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“Crisi energetica, priorità alle rinnovabili. E i sindaci tacciono sugli abusi edilizi sulla costa, ma protestano per l’eolico offshore”. Il ruolo del Porto di Molfetta L’INTERVISTA. Sergio Camporeale, molfettese, ordinario di macchine a fluido e sistemi energetici al Politecnico di Bari
15 ottobre 2022

I l problema dell’energia è diventato prioritario per l’Italia e l’Europa dopo la guerra in Ucraina e il taglio delle forniture di gas da parte della Russia. Le fonti alternative in particolare, eolico e fotovoltaico diventano strategiche, ma sono poco sviluppate o quantomeno sono insufficienti. Ne abbiamo parlato con il prof. Sergio Camporeale, molfettese, ordinario di macchine a fluido e sistemi energetici al Politecnico di Bari. Perché secondo lei, ci sono tanti osta- coli alla scelta delle energie rinnovabili da parte dei governi, che invece dovreb- bero incentivarle anche con contributi? E’ ancora forte la lobby del petrolio? Ma l’Italia resta ancora indietro. «Il nostro governo, insieme a tutta l’Unione Europea, ha aderito convintamente ai programmi internazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra (per intenderci, CO2) stabiliti nell’accordo COP26 siglato a Glasgow nel 2021. Questi programmi dovrebbero portare a limitare l’incremento della temperatura media al di sotto di 1.5 gradi. L’Europa è impegnata a portare aventi questo programma che potrebbe portare la stessa Europa a diventare in futuro leader internazionale nelle tecnologie energetiche. In questo programma di transizione graduale, il gas naturale rappresentava un pilastro fondamentale per l’eliminazione del carbone e, anche in parte, del nucleare e la graduale introduzione delle rinnovabili. La guerra in Ucraina e la crisi delle forniture di gas ha messo in crisi questa roadmap. La risposta chiaramente deve essere quella di spingere ancora di più sulle fonti rinnovabili che consentiranno di sottrarre l’Euro- pa alla dipendenza dai paesi esteri per le fonti di energia. In questo momento, con i prezzi dei combustibili fossili alle stelle, ci sono le condizioni economiche favorevoli per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili. Molte difficoltà per l’attuazione dei programmi di realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili si incontrano nelle fasi autorizzative. Ci sono aspetti di accettabilità sociale. Ad esempio, per l’eolico offshore, si è avuta in Puglia una solleva- zione di sindaci contro la loro installazione. Occorre pensare che turbine eoliche, poste ad oltre 12-13 chilometri dalla co- sta sono molto poco visibili e non influenzano in alcun modo la possibilità di fruire delle spiagge. Molto spesso i gover- ni locali appaiono silenti di fronte a problemi quali abusi edilizi che deturpano le coste, perché sono legati ad interessi locali, mentre sono molto attivi per contesta- re interventi che hanno impatti ridotti e che riguardano però interessi collettivi generali del paese. Poi ci sono gli aspetti burocratici legati al coacervo di norme e di enti interessati. Il tema del livello di consapevolezza della società, comunque, non deve essere trattato con superficialità o con forzature. Occorre un processo di coinvolgimento delle comunità che deve es- sere trattato con adeguate modalità. Ad esempio, per le nostre comunità pugliesi e quella molfettese in particolare, la realizzazione degli impianti offshore può por- tare ad una riconversione delle aziende e delle competenze già esistenti nel settore della cantieristica navale che ora sono in crisi. I cantieri navali e i nostri porti possono essere riconvertiti per la realizzazione e il varo delle piattaforme galleggianti sulle quali verranno montate le turbine eoliche. Aziende locali, adeguatamente formate, potrebbero essere im- piegate nella manutenzione». Si allontana l’ipotesi di una liberazione dalla dipendenza dal carbone nel 2050 ora che si è ricominciato a produrre per compensare