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Corsivi : Protesta e scuola pubblica-privata, una renovatio del '68?
15 dicembre 2012

Dal 1968 all’odierno 2012 il mondo della scuola ha subito molti radicali cambiamenti. Perché partire proprio dal 1968? La risposta è molto semplice. Il 1968 è stato per molti versi un anno particolare, in cui grandi movimenti di massa socialmente disomogenei (operai, studenti e gruppi etnici minoritari) e formati per aggregazione spesso spontanea, attraversarono quasi tutti i Paesi del mondo con la loro carica contestativa e sembrarono far vacillare governi e sistemi politici in nome di una trasformazione radicale della società. La portata della partecipazione popolare e la sua notorietà, oltre allo svolgersi degli eventi in un tempo relativamente concentrato ed intenso, contribuirono ad identificare col nome dell’anno il movimento, il Sessantotto. Eppure questa rivolta di massa, seppur con qualche anno di ritardo e in forma meno esplosiva, è ritornata rivendicando i diritti che hanno contraddistinto proprio il 1968. In diverse città d’Italia migliaia di studenti sono scesi in strada per manifestare il loro dissenso per la Legge Aprea. Questa manifestazione ha unito diversi schieramenti studenteschi in un unico obiettivo: salvare la scuola pubblica. I ragazzi con cori e striscioni hanno percorso le vie principali delle città. Una lotta, questa, contro la politica della mercificazione del sapere. L’obiettivo è stato contrastare il tentativo di privatizzazione e gerarchizzazione del sistema scolastico e di tagli all’istruzione pubblica. Insomma, è Sessantotto un po’ in tutto il mondo, da qualche parte prima, da altre dopo, ma in uno strano meccanismo di azione e reazione si susseguono fatti, eventi, disastri, vittorie (poche) e in qualche modo si segna la fine di un sogno, la ricaduta nella disillusione. Questa “ondata di follia” ha permesso che emergesse nel 2012 la fragilità della cultura collettiva e la grande insicurezza di molte ideologie, schiacciate dagli eventi passati e recenti che avevano ed hanno impedito di far maturare i popoli negli ultimi anni. I giovani, molto spesso annoverati come dei “folli” con dei lampi di intelligenza e genialità, rivendicano il proprio diritto all’istruzione andando ben oltre la semplice contestazione studentesca. Il DDL Aprea sembra voglia eliminare lo spirito democratico della scuola pubblica, per dare voce, invece, all’interesse di pochi. Introdurrebbe il capitale privato nella scuola pubblica, rischiando così di trasformare la scuola in un’azienda. In sostanza, si rischia di consolidare le disuguaglianze economiche e sociali del Paese. Non più una scuola di Stato, ma la riduzione di fondi alla scuola pubblica per investirli in una privatizzazione della stessa, privilegiando solo una parte della popolazione a scapito della maggioranza. Piove sul bagnato, piovono ulteriori attacchi su una realtà, quella scolastica, già messa fortemente alla prova. Gli obiettivi comuni ai diversi movimenti erano e sono tutt’ora la riorganizzazione della società sulla base del principio di uguaglianza, il rinnovamento della politica in nome della partecipazione di tutti alle decisioni, l’eliminazione di ogni forma di oppressione sociale e di discriminazione razziale. Questa è la società che gli studenti rivendicano. Al di là delle uguaglianze, la distinzione più eloquente tra il 1968 e il 2012 si delinea nella lotta univoca di giovani operai a fianco degli studenti. Come i giovani operai si affiancarono nel Sessantotto agli studenti, la vicinanza tra docenti e allievi ha rispecchiato tutto il malessere sociale profondo, accumulato negli anni nei confronti dell’istruzione pubblica. Potrebbe essere questa la vigilia di una contestazione di massa da parte dei movimenti studenteschi e dei ricercatori: i primi subiscono sulla propria pelle lo scadimento degli istituti scolastici, i secondi non riescono a vedere prospettive per il loro futuro. Facciamo in modo che questo non accada.

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