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Democrazia bloccata
15 giugno 2022

I l termine democrazia proviene dal gre- co antico, ed è la commistione di due parole: Démos (popolo) e krátos (pote- re). Per popolo s’intende una collettivi- tà di individui accumunati dalla medesima cittadinanza. Per potere s’intende la facoltà di porre in essere determinate condotte, attive o pas- sive, che si concretizzano tramite una serie di atti che possono essere indirizzati a tut- ti i soggetti di diritto, o ad una cerchia di questi, o ancora ad un singola persona fisi- ca o giuridica. Oggi viviamo l’epoca della democrazia bloccata, a livello nazionale con partiti o movimenti che impongono i propri candi- dati, senza libertà di scelta da parte del cit- tadino-elettore e possono farlo grazie alla scomparsa delle ideologie e della Politica (con lettera maiuscola). Si è tolto ai cittadi- ni il potere di scegliere una classe dirigente di qualità e autonoma rispetto ai propri pa- drini che possono garantire prebende pub- bliche (c’è chi vive di politica) e private (appalti o affidamenti diretti senza gara) in cambio di consensi e voti. E’ quello che avviene anche a livello locale dove le liste civiche hanno soppiantato i partiti che almeno avevano una identità riconoscibile, oggi invece siamo al “ciambotto” definizione che “Quindici” ha felicemente creato con la prima amministrazione Minervini. Ci viene in mente la celebre frase di George Orwell che già nel 1943 scriveva: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri. Dunque esistono, in natura, animali che non sanno cosa sia l’orgoglio, animali senza dignità che, ancorché tutelare gli interessi degli italiani, salvaguardano i propri». Mai frase fu più profetica! Oggi siamo alla conclusione del primo turno delle elezioni comunali o amministrative, come si diceva una volta. Il risultato è ancora il frutto di una confusione, che rischia di generare la paralisi cittadina e qualcuno, come il sindaco uscente Tommaso Minervini ha deciso di cavalcare come spauracchio per gli elettori e arma per ottenere la vittoria al ballottaggio con il suo avversario Lillino Drago. Ci riferiamo alla lame duck, l’anatra zoppa come la definiscono gli anglosassoni, che si verifica quando alcune liste superano il 50% dei voti e porta- no subito in consiglio i propri candidati. Se il sindaco vincente al ballottaggio è il pro- prio, nessun problema. Se invece è l’avver- sario, il rischio è l’ingovernabilità, per la mancanza di una maggioranza della stessa area del sindaco eletto e che quindi potreb- be paralizzare l’intero consiglio. Il cittadino elettore non ha capito appieno che il potere è nelle sue mani, in quelle di quel popolo che può determinare il futuro della città e il proprio destino. Invece, a Molfetta, siamo di fronte a un preoccupante fenomeno di crescita dell’astensionismo, un modo per dissentire dal governo, lasciando però spazio ai rappresentanti di interessi privati, anche illeciti, che possono decidere le sorti di un candidato, di una coalizione e quindi della città. Una sorta di “mafia” mascherata che si sposta da una parte all’altra, muovendo i propri mercenari per decidere le sorti di una comunità. E scorrendo la lista degli eletti, non è difficile individuare non solo soggetti di scarsa qualità (povera meritocrazia!), ma anche portatori di interessi privati in conflitto con l’interesse pubblico. Il cittadino, invece, dovrebbe sentirsi protagonista, almeno una volta in 5 anni, quando gli si chiede di scegliere il sindaco, per non sentirsi in debito col politico di turno, che si ricorda di lui, solo quando cerca voti per governare, dopo, senza di lui e, spesso, contro di lui. Ecco perché è importante liberarsi non solo dei capibastone locali, ma anche di quelli regionali che vogliono imporre scelte dall’altro, magari tenendo anche due piedi in una scarpa. Intelligenti pauca, a buon intenditor poche parole. La democrazia bloccata, inoltre, è determinata dalla mancanza di ricambio al governo. Ma veniamo all’analisi del voto, almeno quella immediata, magari frettolosa (ma i tempi del giornale sono stretti a pochi giorni dal voto e avremo modo di approfondire in seguito), ma che ci offre già alcune riflessioni. Indubbia la crisi