Corso Umberto Il Piazzale della Stazione IV parte
Il piazzale antistante la stazione ferroviaria, all’origine era molto più ridotto, solo un emiciclo avanti il fabbricato viaggiatori. In base alla legge del 25-3-1865 art.17 e la successiva del 30-8-1868 art.12 si rese obbligatorio per i Comuni la definizione delle strade urbane principali. Di conseguenza anche questa nuova strada, con delibera comunale del 1 luglio 1871, approvata col successivo decreto prefettizio del successivo 3 agosto, entrava nell’elenco delle strade principali comunali per le quali il Comune eseguiva la manutenzione ordinaria e straordinaria. Come detto in precedenza, la Società Ferroviaria aveva piantato sul piazzale antistante la stazione e lungo l’inizio della strada alcuni alberi di robinia. Il Comune, nel progettare l’inizio della costruzione dei marciapiedi e relative cunette, nel 1887 fece sradicare gli alberi di robinia; questa risoluzione provocò il disappunto della Società Ferroviaria che trascinò in giudizio il Comune. Solo nel 1897 si raggiunse un accordo: si concedeva al Comune il piazzale della stazione, compreso il tratto iniziale della strada fino all’incrocio della strada rurale Madonna della rosa, con l’obbligo della pulizia e della manutenzione. L’accordo stabiliva che la strada doveva essere lunga 98,75 m, la larga 8,40 m con una cunetta laterale basolata di 1,15 m e col marciapiede su ambo i lati da 2,5 m a 3 m; tutto delimitato con la posa di 11 termini lapidei. Progettista dei marciapiedi e delle cunette fu l’ing. Pantaleo Poli; l’appalto se lo aggiudicarono i muratori Ventrella Francesco e Pansini Saverio. La sede stradale fu lasciata a brecciame. La nuova strada presentava tre diverse pendenze: quasi in piano dalla stazione ferroviaria fino all’incrocio con Via Mario Pagano, si accentuava leggermente da qui fino all’incrocio con Via Cavallotti-Via Respa, diventava più ripida fino al largo Porticella poi Villa Comunale. Nel 1888 per diminuire la pendenza fu necessario iniziare a livellare tutta la via e si iniziò dal piazzale della stazione fino all’altezza dell’attuale Via M. Pagano. Progettista fu l’ing. Pantaleo Poli; il lavoro se lo aggiudicarono i muratori Sallustio Luigi fu Pasquale e Modugno Francesco fu Vincenzo. La Società Ferroviaria chiese l’ampliamento del piazzale avanti la stazione per dare una maggiore mobilità ai traini e ai carri per l’accesso ai binari destinati al carico e scarico; questi erano situati solo verso Giovinazzo. Fu necessario espropriare altro terreno di fronte al fabbricato viaggiatori di proprietà di de Gioia Corrado e di suo figlio Ignazio, già citati, per allargare e spostare in avanti il piazzale. Con i terreni espropriati si formò un rettangolo di circa la metà dell’attuale piazzale con l’aggiunta di un ampio semicerchio che si collegava con la nuova strada. Spesso la pulizia del piazzale non veniva eseguita con regolarità, per cui nel 1903 il capostazione fu costretto a reclamare presso il Comune il cattivo stato del piazzale. In seguito al perdurare della questione della pulizia, nel 1908 sul Corriere delle Puglie apparve la rimostranza di un anonimo molfettese: Scendendo dalla stazione ferroviaria di Molfetta, ed uscendo al piazzale esterno, si offre alla vista del viaggiatore un quadro molto indecente. Difatti detto piazzale, oltre ad essere angusto ed insufficiente alle attuali esigenze, è trasformato in un vero cortile: si vedono mucchi di letame, di breccia, carri vetusti abbandonati, tronchi di alberi, antenne spezzate, vacche vaganti; insomma è un tutto stomachevole. A ribadire la criticità del piazzale, la Gazzetta di Puglia nel 1927 suggerì ancora una volta di sistemare il piazzale eliminando alcune baracche. Allora il movimento giornaliero era di circa 600 viaggiatori giornalieri e un movimento merci di 300.000 t annue. Nel 1929 l’Ufficio Tecnico del Comune in una relazione scrisse: Visto che il piazzale esterno della Stazione Ferroviaria oltre che pochissimo ampio si presenta indecoroso allo sguardo dei forestieri, talchè questi hanno una buona impressione della Città, mentre che subito dopo