MOLFETTA - Il valore della cultura non dovrebbe misurarsi in euro. Purtroppo, questa è divenuta una delle caratteristiche imperanti nella Molfetta dell’«usa e getta», dell’ambulantato diffuso, dell’arraffamento finanziario, della cementificazione confusa e del cliché intellettualoide.
Molfetta sembra essere una città senza cultura, se «cultura» deve essere anche sinonimo di «civiltà». Degrado, abusivismo, maleducazione, poca coesione sociale, disinteresse politico, personalismo spinto e lobbismo economico trasversale: la parola «cultura» senza aggettivi, che possiede la propria ragion d'essere, è divenuta quasi una parolaccia per i cosiddetti «castaldi».
Esistono a Molfetta realtà culturali interessanti, ma senza appeal sociale o comunitario in assenza di un assessorato alla cultura che sia perno esecutivo e pianificatorio per la collettività e non solo per partiti sociali o interessi personali.
Ad esempio, nel consuntivo 2011 le funzioni relative alla cultura e ai beni culturali sono collocate tra i residui passivi: la cultura è una spesa, un “rifiuto” speciale da smaltire. Davvero riduttiva questa visione politico-amministrativa, che sottolinea ancora una volta la totale assenza di una programmazione culturale locale.
Sembra quasi che la cultura sia solo un fastidioso spasmo intestinale, surrogata e spezzettata in manifestazioni, convegni, vari corsi di formazione, eventi, spettacoli e concerti che, al momento di tirar le somme, non lasciano niente (in extrema ratio, le briciole di un panino o il bicchiere di una bibita). De facto, il Comune di Molfetta finanzia diverse associazioni, ma la giunta Azzollini dimentica il «fine».
Tra l’altro, le stesse delibere e determine di finanziamento comunale sembrano essere una parte non secondaria di un multiforme vaso di Pandora: un cult americano, una specie di saga tra «figli e figliastri».
Infatti, il Comune di Molfetta nel 2012 ha ratificato finanziamenti per convegni di associazioni, restauri di monumenti in varie parrocchie locali, attività sociali, mostre, eventi culturali a tema, notti bianche, eventi musicali e concerti hollywoodiani. Alcune associazioni minori (apolitiche o senza legami politici e «familiari») stanno ancora aspettando che il Comune eroghi ufficialmente il contributo promesso, attraverso la pubblicazione sull’albo pretorio online di una delibera o determina del settore comunale di riferimento. Di contro, soprattutto per determinati eventi le determine sono state pubblicate subito dopo l’evento o, addirittura, il giorno stesso in cui l’associazione o la fondazione ha richiesto il contributo comunale con una contestualità poco trasparente. Un vero record di fronte a una burocrazia indefinita, farraginosa e lenta.
Per di più, determinate manifestazioni e concerti si vestono di un indefinito e indefinibile habitus. Ad esempio, una vasta area socio-culturale continua a chiedersi il senso di programmare per la stagione estiva grandi concerti, fruibili solo da pochi eletti e in gran parte pagati dalla collettività, in tempi di vacche magre, invece di elaborare un piano esecutivo di gestione nell’ambito culturale. Assente una pianificazione culturale comunale, tutto resta un mero palliativo elitario.
Anche questi eventi estivi, inseriti in un programma, potrebbero essere considerati cultura latu sensu, anche se in un’accezione «commerciale»: del tipo panem et circenses perché, in teoria, gli effetti economico-commerciali di un grande concerto che richiama milioni di persone dovrebbero ricadere sull’indotto commerciale locale, altrimenti l’evento resterebbe fine a se stesso, come una sterile medaglia da collocare sul petto.
La possibile ricaduta positiva sull’indotto economico-commerciale locale è una legittima giustificazione, considerando anche i nomi dei personaggi approdati a Molfetta e la visibilità ottenuta a livello regionale, nazionale e, in alcuni casi, internazionale. Cosa sia poi rimasto a Molfetta, a nessuno interessa. In pochi ricordano gli eventi degli anni passati: così potrebbe accadere per il prossimo anno semplicemente perché non resta niente, se non le briciole.
Tra l’altro, è anche difficile irrorare l’indotto molfettese perché mancano le strutture basilari: pochi locali, poco shopping, centro storico addormentato. Tutto resta chiuso in un imbuto dorato, che non può essere considerato «cultura».
Del resto, sarebbe un mistero capire come altre città, di gran lunga inferiori a Molfetta (il cui impatto ambientale dovrebbe essere potenzialmente positivo) abbiamo un tourbillon di turisti e visitatori esterni senza organizzare grandi eventi musicali e spendere più del necessario.
Ad esempio, con i quasi 230mila euro versati dalle casse comunali per i concerti dell’estate molfettese si sarebbe potuta organizzare una rete culturale di ampio respiro con eventi più radicati sul territorio (anche concerti con nomi blasonati, ma in quantità inferiore).
Si tratta di differenti scelte amministrative, di cassa e di posizione politico-culturale: ma il fine, in ogni caso, dev’essere il potenziamento del territorio perché, se spogliato della sua essenza e più povero economicamente e commercialmente, qualsiasi scelta eseguita, anche se legittima e giustificata con mille rivoli, sarà stata sempre fallimentare.
A Molfetta l’anoressia di civiltà è strettamente connessa anche all’assenza di cultura intesa come rispetto della città, delle sue tradizioni (non finalizzate allo spettacolarismo settario) e del suo essere intimo nella storia. Anzi, potrebbe dipendere dalla bulimia di cultura commerciale e troppo elitaria che, invece di potenziare il territorio, lo depaupera, crea sacche di dissenso (legittime e da analizzare senza pregiudizi o dietrologie) e non sana i suoi reali tumori intestinali.
La cultura non trae valore dall'essere salottiera o inutile: non deborda nel qualunquismo spicciolo o nello spreco di soldi pubblici. Crea uno spirito critico, forma e induce ad agire, risveglia l’animus di una città, consentendole di (ri)assumere piena consapevolezza di sé e di riscoprirsi comunità unità dove le distinzioni socio-finanziaria si appiattiscono. Una condizione non monetizzabile.
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