della destra, come analizza mirabilmente il nostro Giacomo Pisani, in altra pagina di questo numero. La nuova sconfitta dell’ex sindaco Antonio Azzollini è evidente: Forza Italia è scesa al 2,47%, un risultato che decreta la fine politica dell’ex senatore e del suo partito. Ma l’altra sconfitta evidente è quella del Movimento 5 Stelle, passato dal 42% al 2,46%. Fine ingloriosa di due movimenti populisti di Berlusconi e Grillo. Entrambi non sono riusciti mai a trasformarsi in partiti popolari (tranne un’illusione iniziale che portò alla maggioranza per entrambi). Ma, ad agevolare il crollo, hanno contribuito con le loro stesse mani, presentando liste e candidati improbabili che, sicuramente non rappresentavano lobby o interessi di potere, ma non rappresentavano nemmeno se stessi sul piano della qualità. A risentire maggiormente del crollo di Forza Italia e di Azzollini, è stato il giova- ne candidato Pietro Mastropasqua, tradi- to anche da alcuni suoi consiglieri, passati all’ultimo momento sul carro di quello che sembrava il vincitore. Mastropasqua scon- ta anche gli errori di una campagna di comunicazione poco efficace ed efficiente, forse un po’ improvvisata, ma sicuramente non pianificata per vincere in una posizione di difficoltà e di minoranza. Il candidato è riuscito ad intercettare una parte del voto di opinione, grazie al voto disgiunto, e ad ottenere più voti dalle sue liste, ma la sua proposta non è apparsa sufficientemente di rottura, come fu quella di Paola Natalicchio nel 2013. E questa può essere una lezione anche per il candidato al ballottaggio Lillino Drago che, senza liste e voti di preferenza in campo, deve puntare ad intercettare quel voto di opinione che ha premiato anche il candidato di Rifondazione, Giovanni Infante, anch’egli gratificato dal voto disgiunto, che ha portato pure il suo partito ad un successo senza precedenti dal 1994 (epoca Guglielmo Minervini). Drago ha pagato il prezzo non solo della presenza dei 5 Stelle, ai quali è stato attribuito più consenso di quello reale, non considerando anche la débâcle nazionale, ma anche della presenza di personaggi passati da destra a sinistra (fulminati sulla via di Damasco? Improbabile) o buoni per tutte le stagioni, che hanno prima rovinato il Pd e oggi potrebbero condizionare fortemente la coalizione. Anche per Drago si può parlare di campagna di comunicazione poco effica- ce, condizionata da quelli stessi personaggi di cui sopra. Infine il sindaco uscente Tommaso Mi- nervini, che vanta già una vittoria per il numero dei voti, ma che in realtà dimo- strano la sua sconfitta: ha avuto 5 pun- ti in meno delle sue liste (che lo terranno in ostaggio e sarà difficile accontentare gli 11 capibastone delle civiche). Non solo: va considerata la maggioranza della città (senza contare chi si è astenuto e quindi ha votato contro di lui) col 52% che gli ha impedito la vittoria al primo turno. In realtà Tommaso paga il prezzo di non aver saputo crearsi un erede politico, come fu lui l’erede di Finocchiaro, anche se poi lo sconfessò quando scelse di allearsi con la destra di Fini. E non si venga a parlare di governo del fare e altre amenità del genere, tipo l’ultimo slogan di “capitano della mia anima”. Il suo erede, se avesse creduto nei giovani, poteva essere proprio Pietro Mastropasqua, se Minervini avesse avuto una visione lungimirante e meno legata al potere personale e a una poltrona dalla quale ha dimostrato, malgrado le promesse del 2017 “non mi ricandiderò”, di non voler mollare. E il sindaco uscente, sta commettendo, senza accorgersene, gli stessi errori di Azzollini. Ma anche la sua coalizione si è dimostrata debole, con un personale politico di scarsa qualità, da non riuscire a proporre un leader nascente alla città. Ma cosa si vuole da liste di mercenari, magari pronti a tradire lo stes- so Minervini, dopo aver tradito Azzollini? Ecco perché il rischio di una sconfitta per Tommaso non è così improbabile: potreb- bero votare gli astensionisti e anche quel- li che hanno votato il parente e l’amico, ma ora sono liberi di scegliere. Questa è la scommessa di Drago in que- sta battaglia fra Davide e Golia: è la sua uni- ca chance. © Riproduzione riservata

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