trovasi la grande Via Umberto, che mena alla Villa ed al mare, recentemente basolata ed alberata. Posizionandoci di spalle alla stazione, nel 1920 a sinistra vi era ancora un residuo abbastanza consistente di terreno di proprietà di Ignazio de Gioia fu Corrado. Questo terreno fu poi acquistato da Pasquale Lapomarda di Antonio di Bisceglie su cui costruì una tettoia per adibirla alla lavorazione di prodotti agricoli che spediva poi per ferrovia. Nel 1927 il Comune, in previsione di un definitivo ampliamento del piazzale, bloccò 75,25 m² di terreno del Lapomarda. A destra e di fronte alla tettoia del Lapomarda, con prospetto su Corso Umberto I, vi era un inizio di fabbricato di tre vani di proprietà degli eredi di Porro Giambattista usato per deposito di ferraglia e verso mare una suppigna con un piccolo orto di Zoli Luigi fu Edoardo. Tutti questi immobili furono acquistati poi da Luigi Gambardella fu Vito. Il Consiglio Comunale il 14- 7-1926 approvò il piano di ampliamento e sistemazione del piazzale e delle relative espropriazioni. A causa di alcune controversie, solo tra il 1933 e 1934 fu possibile demolire la tettoia di Lapomarda e il fabbricato di Gambardella. Appaltatori di tali lavori furono: Altomare Giovanni Battista fu Carlo, fiduciario del Sindacato Fascista Maestri Muratori, per la demolizione del fabbricato di Gambardella; Tattoli Sabino di Onofrio per la demolizione del muro di cinta a ponente e per l’arretramento di detto muro; Giovine Cosmo per la costruzione del muro di cinta a levante. Nel 1935 si iniziò a sbancare, livellare e sistemare il piazzale, la ditta dei fratelli de Candia Nicolantonio e Antonio si aggiudicò l’appalto. Il progetto originale prevedeva un vasto piazzale cinto da marciapiedi coperti da mattoni con pietrini di cemento e relative cunette; al centro una grande aiuola; la sede stradale doveva essere coperta con i basoli vesuviani, ma per l’eccessivo costo si preferì asfaltarla. Nel 1936 in mezzo all’aiuola centrale fu sistemata la vasca con relativo zampillo e luci subacquee; le luci e l’impianto elettrico furono affidate alla ditta Ancona Onofrio per £. 4.800. Per l’impianto idrico, per innaffiare e alimentare la fontana si spesero £. 4.256. La ditta Elettromeccanica Cosimo Gigante di Bari per illuminare il piazzale fornì 2 lampioni con base di ghisa, colonna di tubo Mannesmann che sostenevano in alto 4 braccia di ghisa a forma di candelabro, portante ciascuna una lampada con una spesa £. 4.896. La Società Generale Pugliese di Elettricità eseguì l’impianto elettrico sotterraneo; fu previsto di usare 8 lampade da 100 w e a mezzanotte queste si dovevano spegnere, rimanendo accese 4 lampade da 25 candele due per ogni colonna. A sistemazione avanzata risultò esigua la sola aiuola centrale e si realizzarono le due ampie aiuole di forma rettangolare alberate; i lati verso il centro sono curvilinei per dare raccordo all’aiuola centrale. Dopo tanti anni il piazzale prese la configurazione di oggi. Il piazzale prese la denominazione di Piazza 24 Maggio. Per rendere più confortevole il piazzale alla cittadinanza, nel 1930 furono messi quattro sedili di pietra lavorata forniti dalla ditta Corrado Gagliardi fu Giuseppe. In seguito, lungo i lati delle aiuole laterali, furono collocati altri sedili di cemento precompresso. La vasca centrale fu eliminata all’incirca nel 1952 e al suo posto fu realizzata un’aiuola. Il piazzale sulla destra era in comunicazione con Via Baccarini, mentre sulla sinistra il grande panificio di Paolo Binetti ne ostruiva l’uscita su Via Galileo Galilei. Solo nel 1970 con la demolizione del panificio e la relativa costruzione di nuovi edifici si dava un assetto migliore alla viabilità. Nel 2010 circa il marciapiede antistante la stazione è stato ampliato, dotato di sedili di pietra e abbellito con nuovi lampioni sostenuti da colonne di ghisa. © Riproduzione riservata 6. continua ———— Bibliografia: Archivio Comunale Molfetta, cat. 4, vol. 32; vol. 38, vol. 57; vol. 122; Sezione 2, cat.10/1, vol. 4; Corriere delle Puglie, 19 gennaio 1908; Gazzetta di Puglia, 15 giugno 1927.
Autore: Corrado Pappagallo