i tagli del gas? «La riattivazione delle centrali a carbone è stata una scelta obbligata deter- minata dalla necessità di rispondere con immediatezza alla riduzione delle forniture di gas. Gradualmente si riprenderà il percorso verso le fonti rinnovabili che era già in corso. La guerra in Ucraina ha spezzato, purtroppo, le speranze di un futuro di pace e ci ha insegnato a non ignorare i rischi legati ai conflitti. Gli attacchi alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, con il rischio di un nuovo incidente nucleare, hanno evidenziato la vulnerabilità, dal punto di vista militare, di un sistema di produzione dell’energia basato su grandi impianti centralizzati. Le fonti rinnovabili di energia, proprio perché diffusi sul territorio possono assumere una valenza strategica, in quanto in grado di aumentare la resilienza del sistema di produzione dell’energia. Per questo credo che la scelta del ritorno al carbone sarà solo temporanea». Quanto peserà sull’ambiente questa emergenza energetica e nella logica di andare avanti oggi e domani si vedrà, magari sperando nella ricerca? «Nel considerare i problemi ambientali del nostro pianeta, dobbiamo tenere pre- sente che le emissioni di gas serra provengono solo in parte dall’Europa e dagli altri Paesi occidentali. Una gran parte dipende dalla Cina e da altri Paesi. In un futuro non molto lontano occorrerà pensare all’Africa e al suo sviluppo demografico e alla necessità di fornire energia elettrica in modo sostenibile per l’ambiente a centinaia di migliaia di persone che oggi ne sono prive. Occorre quindi perseguire gli obiettivi stabiliti negli accordi internazionali sul clima, quali la COP26. Solo così si potranno ottenere risultati significativi. Tutte le nazioni devono comprendere che viviamo su un unico pianeta e gli effetti sull’atmosfera non hanno confini. Tutte le evidenze scientifiche confermano che la concentrazione di CO2 aumenta costantemente, anno dopo anno, in modo uniforme su tutta la terra». Quale contributo ha dato e può ancora dare il Politecnico di Bari in questo campo? «Il Politecnico di Bari è fortemente impegnato nella ricerca nel settore dell’energia. Alcuni anni orsono, nell’ambito dei progetti PON è stata realizzata un’area dedicata allo sviluppo di tecnologie energetiche: in particolare è stata realizzata una delle prime micro reti dove sperimentare l’integrazione tra produzione da fonte rinnovabile e utilizzo dell’energia. Questo schema è alla base dei progetti di integra- zione tra produttori e consumatori che caratterizzano le “comunità energetiche”. Il Politecnico ora guida un progetto PNRR di rilevanza nazionale sulle tecnologie energetiche green (“energie verdi del futuro”). Si tratta di un progetto che coinvolge 14 università e 11 aziende, grandi, piccole e medie. Il progetto, che si svilupperà su tre anni ha un budget da oltre 120 milioni di euro e vedrà l’assunzione di oltre 130 ricercatori. Il progetto si chiama NEST che in inglese significa nido, perché ambisce a diventare l’incubatore che aiuterà le nuove tecnologie a nascere e a fare i primi passi del loro sviluppo. Si svilupperan- no nuove tecnologie fotovoltaiche, sempre più efficienti e tecnologie per l’eolico offshore ma anche per nuove forme di uti- lizzo dell’energia del mare, quale l’energia del moto ondoso. Un ruolo notevolissimo avranno poi le tecnologie dell’idrogeno, sia per quello che riguarda la produzione che il trasporto e l’utilizzo dell’idrogeno. Le tecnologie dell’idrogeno, in particolare, avranno un ruolo importantissimo perché consentiranno di accumulare l’energia dal- le fonti rinnovabili nelle ore in cui la produzione di energia è in eccesso rispetto al fabbisogno e di utilizzare l’idrogeno così prodotto nelle ore in cui non c’è disponibilità di energia, anche in posti diversi da quello in cui è stato prodotto. Il progetto NEST avrà caratteristiche innovative di progetto aperto (“open innovation”) in modo da aggregare nuovi