Forse non tutti sanno che trent'anni fa, esattamente il 29 luglio 1975, nasceva la famosa legge 405, relativa ai Consultori Familiari, seguita e ripresa poi, dal 1975 al 1979, dalle varie singole leggi regionali attuative che solo dal 1980, però, ne determinarono il difficile e lento inserimento nelle unità sanitarie locali. Si trattò di una legge dura, difficile, nata sotto l'onda dei movimenti femministi sviluppatisi in quegli anni e sollecitata da eventi come il referendum sul divorzio e la prospettiva di quello sull'aborto, scaturita,comunque, da un bisogno, sempre più crescente e diffuso, di una medicina aperta alle relazioni ed alle istanze sociali più svariate e complesse.
In realtà l'attuazione e l'attivazione dei consultori, considerati a lungo servizi di frontiera, fu lenta e problematica soprattutto al Sud per una serie di motivi che ne rallentarono l'effettivo decollo, in alcuni casi mai avvenuto: carenza di risorse, difficoltà nella selezione del personale reclutato, spesso scarso o non sufficientemente preparato, eccesso di controlli burocratici, lentezza nei processi decisionali, conflittualità tra le varie figure mediche, inadeguatezza di piani e programmi di prevenzione che raggiungessero le fasce più a rischio dell'utenza.
Le funzioni, infatti, svolte dai consultori sono sì di supporto ma soprattutto di prevenzione poiché essi devono fornire un “servizio di assistenza alla famiglia e di educazione alla maternità e paternità responsabili”, il che vuol dire: educazione sanitaria, psichica e sessuale, informazione sulla procreazione e controllo delle nascite, prevenzione di disturbi come le patologie mentali e di fenomeni come il disagio e la devianza minorile, tossicodipendenza, ecc. Da ciò si evince la connotazione psico-sociale dell'attività consultoriale i cui limiti appaiono non rigidi ma sfumati e si coglie lo spirito della legge che pone la sua attenzione non unicamente sulla salute dell'utente ma sull'intera persona contestualizzandola nei rapporti e nelle relazioni affettivo-sociali: fondamentale, dunque, il momento dell'accoglienza e dell'ascolto nel rapporto operatori-paziente, l'attenzione alla dignità del soggetto, la valutazione dello stesso al di là di schemi rigidi e puramente scientifici.
Paradossalmente proprio la caratteristica di servizio prevalentemente preventivo ha rappresentato il limite principale dei consultori in un sistema sanitario di tipo “tradizionale”, basato, cioè, essenzialmente sul modulo ospedalizzazione-cura-riabilitazione: la prevenzione, infatti, che tende a produrre non eventi e a far semplicemente perdurare lo stato di benessere, quando non è determinata da leggi specifiche come, ad esempio, le vaccinazioni obbligatorie, manca di obiettivi misurabili e quantificabili e non trova riscontro in dati numerici, da qui la poca valorizzazione, la scarsezza di mezzi, una certa delegittimazione del personale spesso accusato di essere poco motivato perché timoroso di perdere la propria identità professionale o di convogliare in circuiti privati l'utenza consultoriale.
Vero è che non è cosa facile operare da professionisti nella prevenzione dove la gentilezza, l'empatia e la compassione sono gli unici strumenti utili per poter raggiungere le fasce più a rischio, la cosiddetta “popolazione bersaglio” che spesso sembra non esistere solo perchè non ha visibilità sociale e non si presenta spontaneamente nei consultori perché non adeguatamente contattata, informata o sensibilizzata.
Beatrice De Gennaro
SCHEDA
A Molfetta nacque come servizio comunale, oggi si dibatte tra scarse risorse e vecchi pregiudizi
Sono 2.300 i consultori in Italia, gestiti dalle ASL e dipendenti amministrativamente dalle Regioni. A Molfetta, come in molte altre città della Puglia, esso nacque negli anni 80 (legge regionale 5.9.1977) come servizio comunale espletato dalle figure delle assistenti sociali e solo successivamente venne assorbito dalle USL. Per tre anni è stato in Via Poli; attualmente è ubicato nei pressi dell'ospedale, accanto alle sedi del Sert (Servizio di Tossicodipendenza) e della Lega contro i tumori: una vicinanza non solo territoriale ma anche fortemente simbolica visto che tutti e tre sono servizi quasi intercomunicabili, convogliabili spesso l'uno nell'altro e dove la patologia, quando esiste, ha spesso un retroterra culturale, sociale e comportamentale comune.
Dopo il piano di riordino sanitario nazionale e regionale il presidio ospedaliero di Molfetta è diventato “secondario” mentre la parte principale si trova a Bisceglie. La dottoressa Norma Mezzina, dirigente del distretto, ci spiega appunto che il distretto si occupa di fornire all'utente le cure primarie quali medicina generale, di base e pediatria di libera scelta, poliambulatori e dunque anche Consultorio.
Con la legge 328 del 2000 è stato varato il piano delle politiche sociali e per la prima volta si parla di attività integrate tra Sanità e Servizi Sociali: il Consultorio, dunque, viene in un certo senso rivalutato perchè diventa mezzo di collegamento tra le numerose strutture e punto di raccordo tra le diverse figure istituzionali.
