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Delitto Bufi, indagini corrette? Deciderà la Procura di Lecce
24 gennaio 2002

MOLFETTA – 24.1.2002 La vicenda dell’omicidio Bufi - di cui si possono conoscere tutti i particolari, anche con notizie inedite, sul numero di QUINDICI di gennaio in edicola in questi giorni - si trasferisce temporaneamente alla Procura di Lecce: i magistrati salentini, infatti, dovranno stabilire la regolarità e la correttezza delle indagini avvenute dopo il delitto del 2 febbraio ’92 di Annamaria, trovata con il capo fracassato sulla SS16 bis all’altezza della zona artigianale di Molfetta. Il Pm Bretone, che dopo 9 anni ha riaperto il caso con l’arresto del presunto assassino, il suo amante, l’ex professore di educazione fisica Domenico Marino Bindi (ora in libertà per decorrenza dei termini della custodia cautelare , dopo essere stato prima in carcere e poi in ospedale), ha inviato ai suoi colleghi tutto il fascicolo dell’inchiesta. Secondo il Pm Bretone, ci sarebbe stato “un particolare trattamento di favore da parte degli investigatori della prima indagine”. Di qui la richiesta al Tribunale di Lecce, competente a verificare l’operato dei magistrati del distretto della Corte di Appello di Bari. Sono sei i punti della prima inchiesta che, a parere del Giudice per le indagini preliminari di Trani, Michele Nardi, suscitano perplessità: 1) “Non viene data menzione del ritrovamento delle scarpe sporche di fango (di Bindi, ndr) che spariscono nel nulla (la comparazione del fango di queste scarpe con quelle della vittima avrebbe consentito di acquisire la prova provata della colpevolezza del Bindi)”. Le scarpe furono poi ritrovate nella seconda inchiesta (dopo l’archiviazione della prima) in casa del Bindi. Anche le scarpe della vittima erano sporche di fango. 2) “Non viene redatto verbale di perquisizione dell’auto del Bindi, trovata lavata da poco con la moquette anche del bagagliaio appena lavata”; 3) “Il verbale di perquisizione della palestra di Bindi viene falsificato (sono false anche le firme di uno dei carabinieri operanti); 4) I nastri delle intercettazioni telefoniche – dice il Pm Bretone – non sono copie originali, le cui parti mancanti sono state cancellate sovraincidendo suoni a frequenze regolari a simulare un guasto tecnico di origine meccanica”. E aggiunge che “alcune telefonate sono state cancellate”; 5) “Gli inquirenti si recano a casa del Bindi per interrogarlo e non viene fatto alcune verbale di questo incontro”; 6) “viene data la possibilità a Bindi, già interrogato alla presenza del suo avvocato,, di “preavvertire la moglie che stavano recandosi a casa a fare una perquisizione”. Intanto si attende l’esito (previsto per i primi di febbraio) della perizia sull’auto del Bindi sulla quale i carabinieri del Racis hanno trovato tracce biologiche che saranno confrontate con il Dna della ragazza: se risulteranno appartenere ad Annamaria, la situazione del Bindi si farà molto difficile.
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