Declinazioni di un colore
Che l’idea di un artista possa germogliare da un colore o in esso conoscere felice espressione è un concetto ormai ampiamente declinato. Nella storia dell’arte, il pensiero corre subito a Kazimir Malevic, con il suo Quadro nero su fondo bianco o con la Composizione suprematista, quadrato rosso e quadrato nero. Ulteriori esempi potrebbero essere addotti a riprova di quest’affermazione, dal rinascimentale Dialogo dei colori di Ludovico Dolce al Colore viola di Alice Walker, sino al cinema di Krzysztof Kieslowski e (perché no?) al ‘profondo’ rosso argentiano. È così che accogliamo con interesse, ma non con sorpresa, questa interessante operazione compiuta dalla casa editrice Secop con le sue Declinazioni di un colore. Sedici raccontati tinteggiati di rosso, agile antologia, curata da Maria Teresa Gallo. Quest’ultima, partendo dall’idea che “il rosso abita in ciascuno di noi”, ha invitato alcuni autori, “combriccola di ‘pittori di parole rouge’” a ‘fluttuare’ in tutte le declinazioni del colore, bandendo però dal consesso, in un ideale rifiuto del suo spargimento, il “rosso sangue”. Ne è venuta fuori una raccolta dagli esiti vari, che punta prevalentemente sul racconto breve (a volte anche di due pagine), in una tensione all’espressione ora lirica ora impressionistica ora ragionativa e, in alcuni casi, schiettamente narrativa. Citeremo i sedici autori, ciascuno dotato di una propria cifra e di una peculiare forza suggestiva: Ester Basile, Marta Maria Camporeale, Marisa Carabellese, Massimiliano Cavallo, Slobodanka Ciric, Angela De Leo, Carmen Dinota, Rita Felerico, la stessa Maria Teresa Gallo, Pasquale Gallo, Zaccaria Gallo, Raffaella Leone, Girma Mancini, Roberto Masi, Maria Rosaria Rubulotta e Lucia Cervelli Stefanelli. Il fil rouge (è proprio il caso di usare tale termine!) è stato variamente sdipanato, con innesti anche di versi intensi nel tessuto di alcuni racconti (Camporeale, Cavallo, De Leo), con la ripartizione in movimenti simil- musicali che convergono verso il finale (Felerico) o magari nelle maglie di un intimo colloquio (in realtà monologico) con un Tu non compresente, come avviene nel bel racconto di Ciric. Alcuni testi sono connotati da un incedere surreale, ipnoticamente e argutamente metafisico nel caso del Turbante di van Eyck di Marisa Carabellese. Tributando un divertito omaggio alla pittura fiamminga, l’autrice introduce elementi onirici in un fascinoso compenetrarsi di arte e vita, sino alla sorpresa finale (una sorta di aprosdòketon) che non sveliamo. Una fiaba surreale e romantica è il Coprifuoco rosso di Raffaella Leone, in cui rivivono i temi della denatalità e la paura dell’impegno che, a meno di un folle atto di fede nella speranza della Vita, espone la civiltà occidentale al rischio di un lento esaurimento. Non è casuale che il messaggio salvifico, quello che induce al passaggio dei personaggi da una ludica inconsapevolezza a una volontà nuova, provenga proprio da una “giovane mamma sudamericana”… Un’aura metafisica che affonda le radici nella realtà concreta ha anche il racconto di Zaccaria Gallo. Notevole per la forza epifanica che lo contraddistingue, esso si connota per un particolare vigore che ci riconduce al “segreto respiro dell’esistere”. Non mancano storie che affiorano dal passato, come nel caso del bel testo di Massimiliano Cavallo, o che si soffermano su temi nodali del dibattito sociale: il riferimento all’immigrazione, tema affrontato con levitas, con innesti dialettali, dalla Cervelli Stefanelli. In molti racconti vibra un senso di nostalgia, che ci appare la nota dominante in questi “attimi rossi” offerti dagli autori. Affascinante è il microcosmo familiare d’antan donatoci con sguardo sognante da Marta Maria Camporeale. La casetta rossa di Girma Mancini, affrontando il tema della nostalgia dei contatti epistolari, ormai quasi scomparsi, muove dall’iniziale senso di perdita alla speranza. Pasquale Gallo rinverdisce in Rosso anguria certi rituali sociali campestri (compreso il sorgere di amori che si credevano eterni e puntualmente duravano lo spazio di un giorno), elevando un sentito inno all’estate. Maria Teresa Gallo ricorda la Festa dell’Unità del 1976 e omaggia un celeberrimo artista scomparso prematuramente e tanto rimpianto. E poi vibrano ancora i temi dell’amicizia sullo sfondo magico di Venezia (Basile) o di un incontro di donne elaborato mentalmente grazie alla malia del ricordo di Frida Kahlo (Rubulotta). Vogliamo infine menzionare l’esplorazione interiore propria delle prose di Dinota e Masi, in cui non mancano accensioni liriche. In tutti si coglie un’ansia di vita e rigenerazione che trova la sua più compiuta espressione nella vicenda, narrata da Angela De Leo, di Elodie uscita da una clinica nel bel mezzo dell’emergenza pandemica. Una storia di rinascita, suggellata dai “papaveri rossofuoco” riaffiorati da innocenti rituali amorosi adolescenziali, descritti dall’autrice con delicatezza e grazia sbarazzina. Come quei “papaveri ubriachi di sole”, al pensiero di un ricordo caro al cuore, un appuntamento ideale che riaffiora dal passato per rendere più dolce il presente, la donna si riaprirà speranzosa all’indecifrabile stagione del futuro. © Riproduzione riservata