Al Consultorio, aperto tutti i giorni dalle 8 alle 14, può accedere chiunque, senza vincoli di residenza e di reddito, basta essere muniti di codice fiscale per motivi amministrativi. All'accoglienza, in segreteria, sono addette due assistenti sociali, Annamaria Bufi e Lavinia Mercurio, che dopo aver decodificato il problema in un colloquio preliminare, indirizzano ed accompagnano le utenti verso le figure mediche e gli operatori specifici. L'ostetrica Angela Petruzzella sottolinea l'importanza di una figura femminile per quanto riguarda i problemi ginecologici: infatti, pur avvalendosi della consulenza dello specialista, il dottor Leone, che è presente due volte alla settimana, molte utenti preferiscono trattare con lei questioni delicate e personali che non prevedono necessariamente l'intervento medico.
Chiediamo se c'è frequentazione da parte di minorenni e spiega che ciò accade soprattutto quando si verificano gravidanze indesiderate. In tal caso bisogna rispettare il segreto professionale se la minore lo richiede e presentare richiesta al giudice che, in base alla relazione d'indagine e di motivazione presentata dalle assistenti sociali, autorizza o meno l'interruzione della gravidanza. Si eseguono regolarmente pap-test ed altre visite specialistiche, si affrontano i problemi della menopausa, si tengono corsi di preparazione al parto.
Chiediamo cosa differenzia allora il Consultorio da un qualsiasi servizio ambulatoriale ma sono tutte troppo impegnate a dire ciò che si fa per poter rivelare quello che invece si dovrebbe fare: ad esempio, si tengono corsi di educazione sessuale nelle scuole? Nelle medie inferiori pare di no e, comunque, in ogni caso occorre l'autorizzazione dei genitori.
Ci sembra un controsenso gestire gli aborti delle minorenni e non poter parlare in classe di sesso e contraccettivi: perché allora la legge parla di “divulgare informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza” (art.2)?
Qui non è prevista la figura del pediatra (non gli è stata rinnovata la convenzione) e la puericultrice Antonia Sannicandro spiega il suo impegno nel seguire giovani mamme inesperte alle quali insegnare, tra l'altro, l'importanza dell'allattamento al seno.
La psicologa Maria Cosmai, specializzata in psicoterapia familiare, è nel Consultorio da 15 anni e ammette che sì, è senz'altro cambiato l'atteggiamento dell'utenza che chiede oggi una maggiore consulenza psicologica: fino a poco tempo fa c'era reticenza e resistenza perché ci si vergognava e si tendeva a confondere lo psicologo con lo psichiatra, ora invece, si è più consapevoli ed informati anche grazie all'opera dei medici di base che spiegano prima di inviare.
Quali casi tratta maggiormente? Si occupano di problematiche di coppie, già separate o in via di separazioni (a proposito, manca anche l'avvocato previsto per le consulenze legali), di genitori affidatari che non riescono a vedere i loro figli (in molti casi c'è l'intervento del Tribunale ordinario e di quello dei minori), di disagio minorile ed adolescenziale, di conflittualità familiari. “Spesso il Consultorio si rivela un servizio di riferimento per una prima consulenza che può avvenire anche telefonicamente. Individuato il problema, se non è di nostra competenza, indirizziamo l'utenza a servizi più specifici, quali, ad esempio il Sert per l'alcolismo e le tossicodipendenze”.
Il Consultorio si occupa anche di affido e di adozioni: in particolare, per le adozioni, si seguono le coppie sin dalla fase informativa circa la domanda da presentare al Tribunale dei minori che chiede poi al Consultorio un'indagine psico-sociale in base alla quale stabilire l'idoneità ad adottare dei potenziali genitori.
Nel corso dell'intervista arrivano varie telefonate di richiesta d'informazioni e di appuntamenti: capiamo che questo è davvero l'unico tipo di approccio possibile da parte di chi, per motivi discrezionali o di riservatezza, non vuole esporsi più di tanto, come le ragazze e le adolescenti, che, comunque, preferiscono venire personalmente all'orario di chiusura delle scuole, quando l'affluenza è più scarsa. Diverse donne in gravidanza sono qui per il corso di preparazione al parto; una coppia di fidanzati attende di essere ascoltata e risponde con un generico “ci servono delle informazioni” alla nostra domanda sul perché della loro presenza in consultorio.
Notiamo affissi alle pareti diversi manifesti sull'importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori: questo per una sorta di protocollo d'intesa che si è stabilito tra il consultorio e la Lega Nazionale contro i tumori che, in comune accordo, hanno deciso di effettuare screening e visite preventive di controllo.
All'uscita cerchiamo di chiedere a qualcuno, tra i visitatori del vicino ospedale, se conosce il consultorio. Alcune donne alzano le spalle e vanno via; una risponde che viene qui a fare il pap-test ed un'altra afferma, invece, di aver accompagnato la figlia dalla psicologa perché “aveva dei problemi a scuola”.
Una donna anziana, con la borsa della spesa e l'aria vispa e maliziosa, ci dice: “Lo sanno tutti che qui fanno gli aborti e distribuiscono gli anticoncezionali. Lo scriva che è una vergogna, ai miei tempi questo non succedeva…”.
Andiamo via pensando a quanto sia ancora radicata, nell'immaginario collettivo, l'idea che fa dei consultori semplici “distributori” di contraccettivi o di luoghi in cui sia permesso interrompere le gravidanze: ma è proprio vero che sono passati trent'anni dalla loro nascita?
Beatrice De Gennaro