soggetti che vorranno contribuire in futuro. Il Politecnico punta anche molto nella formazione di futuri ingegneri che possano essere protagonisti della transizione energetica. A tal fine ha avviato un nuovo corso di laurea magistrale in ingegneria energetica che sta avendo un ottimo riscontro in termini di iscrizioni. Il corso punta a creare una figura di ingegne- re esperto delle diverse tecnologie e che operi sia nella fase di pianificazione, progettazione, realizzazione e manutenzione degli impianti». Passano dalla Puglia il Tap e il nuovo gasdotto Eastmed- Poseidon con quali vantaggi? «I nuovi gasdotti conferiscono alla Puglia un ruolo strategico per gli approvvigionamenti energetici. Le battaglie fatte contro il TAP da alcuni settori ambientalisti e da alcuni sindaci hanno solo portato discredito verso tutte le associazioni ambientaliste. Le realizzazioni di nuove infrastrutture energetiche possono co- stituire una occasione di lavoro per molte aziende. La Puglia inoltre può rivendicare a giusta ragione il contributo che essa fornisce a tutta l’Italia e per questo ha diritto a maggiore considerazione per quello che riguarda altre infrastrutture per le quali essa viene spesso trattata male: basti pensare alle reti ferroviarie che sono assolutamente inadatte, basti pensare che non abbiamo l’alta velocità e non abbiamo treni adeguati di collegamento con le altre regioni del Sud. Manca anche un’autostrada fino a Brindisi per il collegamento con la Grecia». L’offshore diventerà una scelta obbligata? «Come ho detto prima, le tecnologie offshore oltre a contribuire in modo significativo alla produzione di energia da fonte rinnovabile possono costituire una grande opportunità di sviluppo. La Puglia e la nostra Molfetta hanno il lavoro sul mare nel proprio DNA. Abbiamo porti, aziende, manodopera specializzata nel settore meccanico e della cantieristica che possono contribuire a realizzare e a varare piat- taforme per l’installazione delle turbine. Speriamo che i prossimi governi adottino finalmente politiche energetiche non solo finalizzate a sviluppare la produzione di energia rinnovabile ma anche a sostenere le aziende che costruiscono componenti e realizzano impianti. Altrimenti, saremo di nuovo costretti ad acquistare impianti e componenti dall’estero. Spero che non si faccia come è stato fatto negli anni 90 con aziende come la West di Taranto che pro- duceva turbine eoliche e che fu comprata dalla Vestas danese, disperdendo tutto il patrimonio di ricerca e sviluppo. Oppure come le tecnologie solari sviluppate anni fa dal premio Nobel Rubbia e che non hanno mai trovato adeguato sviluppo anche perché, a differenza della Spagna e degli Stati Uniti, nessun governo ha mai autorizzato un solo impianto dimostrativo in Italia». Perché la Puglia che è avanti nella produzione di energie alternative (anche se ne ha ricavato pochi vantag- gi), non può diventare una specie di hub per l’Europa, soprattutto dopo la scoperta dell’Eni di 70 miliardi di mc di gas al largo di Cipro, anche se ci vorrà qualche anno per poterlo utilizzare? «La Puglia può diventare un hub per la distribuzione del gas naturale. Si tratta di gasdotti molto importanti per diversificare le nazioni dalle quali ci possiamo ap- provvigionare di gas, dopo l’interruzione o comunque la riduzione delle forniture dalla Russia. L’impatto ambientale dei gasdotti è limitato. La loro realizzazione può essere una buona occasione di lavo- ro per le aziende del territorio. La Puglia deve però rivendicare anche altre infrastrutture per le quali non è mai in priori- tà a livello nazionale». L’impiego dell’idrogeno sarebbe un’altra soluzione, anche sul piano di una mobilità sostenibile (e nelle infrastrutture), ma i tempi sono ancora più lunghi? «La transizione energetica ha un impatto notevole anche sulla mobilità. La comunità europea ha preso la decisione della fine della vendita di autovetture dotate di motori endotermici a partire dal 2035. Ciò richiede