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Cuoco muore misteriosamente a bordo della nave su cui lavorava. Parlano gli avvocati
15 maggio 2009

Solo pochi giorni prima, precisamente il 7 aprile, Vito de Candia, 49 anni, dal suo imbarco sulla nave Grand Galand della compagnia napoletana Grimaldi, aveva salutato telefonicamente le sue due figlie, una di 20, Claudia, e l’altra di soli 17 anni (la moglie era già deceduta circa tre anni prima). «Non mi sento bene», aveva detto, ma da padre ligio al lavoro, aveva stretto i denti e adempiuto ai suoi doveri di chef. La mattina del 10 aprile, il cuoco molfettese è stato trovato nella sua cabina privo di sensi dai membri dell’equipaggio, i quali erano andati a cercarlo perché non si era presentato al turno di lavoro. “Verso le ore 11 la Società ha avvisato telefonicamente la famiglia di Vito de Candia dell’accaduto e del suo ricovero nell’ospedale di Puerto del Rosario, nelle isole Canarie, dove è deceduto 24 ore dopo” dice l’avv. Vincenzo Giancaspro a Quindici. “La figlia di Vito de Candia, Claudia, si è rivolta a noi per fare luce sul buio che c’è tra il giorno 7 e l’11, giorno del decesso”, aggiunge l’avv. Felice Petruzzella. Tramite i due legali la figlia maggiorenne ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica. “Il Pubblico Ministero dott.ssa Bruna Manganelli ha disposto l’autopsia sul corpo del cuoco, giunto in Italia lunedì 20, che sarà effettuata dal medico legale di Bari prof. Dell’Erba” precisa l’avv. Giancaspro. “Allo Stato non è possibile sapere quando ci saranno i funerali né quando ci sarà l’esito dell’autopsia, e solo dopo di questo la magistratura potrà indagare sull’ avvenuta profilassi obbligatoria, sulla presenza dei farmaci adatti a bordo e sulla appropriata cura che avrebbe dovuto ricevere il signor de Candia”. L’autopsia non è stata ancora effettuata poiché le cartelle cliniche dell’uomo si trovano ancora a bordo della nave in navigazione e potranno arrivare in Italia solo quando la nave toccherà il primo porto utile. Da ciò ne deriva il fatto che al momento del ricovero non siano state consegnate al nosocomio. “L’unica informazione di cui siamo a conoscenza è stata data telefonicamente, dato che non è pervenuta nessuna diagnostica, e riguarda l’esito della necropsia superficiale eseguita nelle isole spagnole: Malattia Tropicale. Solo dopo la denuncia alla Procura è giunta la diagnostica, ora sotto sequestro”, aggiunge l’avv. Petruzzella. Dopo la tragedia della Truck Center, ancora molfettesi morti sul lavoro e famiglie distrutte. In una società dove tutto è in dubbio, come la salute, i valori, il futuro, viene meno anche la certezza del lavoro, il quale oltre ad essere scarso, non è nemmeno più sinonimo di sicurezza, di salute e di speranza. Lo sanno bene i familiari delle vittime sul lavoro, e in particolare le figlie del signor Vito, le quali avranno comunque la certezza di non essere mai sole, avranno sempre accanto a loro dei nonni stupendi e degli amici che gli daranno la speranza di un futuro sicuro.

Autore: Saverio Tavella
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