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Depuratore prorogato il sequestro rischio inquinamento prove
15 novembre 2012

Ulteriori esigenze cautelari all’impianto di depurazione del Comune di Molfetta. La Procura della Repubblica di Trani ha reiterato per altri 30 giorni il sequestro provvisorio della struttura perché, durante le verifiche dello stato manutentivo e delle opere di ampliamento e di miglioramento effettivamente realizzate, sarebbero state registrate delle attività finalizzate all’inquinamento delle prove. «In occasione delle ultime attività di Polizia Giudiziaria effettuate sui luoghi, gli indagati hanno previsto di superare le problematiche relative alle carenze funzionali dell’impianto mediante opere manutentive dell’ultimo momento tese a creare un’apparenza di funzionamento sia pur momentaneo dell’impianto - si legge nella notifica del reitero del sequestro probatorio consegnata agli indagati -. Cosa più grave, si sono accordati di prevedere operazioni fra le parti proprio con inizio a far data dal 21 maggio al 23 maggio 2012, aventi ad oggetto attività di verifica delle opere costruite al fine di redigere lo stato finale e gli atti di contabilità finale per poterli riproporre a corpo come previsto contrattualmente, giusta richiesta della stessa Commissione di Collaudo». Secondo gli inquirenti, in questa fase le parti interessate potrebbero procedere al riconoscimento di lavori e opere senza una verifica concreta del loro funzionamento, con tutte le successive conseguenze economiche, eludendo anche le operazioni di collaudo. Perciò, «è necessario pertanto intervenire al fine di garantire la regolarità di un accertamento sull’effettiva consistenza delle opere al fine di cristallizzare nell’immediato la prova dell’inadempimento contrattuale e dell’inidoneità degli impianti allo stato per il funzionamento del ciclo di depurazione». Continua, così, l’altro filone d’indagine su Molfetta, incluso nel fascicolo «Mani sulla città», che si somma alle due indagini sul porto e a quelle del comparto urbanistico. Infatti, con l’operazione «Dirty water» del 25 maggio 2012, eseguita dalla Guardia di Finanza di Barletta e dalla Capitaneria di Porto di Bari, sotto il coordinamento della Procura di Trani (in particolare, del procuratore del procuratore capo, dott. Carlo Maria Capristo, e del sostituto procuratore della Repubblica, dott. Antonio Savasta), era emerso un altro scenario agghiacciante. I REATI CONTESTATI Innanzitutto, i reati ambientali. Gli accertamenti di Polizia Giudiziaria e le consulenze hanno consentito di rilevare che l’impianto è fuori servizio e non idoneo ad assicurare la regolarità e il funzionamento dell’intero ciclo di depurazione dei reflui urbani. Non solo non sono stati eseguiti i necessari collaudi, ma i lavori di adeguamento previsti e finanziati dalla Regione Puglia non sono stati nemmeno realizzati (alcuni effettuati solo in modo parziale, ma non ne è stata mai accertata la funzionalità). Inquietante è la missiva del maggio 2012 a firma della direzione dei lavori, la confessione del fallimento della conduzione e della realizzazione delle opere allo stato inadempiute: «purtroppo si deve prendere atto che, fatte salve le verifiche di quanto contabilizzato e riconosciuto a codesta impresa con riferimento al contratto originario, ad oggi non risultano ottemperati anche tutti gli obblighi previsti con l’atto di transazione stipulato. Tale mandato non consente altresì di ritenere l’importo della transazione quale importo transatto […] avendo ad oggi provveduto all’avvio all’esercizio di alcuna opera nuova costruita, sebbene l’arazio transattiva dell’accordo imponeva la data del 30.09.2009 quale termine di ultimazione dei lavori».«Tutti i parametri previsti a tutela del ciclo dei reflui urbani sia per effetto della mancata realizzazione di opere afferenti il ciclo stesso (benché previste e finanziate dalla Regione Puglia) sia per le cattive condizioni manutentive e funzionali dell’impianto nella fase di conduzione che si sono tradotte in gravi violazioni ambientali - continua la notifica del sequestro - oggi emerge pure l’illecita gestione dei fanghi dal ciclo di depurazione smaltiti in gran parte in acque non depurate con sversamento in mare e conseguente deturpamento delle aree marine e del tratto costiero». «Grave» è anche la condotta d’inadempimento da parte dell’ATI Eurodepuratori, per la sua «malagestio», «con il concorso e con l’agevolazione ascrivibili ai funzionari della stazione appaltante ed in particolare della Direzione dei Lavori e del R.U.P.». Non sono solo «condotte omissive», gli inquirenti hanno contestato anche «condotte fraudolente » (truffa) a danno del Comune e della Regione Puglia nell’ambito dell’adempimento contrattuale circa il servizio e la conduzione dell’impianto (in particolare, «la trasformazione del contratto da corpo a misura o le relative proroghe che giustificavano un inadempimento in itinere e infine posti alla base della transazione senza collaudi e verifiche»). Gli ultimi accertamenti hanno persino constatato che l’intero importo del finanziamento (3.4milioni di euro) è stato elargito per i lavori di adeguamento senza un formale collaudo delle opere e in presenza di un impianto fuori servizio (sul numero cartaceo di Quindici la cronistoria dei finanziamenti e delle somme “elargite” all’ATI attraverso il Comune per i lavori di potenziamento e adeguamento funzionale dell’impianto). Infatti, sono stati versati all’’ATI quasi 3,2milioni di euro per la conduzione di un impianto non funzionante (84mila euro per ogni bimestre per 7 anni). Per di più, per i ritardi nella consegna delle opere e per le difficoltà di operare in emergenza su un impianto fuori servizio, il Comune di Molfetta ha dovuto sborsare di tasca propria 336mila euro per spese extracontratto ricadute pure sui contribuenti (cui si aggiunge la transazione di 750mila euro tra Comune e ATI, a firma del sindaco di Molfetta Antonio Azzollini)

Autore: Marcello La Forgia
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