E' necessario ritornare ad una politica capace di governare l'economia, i processi di sviluppo, lo strapotere delle multinazionali e delle lobby ma anche attenta a costruire una società sempre più “aperta” cioè capace di stimolare, attraverso le istituzioni democratiche, la libertà dei singoli e dei gruppi in vista della soluzione dei problemi sociali tramite continue riforme. Non c'è pace senza giustizia Nello scenario internazionale in cui la minaccia del terrorismo internazionale si fa sempre più inquietante è esploso, prepotente, un enorme bisogno di sicurezza. In risposta a questa esigenza si è avuto un rafforzamento delle logiche militariste: “la cultura della guerra - secondo don Tonio Dell'Olio - sembra aver recuperato terreno ammiccando a una parte della tradizione cristiana che parla di guerra giusta e di legittima difesa”. Rinforzare i recinti additando i nuovi cattivi serve a poco, bisogna ritornare a parlare di pace. Pace che non deve essere mai disgiunta dalla giustizia: senza la giustizia parlare di pace diventa fuga, alibi, bestemmia. Anche in questo campo le intuizioni di don Tonino sono quanto mai attuali: “Siamo giunti alla convinzione che la pace oggi si declina inesorabilmente con la giustizia e la salvaguardia del creato. Siamo passati, per così, dire dal monoteismo assoluto al monoteismo trinitario della pace”. Don Tonino: l'uomo Le parole, gli scritti, le prese di posizione di questo nostro “vescovo del popolo” si intrecciano indissolubilmente con la sua vita. Sin dalla sua esperienza di parroco a Tricase ogni persona che lo ha incontrato lo ricorda come un uomo speciale, attento ai bisogni di ogni persona e sempre pronto ad ascoltare tutti. Le sue scelte quotidiane dettate da una fede straordinariamente autentica, assieme ai suoi scritti dai quali traspare una singolare carica profetica, fanno di don Tonino, a dieci anni dalla sua scomparsa, un esempio di rettitudine umana ancora valido per tutti, credenti e non credenti. Francesco Dell'Olio
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