una completa revisione delle infrastrutture nelle nostre città per adeguarle alla ricarica delle autovetture elettriche. Personalmente nutro molti dubbi sulla effettiva praticabilità di questa scelta, specie in Italia, in tempi così brevi. Questa scelta poteva essere meglio graduata nel tempo, imponendo alle case produttrici di vendere auto elettriche in percentuali via via crescenti nel tempo, in modo da creare le condizioni per la graduale infrastrutturazione della rete di ricarica delle batterie. Inoltre, ancora oggi, non abbiamo progetti pilota su vasta scala che possano rappresentare esempi significativi. L’idrogeno potrà essere utilizza- to per mezzi di trasporto come autobus o veicoli commerciali, sia leggeri (per la distribuzione), sia pesanti (per le lunghe tratte). I tempi non sono lunghi per queste soluzioni: già sono disponibili auto- vetture alimentate ad idrogeno e stazioni di ricarica». Consiglierebbe alle famiglie di investire nel fotovoltaico che oggi permette solo uno sconto del 50% in fattura (per chi lo pratica ancora). «Le famiglie che possiedono una abita- zione isolata con una superficie idonea ad ospitare un impianto fotovoltaico possono pensare di installare un impianto fo- tovoltaico che consente di ridurre i costi della bolletta, anche oggi con incentivi ri- dotti e, purtroppo, con prezzi aumentati. Occorre però tenere presente una cosa fondamentale che caratterizza le fonti rinnovabili quali solare ed eolico: si tratta di fonti totalmente gratuite per le quali non ci saranno fluttuazioni di prezzo. In altri termini, siamo sicuri che, almeno per la quota di autoproduzione di energia si è al riparo dalle fluttuazioni del mercato. Per le famiglie che vivono in condominio, la cosa è più complicata. Il legislatore è intervenuto nelle leggi che disciplinano il settore: ora anche un singolo condomino può installare un pannello con una semplice comunicazione al condominio ma, quando occorre attraversare parti comuni, il condominio può intervenire con speci- fiche prescrizioni. C’è inoltre da dire che, per edifici con molti piani, le superfici a disposizione per i singoli condomini sono ridotte e ciò limita l’interesse verso questo tipo di interventi che possono essere destinati all’alimentazione di servizi comuni come l’ascensore o l’autoclave». Cosa consiglierebbe alla Meloni per af- frontare concretamente la crisi energetica? «Consiglierei di proseguire nella linea tracciata dalle politiche europee degli ultimi anni, puntando sempre di più sulle rinnovabili e sostenendo l’industria nazio- nale che sta crescendo e che potrà creare numerosissimi posti di lavoro nei pros- simi anni. Vedo con una certa preoccupazione invece chi parla con facilità di ritorno all’energia nucleare. Sebbene la ricerca stia facendo notevoli passi avanti con studi di nuove generazioni di reattori molto più sicuri, le tecnologie attualmente presenti, cosiddette di terza generazione avanzata, sono caratterizzate in tutti i Paesi occidentali, da costi di produzione notevolissimi e tempi di realizzazione e messa in esercizio di oltre 10-12 anni. A parte il fatto che si tratta di insediamenti da fare in prossimità delle coste perché, con le crisi idriche che stiamo vedendo negli ultimi anni, risulterà sempre più difficile utilizzare le acque dei fiumi per il raffreddamento degli impianti». Molfetta potrebbe candidarsi all’insediamento di un rigassificatore, più produttivo di un porto fantasma i cui tempi di realizzazione sono molto lunghi e la cui operatività commerciale è ancora tutta da verificare? «Il porto di Brindisi è sicuramente quello più adatto. Non conosco le caratte- ristiche del porto di Molfetta. Occorre studiare l’argomento. Vedo invece mol- to interessante verificare le possibilità di utilizzo del porto per tutte le attività di assemblaggio, varo e trasporto delle piattaforme per le turbine eoliche offshore». © Riproduzione riservata

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